Passioni. La sua pittura manifesta la volonta' di appropriarsi del dominio di tutti i colori e di ogni loro gradazione, ricerca ogni possibile accostamento tonale violando qualunque regola, o forse piu' facilmente ignorandola. Provoca nel quadro gli incontri cromatici piu' irragionevoli.
Passioni
a cura di Antonella Serafini
Con il Patrocinio del Comune di Firenze, Assessorato alla Valorizzazione
delle Tradizioni Fiorentine
Si inaugura venerdì 26 novembre a Palagio di Parte Guelfa, la prima mostra
fiorentina di Francesco Montemurro, artista figurativo di matrice
espressionista. In mostra, quaranta opere, molte inedite. Francesco
Montemurro, calabrese d'origine, vive e lavora in Toscana da molti anni.
L'artista, cinque anni or sono, affermato avvocato quarantenne, lascia le
aule dei tribunali per dedicarsi alla pittura e, in un'epoca attraversata da
un eclettismo artistico inimmaginabile solo venti anni prima, da una
infinita gamma di media da sperimentare in ogni direzione, si rivolge senza
incertezze alla tela e al pennello e soprattutto, con forte ossessione al
colore.
Infatti, Montemurro, con la sua pittura manifesta la volontà di appropriarsi
del dominio di tutti i colori e di ogni loro gradazione, ricerca ogni
possibile accostamento tonale violando qualunque regola, o forse più
facilmente ignorandola. Provoca nel quadro gli incontri cromatici più
irragionevoli.
Egli è un espressionista, né potrebbe essere altrimenti avendo scelto la
pittura come medium per la ricerca e l'espressione di sé. Il colore assunto
come elemento strutturale della visione, la sua funzione
plastico-costruttiva dei quadri collocano Montemurro fra gli eredi e i
prosecutori di quella corrente artistica che ad un secolo dal suo fragoroso
ingresso nella storia dell'arte ha tutt'altro che esaurito le sue
sollecitazioni creative. L'esperienza - sia pure artisticamente ancor
giovane - di Montemurro è una delle dimostrazioni di come fra le correnti
che mutarono profondamente la concezione stessa dell'arte agli inizi del XX
secolo, l'onda dell'Espressionismo si mostri a tutt'oggi inarrestabile.
La nostra epoca, soprattutto nell'ultimo quarto di secolo, ci ha abituati ad
espressioni artistiche profondamente cerebrali, tuttavia non ha eluso la
lezione tragica di Van Gogh né quella determinata di Gauguin; gli artisti
come Montemurro in una qualche misura ci costringono nuovamente a questo
confronto, a questo non potere ignorare che siamo circondati da esseri umani
e che ognuno di loro vaga con questa infinita virtuale tavolozza più o meno
racchiusa nel suo strumentario quotidiano.
Quasi a rinsaldare il dialogo con questi ed altri autori, a collocarsi come
uno dei prosecutori delle loro indagini Montemurro, talvolta cita sembianze
o toni di colori tipici di taluni artisti, e così i cipressi di Van Gogh, la
figura che fu prima di Arnold Boeklin e poi di Giorgio De Chirico, i rossi
di Toulouse Lautrec, i viola di Emil Nolde e i bianchi di Edward Munch,
alcuni volti fulminati di Lorenzo Viani. Il ritorno a certe immagini e la loro trasfigurazione sotto la luce di altri colori ce le rende presenti sotto nuove intuizioni.
Il colore del paesaggio è l'elemento della sua ispirazione, il paesaggio
nel colore è il suo linguaggio, la sua dialettica migliore. Ci troviamo di
fronte a quadri dove chiome cupe si scontrano con cieli costernati dalla
loro violenza cromatica, con strade inondate dal colore degli alberi che le
costeggiano, mari sgomentati dai barbagli che le nubi sono costrette a
sostenere quando il sole tramonta calmo e lento, vasi dove i fiori
racchiudono scalpitando i colori della natura, ma anche segni acidi e aspri,
neri, contraffatti da un'improvvisa irritazione.
Montemurro con la sua pittura affronta il potere e l'impotenza umana, la
fibrillazione della luce e l'annullamento del buio. Libero come uno zingaro
antico, vitale e disperato dilaga sulla tela con il suo colore. Il colore
che non si nega mai alle perenni domande, che non ti lascia solo, che
soffre, che vibra, esplode con te; il colore come atto continuo di potenza e
di dominio, capace di sedare il rammarico e sconfiggere un rimorso. Un
colore sano che ignora la viltà , per questo in grado di dichiarare a viso
aperto anche la sconfitta e la disperazione.
Fra le opere esposte, Notturno alle Cinque Terre: pennellate veementi posano
sulla tela strati e strati di blu materico, calamitante e profondo.
Protagonista assoluto: un mare 'ad occhi aperti'; una veste bianca simula un
candore solo apparente, un volto verdastro, luciferino, sottolineato dal
nero di uno sguardo obliquo e dal rosso infernale che fa da sfondo, assedia
e costringe in angolo L'eterno traditore serrato nella sua colpa; L'amico
filologo; Prova di flamenco: raffinata interpretazione della bellezza
muliebre e della femmilità .
Montemurro, fa rivivere nelle sue opere, quelle culture e quelle atmosfere
che, oltre ad essere fonte di ispirazione estetica, artistica, rappresentano
l'unicità e la peculiarità dei luoghi in cui egli ha vissuto e dai quali ha
'rubato' suggestioni, volti e visioni che ora ci restituisce sulla tela,
amalgamati in un inverosimile imbroglio di stupefacenti colori. Già dai
titoli, possiamo percorrere, in tal senso, la mostra: Contrada calabrese,
Strada senza ombre, Vele al tramonto, Verso la Brugiana, Cavallo arabo, L'
inquieta pineta, Donna sul balcone....
La mostra si è potuta realizzare grazie al sostegno e al fattivo contributo
della Mercedes Benz, Eurodiesel Spa Concessionaria di Daimler Chrysler
Italia Spa di Settimello Calenzano (FI).
Orario della mostra: 9,30 / 12,30; 15,30 / 19,30; domenica e festivi
inclusi; ingresso libero.
Conferenza Stampa: giovedì 25 settembre 2003, ore 12,30 Palazzo Vecchio,
Sala degli Incontri;
Inaugurazione: venerdì 26 settembre 2003, ore 18.30
Luogo: Palagio di Parte Guelfa, Firenze, Piazzetta di Parte Guelfa 1