Con la sua prima personale torinese l'artista penetra prepotentemente nell'animo dell'osservatore con la forza e l'intensita' dell'artista naif che sperimenta senza basi scolastiche la comunicazione visiva.
Inaugurazione 5 settembre 2003 ore 19
Nel mio cuore
(Quando tutto è diverso da prima)
Come fosse l'inizio di un viaggio o l'amare nell'ombra tutto sembra estraneo ed incomprensibile, slegato, privo di forma e significato.
E' un'attesa.
E' un "nessuno, nessuno mai se non tu".
Nella prima stanza lo spazio, candido e molle ma rigidamente delimitato, ferito e poi curato, diventa il mio viso, la mia vita.
Narrandone così la storia recente e le speranze future, le motivazioni innocue, i desideri, le mancanze radicate, le necessità , le malinconie forzate, le continue novità , i sorrisi frantumati, le mete inafferrabili, il mutamento doloroso della rinascita.la guarigione che verrà .
La felicità è passare il 45° parallelo, rivedere il mare dopo due anni, è una farfalla che svolazza tra i fiori di un portico, è trovare un messaggio in una bottiglia.
La seconda stanza è il sogno, è l'amore che non riesco a raccontare, le luci e i colori infrangono il buio, lo spazio si dilata timidamente.
Sono oceani quieti, immobili, dove l'unico suono è il battito del cuore per qualcuno che sa sempre quando
arrivare, sa sempre quando andare e non è mai un ospite inatteso od indesiderato.
E' l'arrivo di una donna a casa, di una borsa che cade in terra e il mondo, maltrattato dalle circostanze,
lasciato alle spalle dietro una porta chiusa.lontana.
"Uno di questi giorni, sistemandoti i capelli dietro l'orecchio, capirai che non è più tempo di attendere".
Si completa così un attimo fortemente personale, liberato dall'oscurità , ingenuo, incantato, forse maldestro e romantico ma intenso ed inarrestabile come le stelle che cadono nel mio cuore.
Ora voglio dormire, voglio sognare, perché nel sogno che faccio tutto è ricoperto da un velo di pensieri delicati
ed io ho il coraggio di affrontare il cambiamento delle cose, ho la forza di cambiare la mia vita.
Diego Canato
Con la sua prima personale torinese Diego Canato penetra prepotentemente nell'animo dell'osservatore con la forza e l'intensità dell'artista naif che sperimenta senza basi scolastiche la comunicazione visiva.
Diego Canato dedica la sua ricerca al tempo, frammentandolo coglie ricordi quasi sopiti, attimi vissuti.
Lo spazio ha un ruolo prioritario nel suo lavoro giovane e fresco, diventa spazio mentale simbolico, la ferita inferta al muro può ricordare il petalo di una rosa, ma contestualizzato diventa una ferita provocata da una lama chirurgica, a fianco il muro viene ricucito, nella terza parete un enorme cerotto salda la ferita che si rimarginerà , lo spettatore è nel contempo creatore dell'opera nel momento in cui si immedesima, contemporaneamente è vittima in quanto subisce l'imposizione del punto di vista dell'artista.
Entrando nella prima stanza si ha la sensazione di penetrare nell'animo di chi ha creato quelle immagini, è un lavoro autobiografico, ricostruisce il suo passato lo smaschera, dopo averlo analizzato e subito, distaccandosi da esso, l'osserva e scopre l'autoironia. Ridona vita a situazioni già vissute le quali possono essere ossessive se si tenta di dimenticarle, ma che diventano oggettivamente accettabili se le si affronta.
Nella seconda stanza ci propone una realtà visionaria, come lenti fuochi d'artificio le sue bottiglie, appoggiate su basi illuminate, si accendono e si spengono, siamo dentro il sogno, il suo sogno che vuole farci rivivere. Un percorso che dalla sofferenza, che ritroviamo nella prima stanza, ci porta alla serenità alla riscoperta della purezza, una trappola incantata in cui scivolare dolcemente abbandonandosi all'illusione che tutto ciò che sogniamo possa avverarsi davanti ai nostri occhi, nel momento in cui cediamo il passo all'immaginazione.
Quello che succederà domani è la conseguenza di ciò che si è vissuto ieri, è inutile pertanto rincorrere il futuro nel tentativo di dimenticare i ricordi spiacevoli del passato, questi ci inseguiranno sempre, vano tentare di dimenticare la sofferenza, è necessario metabolizzarla scoprendone gli aspetti positivi.
Lunedì/ sabato 18.00 02.00
Associazione Culturale Machè
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Tel: 011/4364122