La nuova serie di lavori che Rosalba Balsamo presenta in anteprima a Roma incarna il punto di arrivo di una ricerca artistica da sempre improntata sullo studio attento e disciplinato delle linee prospettiche e delle relazioni tra i diversi piani della rappresentazione, ma che ora si espande a nuove verifiche e, insieme, alla riscoperta del valore primigenio dell'espressione. Con un progetto espressamente concepito per lo spazio espositivo che lo ospita, l'artista ripercorre trasversalmente esperienze artistiche fondamentali.
di Rosalba Balsamo
testo di presentazione Emanuela Nobile Mino
Osservare e vivere "la camera chiara" corrisponde un po' a compiere un viaggio a
ritroso nella storia dell'arte, attraverso le tappe fondamentali che ne hanno,
nei secoli, decretato la svolta sul piano della definizione di valori quali
l'armonia e l'equilibrio della forma rispetto allo spazio. La nuova serie di
lavori che Rosalba Balsamo presenta in anteprima a Roma presso Babuino
Novecento, galleria specializzata in complementi d'arredo del '900 e in design
contemporaneo, incarna infatti il punto di arrivo di una ricerca artistica da
sempre improntata sullo studio attento e disciplinato delle linee prospettiche e
delle relazioni tra i diversi piani della rappresentazione, ma che ora si
espande a nuove verifiche e, insieme, alla riscoperta del valore primigenio
dell'espressione. Con un progetto espressamente concepito per lo spazio
espositivo che lo ospita, l'artista ripercorre trasversalmente esperienze
artistiche fondamentali, riuscendo a suggerire il legame insito tra le leggi
prospettiche rinascimentali e i dettami del costruttivismo russo fino ad
attualizzare le linee guida del minimalismo americano, e in particolare, la
ridefinizione del rapporto tra opera d'arte - spazio - spettatore.
Nell'installazione, a metà tra l'irreale evocazione di un interno privato che
ribalta totalmente l'idea di "conosciuto" (attraverso l'inserimento di quattro
sculture in legno bianco laccato che simulano elementi d'arredo come una
console, una lampada, un paravento e un quadro) e uno still life congelato nel
tempo, il lavoro di Rosalba si impone come esperienza aperta offerta
all'osservatore da vivere ed esperire secondo il proprio punto di vista e in
base al percorso che naturalmente sceglie di compiere attraverso le opere.
Lo spazio della galleria, sospeso in una dimensione temporale non definita,
appare così inglobato nell'installazione stessa, perdendo il proprio centro e le
proprie caratterizzazioni per confarsi a regole architettoniche e percettive
altre, non più dettate unicamente dalla struttura preesistente, ma reinventate
di volta in volta in base alle nuove coordinate tracciate dai diversi punti di
osservazione che le sculture/origami allestite in esso sono in grado di
suggerire. E' proprio infatti l'esigenza di relazione continua ed
imprescindibile con il luogo espositivo che ha portato l'artista ad operare un
processo di razionalizzazione della propria forma espressiva e verso il
progressivo annullamento del colore, per giungere ad un procedimento scultoreo
che prevede l'azzeramento di connotati espliciti a favore della declinazione
armonica dei piani, l'alternanza bizzarra di spigoli, l'irregolare linea dei
perimetri e l'instabile cadenza delle ombre. Sebbene il risultato coincida con
una serie di forme oggettivamente rigide, definite, di una pulizia ancestrale,
paradossalmente il linguaggio che queste parlano appare morbido, elastico e
aperto alle mille inflessioni e che, anziché stabilire una lettura perentoria ed
univoca dei moduli, tende a evocarne la flessibilità e la capacità di
moltiplicarsi e mutare, a seconda del rifrangersi della luce sui piani,
ulteriore elemento coagulante dell'opera con lo spazio. L'uso di forme primarie,
semplici che prescindono dall'ordine gerarchico delle parti, costituisce per
l'artista una conditio sine qua non nell'ottica della costruzione di una
dimensione a metà tra il reale e l'ideale: la simultaneità di differenti letture
e percezioni dell'insieme sottintende infatti l'assemblaggio di parti autonome
in grado di suggerire ognuna il proprio messaggio che accostato agli altri possa
contribuire a definire l'idea di un percorso narrativo o viceversa puramente
incidentale. Il percorso intellettuale di Rosalba, se da un lato è certamente
intriso delle esperienze minimaliste degli anni Sessanta (in particolare
permeato dei paradigmi dell'arte americana da Carl Andre a Donald Judd a Robert
Morris), ha senza dubbio subito l'influenza dell'astrattismo che, negli anni
'80, ha portato alcuni artisti a sviluppare un linguaggio teso a raffigurare
l'emozione attraverso un accordo semantico tra slancio spirituale e
trascendentale e realtà immanente.
L'esperienza di Rosalba, durata circa due anni, come assistente presso lo studio
di Nunzio - artista considerato uno dei pionieri dell'astrattismo italiano degli
anni Ottanta e caposaldo di un'esperienza legata alla ricerca costante
dell'essenza della forma, attraverso un incessante ed istintivo processo di
ridefinizione dell'equilibrio tra materia e superficie - ha decisamente
contribuito ad accelerare in lei l'esigenza di strutturare il proprio lavoro in
modo più sintetico e meticoloso, e a stimolare riflessioni, già in lei presenti
in germe, come l'idea di recupero di un ordine ancestrale originario e
l'importanza dell'armonia nell'accostamento degli elementi. E' nella ricerca
dell'energia primordiale, come in quella della luce come valore pittorico
variabile ed emblematico, che la poetica dell'artista sembra aver risentito la
maggior influenza di questa esperienza formativa. E, se il colore, nelle opere
di Nunzio, è frutto di un meccanismo della naturale metamorfosi della superficie
lignea sottoposta a combustione e, allo stesso tempo, il conseguente risultato
di un simbolico atto di purificazione ed è, inevitabilmente, il nero, opaco,
poroso, assorbente; anche nelle opere di Rosalba, sebbene il valore cromatico si
astrae nel bianco assoluto, asettico, esso è, allo stesso modo, evocatore
dell'idea di purezza della materia allo stato originale. Mentre, la scelta di
lavorare con il legno laccato bianco, o con il plexiglass (memore delle Crystal
Structures di Robert Smithson o dei Quadri Specchianti di Pistoletto, in cui il
metallo o lo specchio erano inseriti per inserire nell'opera la realtÃ
circostante, in modo da mettere in relazione passato, presente e futuro,
attraverso il riflesso casuale delle immagini) costituisce, nelle opere
dell'artista napoletana, un ulteriore rafforzamento del concetto di evoluzione
insito nel suo lavoro: la patina opaca e liscia assume infatti la valenza di
membrana sensibile, di schermo che assorbe e cattura le diverse modulazioni
della luce e se ne appropria, per restituire ogni volta una visione nuova
dell'opera, strettamente legata al momento e al luogo in cui essa viene
osservata e vissuta dallo spettatore. Ribadendo, così, la natura dei suoi moduli
scultorei: vere e proprie proposizioni ambientali che, come formule libere,
enunciano il superamento delle distinzioni tra spazio convenzionale e spazio
concettuale.
Il caleidoscopio fantastico, attraverso il quale Rosalba giunge oggi a
trascrivere la realtà , deriva da un cammino fatto di slittamenti di linguaggio e
di esperienza. Esplorata dapprima attraverso la pittura e il disegno, la
dimensione spaziale è stata indagata dall'artista inizialmente testando le
potenzialità della superficie bidimensionale di rendere rappresentabili fattori
quali la profondità e il movimento. Successivamente, con la realizzazione di
gioielli/sculture, la sua ricerca si è spostata sul frammento tridimensionale,
gestibile e manipolabile e in cui la terza dimensione, potesse affiorare
lentamente e inverarsi a poco a poco direttamente tra le mani dell'artista. Ed è
forse proprio, o anche, dallo studio delle forme anatomiche (che l'arte orafa
implacabilmente esige per adattare le proprie opere al suo futuro fruitore) e
dalla possibilità di creare inaspettate visioni all'interno di piccole porzioni
di superficie (elemento distintivo dei gioielli di Rosalba, tutti giocati sulla
torsione e sull'incidenza della luce) che l'artista ha sviluppato e esperito, da
un lato, il controllo delle proporzioni e dei giochi luministici, dall'altro
l'affabilità o l'ambiguità della materia, ai fini di rendere intenso ed
estremamente soggettivo il rapporto tra le proprie opere e lo spettatore.
Emanuela Nobile Mino
Inaugurazione 23 settembre 2003 ore 19,00
NOTIZIE UTILI
Quando: Inaugurazione martedì 23 settembre 2003 ore 19,00
Per informazioni: Babuino Novecento tel. e fax: + 39.06.36003853
Orari: Lun. - Sab. 10,30-13,00/ 15,30-19,30
La mostra rimarrà aperta fino al 30 settembre 2003
Roma, Babuino Novecento - Via del Babuino, 65