Maps. Ispirandosi al tema della verticalita' e a Google Maps, l'artista torna a creare una metafora del mondo intorno a noi, attraverso l'estrapolazione di frammenti della realta' per poi ricomporli sulla tela.
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A cura di Federica Morandi
Dal ripetersi di elementi urbani e di simboli del nostro tempo legati ai
lavori precedenti, l’artista torna a creare una metafora del mondo intorno
a noi, attraverso l’estrapolazione di frammenti della realtà per poi
ricomporli sulla tela. La domanda è sempre la stessa: “Dove siamo?”. La
mostra Maps raccoglie la più recente produzione dell’artista, in cui si
denota un approccio differente.
La ricerca di Jacopo Prina si evolve: nelle produzioni passate cattura
oggetti e persone attraverso la macchina fotografica, come un alchimista
che esegue esperimenti e ne presenta i risultati. Si tratta di una visione
orizzontale annessa a ritratti e a singole forme come espressione del
contenuto interiore. Le persone escono dallo schema sociale cui si
riferiscono e sono trasportate in un’altra dimensione. Negli ultimi lavori
la prospettiva dell’artista muta e diventa verticale: il riferimento a
Google Maps permette una presa diretta della realtà come vista dal
satellite, definendo i nostri percorsi e itinerari quotidiani. Gli spazi
sono sintetizzati in linee e colori, e gli oggetti prima piccoli e poi
grandi, ci indicano la strada da seguire.
Fin dall’infanzia trascorsa a Milano, l’artista viene in contatto con
un’infinità di forme geometriche e di oggetti standardizzati: luoghi di
passaggio, come la metropolitana, le stazioni ferroviarie e gli aeroporti,
ma anche di svago e di divertimento come i parchi giochi e i centri
commerciali. Luoghi da utilizzare, non da vivere, in cui gli individui
condividono in modo empatico la routine quotidiana. L’occhio è assuefatto e
la mente piena di codici identitari che danno vita alla realtà
contemporanea: le mappe non sono che metafora della nostra vita
perennemente in transito.
Le mappe non offrono una risposta, ma diverse combinazioni. Le forme del
vissuto quotidiano sono rovesciate sulla tela, senza dare importanza ad un
oggetto piuttosto che ad un altro: è tutto sullo stesso piano. Il punto
focale è l’ambiente, e le forme geometriche che si ripetono e si susseguono
con dimensioni e ritmi diversi, sono le regole della società contemporanea.
La sensazione di smarrimento è paragonabile all’apertura della mappa di una
città sconosciuta. Ci troviamo di fronte alle identità morfologiche dei non
luoghi.
I non luoghi, come definiti dall’etnologo e antropologo francese Marc Augé,
sono ovunque intorno a noi: autostrade, stazioni, aeroporti, supermercati,
grandi catene alberghiere, parcheggi e fiere. Si tratta di luoghi
apparentemente anonimi, senz’anima, come contenitori di strutture omologate
e ripetitive. Anche i numeri diventano geometrici: ogni tela sviluppa
un’area apparentemente stereotipata, priva di riferimenti storici e
culturali. E’ l’osservatore stesso a dare un’identità a ciascun luogo,
riversando su di esso la propria esperienza e memoria. La contraddizione
tra luoghi e non luoghi vive nei lavori di Jacopo Prina; sono stimolo per
cercare noi stessi e dare risposte alle nostre domande.
Come denuncia l’artista stesso: “L’occhio dell’osservatore rimane spaesato
di fronte a queste grandi mappe, sospeso da una forma ad un’altra. La
ricerca di una risposta rimane una consapevole utopia”.
Jacopo Prina
Inaugurazione giovedì 4 aprile 2013 ore 18.30
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*MAPS*
Curated by Federica Morandi
Federico Bianchi Gallery is pleased to announce Jacopo Prina’s third solo
show in the gallery, opening on April 4th, 2013 at 6.00 p.m. in Via
Imbonati 2, Milano.
From the repetition of urban elements and symbols of our time, bound to his
previous works, the artists returns to create a metaphor of the world
around us, extrapolating fragments of reality and recomposing them on
canvas. The question remains the same: “Where are we?”. The exhibition Maps
collects the artist’s most recent production, in which a different approach
can be seen.
Jacopo Prina’s research evolves: in his past productions he captured
objects and people through the camera, like an alchemist performing
experiments and showing their outcomes. It’s a horizontal vision annexed to
portraits and single forms as expression of the inner content. People exit
the social scheme they refer to, and are carried away in another dimension.
In his last works the artist’s perspective mutates and becomes vertical:
the reference to *Google Maps* allows a direct drive of reality as seen by
the satellite, defining our routes and everyday itineraries. The spaces are
synthesized in lines and colours, and the items – small at first and bigger
then, indicate the path to follow.
Since his youth, spent in Milan, the artist gets in touch with an infinity
of geometrical forms and standardized items: places of transit, as the
underground, railway stations and airports, but also of fun and
entertainment like fun fairs and malls. Places to be used, not to be lived,
where individuals empathically share their everyday routine. The eye became
addicted and the mind is full of identity codes giving life to the
contemporary reality: maps aren’t but a metaphor of our life in perennial
transit.
Maps don’t offer an answer, but different combinations. The forms of the
daily past are overturned on canvas, without giving importance to an item
or another: everything’s on the same footing. The focal point is the
environment, and the geometrical forms which are repeating and coming in
succession with different dimensions and rhythms, like the rules of
contemporary society. The feeling of disorientation is comparable to the
unfolding of a map of an unknown town. We are facing the morphological
identities of the non-places.
Non-places, as defined by the ethnologist and anthropologist Marc Augé, are
everywhere around us: motorways, stations, airports, malls, big hotel
chains, parking and fairs. These places are apparently anonymous, without a
soul, containers of homologated and repetitive structures. Numbers become
geometrical too: each canvas develops an apparently stereotyped area,
without any historical or cultural reference. It’s the observer himself to
give an identity to each place, transferring on it his own experience and
memory. The contradiction between places and non-places lives in Jacopo
Prina's works; they are an incentive to find ourselves and answer our own
questions.
As the artist himself denounces: “ The eye of the observer is lost in front
of these big maps, surprised from a form to another. The search for an
answer remains an aware utopia”
Jacopo Prina
Opening 4th April 2013 ore 6.30 p.m.
Federico Bianchi Contemporary
via Imbonati, 12, Milano
Orari: martedì-venerdì 15-19, sabato su appuntamento
Ingresso libero