Un percorso tra sculture, installazioni, video e fotografie nella mostra personale di Ai Weiwei. L'installazione di Kendell Geers e' un omaggio all'opera teatrale di Samuel Beckett. L'artista egiziano Moataz Nasr espone opere che evocano la situazione politico-economica del suo Paese. Parade e' l'opera-video di Hans Op de Beeck presentata in questa occasione. E fino al 27 ottobre, presso il Castello di Blandy-les-Tours, Nari Ward presenta 'Origin of Good(s)'.
AI WEIWEI
Ordos
Galleria Continua è lieta di presentare una mostra personale di Ai Weiwei. Il progetto si sviluppa attraverso un
percorso tra sculture, installazioni, video e fotografie. Opere recenti, offrono al pubblico la possibilità di
approfondire la conoscenza di una tra le figure più importanti della cultura contemporanea, mettendo in luce la
versatilità dell'autore e i cardini su cui ruota la sua arte: un particolare rispetto della tradizione cinese, abbinato
a una grande capacità di proiettarsi nella modernità e a una costante consapevolezza sociale e politica.
Ai Weiwei è un artista poliedrico e un uomo dalle proposte i cui contenuti sono spesso contraddittori. Sulla
sua vita è stato scritto molto e in tutte le lingue: dalla sofferenza della famiglia d’origine, al contrasto aperto con
il governo cinese, al riscatto che è riuscito a regalare al padre attraverso la ricerca e la pratica della libertà
intellettuale. Questa mostra vuole soffermarsi su Ai Weiwei nella sua complessità, un uomo per il quale l’arte è
un modo di vivere legato inscindibilmente alle circostanze politiche e sociali del proprio tempo, un artista
umanista con una grande fiducia intellettuale nelle capacità dell'uomo di contribuire con ogni suo gesto al
miglioramento della società. Ai Weiwei esprime questo suo ottimismo impegnandosi su diversi fronti, che
vanno dall'arte all'architettura, dalla letteratura al cinema di documentazione, fino all'azione sui social media e
alle proteste pubbliche. I diversi ambiti di azione rispondono tuttavia a un unico e comprensivo obiettivo:
liberare l'espressione individuale dalle imposizioni di ogni genere per favorire lo scambio reciproco e la
condivisione tra gli individui. Ai Weiwei lavora sulla comunicazione e sui significati sociali per far ritrovare la
parola a un paese reso muto dall'ideologia delle masse e dall'utopismo sociale che agisce uniformando il
pensiero ed eliminando la possibilità di un approccio critico alla vita.
Nel 2003 Ai Weiwei disegna e realizza il suo "Fake Design Studio" (in cinese si legge “fu-ke”, “fuck”) dove in
seguito progetterà, nel ruolo di architetto, una numerosa serie di spazi per gallerie, studi d’artista e centri d'arte
trasformando questo piccolo ignoto villaggio tra il IV° e il V° anello a nord-est della città in uno dei più popolari
quartieri artistici di Pechino. Galleria Continua ospita 258 Fake, titanica opera di documentazione costituita da
7.677 immagini scattate tra il 2003 e il 2011 che raccontano la vita quotidiana dell’artista: il lavoro, gli incontri, i
momenti di svago, l’impegno politico e sociale. La fotografia per Ai Weiwei rappresenta uno strumento
avanzato di archiviazione ma anche un media alienante e pericoloso per la sua incapacità di esprimere la realtà
in modo incondizionato.
Documentazione e archiviazione sono gesti fondamentali che ricorrono come filo conduttore durante tutta la
ricerca e la carriera di Ai Weiwei. Attraverso la documentazione l’artista restituisce un nome e una collocazione
temporale e storica a cose e persone, affermandone dignità e valore. È il caso di Changan Boulevard, un’opera
che racconta la vita di una città in continua trasformazione e della gente che vi abita. A bordo di un furgone,
munito di videocamera, per un intero inverno Ai Weiwei percorre ogni strada del IV°, III° e II° anello, incluso
Chang’An Boulevard, il lunghissimo “Viale della Pace Eterna” che, partendo dalle zone e dai villaggi rurali,
attraversa il centro della capitale, il distretto politico e i quartieri dove hanno sede i palazzi, i musei e gli Hotel
più importanti e sfarzosi della capitale, per giungere, infine, alla fabbrica del ferro (considerata in passato il
simbolo dell’industria socialista). Ad ogni tappa, l’autore filma singole inquadrature di un minuto, il montaggio
finale è costituito da 608 segmenti da un minuto, per una durata totale di 10 ore e 13 minuti.
Il ruolo di Ai Weiwei come artista dissidente si definisce chiaramente nel 2008 quando un violento terremoto
devasta la provincia del Sichuan provocando la morte di 70.000 persone. Ai Weiwei, accompagnato da un
gruppo di volontari reclutati in rete attraverso il suo blog, dà inizio a un progetto di investigazione sulle cause di
questa catastrofe. Il risultato della ricerca mette in luce la pessima qualità delle costruzioni pubbliche (ospedali,
fabbriche, scuole) crollate come fossero di gelatina. Ai Weiwei pubblica online una lista in cui appaiono 5.826
nomi di bambini morti sotto il crollo delle cosiddette "costruzioni di Tofu". La denuncia ha un forte impatto
sull'opinione pubblica tanto da scatenare l'immediata risposta della polizia cinese che dispone la chiusura forzata
del suo blog. L’artista riesce comunque ad aggirare la censura continuando a sostenere le sue campagne sul
web attraverso Twitter. In mostra una serie di opere legate a questo amaro capitolo della storia cinese. Brain
Inflation, una risonanza magnetica (MRI) che riporta l’emorragia cerebrale procurata all’artista dall’aggressione
della polizia di Chengdu nell’agosto del 2009.
L’esposizione accoglie Ordos 100 Models, un modello architettonico grandioso progettato per la Mongolia
Interna, che vede nuovamente la collaborazione di Ai Weiwei con gli architetti Herzog & de Meuron, già
insieme per la realizzazione dello stadio olimpico di Pechino. Cento architetti da 27 paesi diversi sono stati
selezionati per disegnare 100 ville di 1000 mq ciascuna. La maquette e le stampe ai muri documentano la fase
di progettazione ed il film, Ordos 100, le tre visite in situ per la finalizzazione dei progetti, ad oggi però, non
ancora realizzati.
Ai Weiwei nasce a Pechino nel 1957. Nel 1981 si trasferisce a New York, rientra a Pechino nel 1993, città
dove tutt’oggi vive e lavora. Le sue opere sono state esposte in tutto il mondo in mostre monografiche, tra
queste: Hirshhorn Museum and Sculpture
Garden, Washington D.C, De Pont Museum of Contemporary Art, Tilburg nel 2012; Victoria and Albert
Museum, Londra, Somerset House, Londra, Kunsthaus, Bregenz, Taipei Fine Arts Museum, Taipei, Asia Society,
New York, Fotomuseum Winterthur, Winterthur, Pulitzer Fountain, New York nel 2011; Stiftung DKM,
Duisburg, Museum of Contemporary Craft, Portland, Arcadia University Gallery, Glenside, Turbine Hall, Tate
Modern, Londra nel 2010; Mori Art Museum, Tokyo, Haus der Kunst, Monaco, Three Shadows Photography
Art Center, Beijing, nel 2009; Sherman Contemporary Art Foundation, Cambelltown Arts Center, Sydney,
Groninger Museum, Groningen nel 2008. Tra le mostre collettive alle quali ha preso parte ricordiamo la
Biennale di San Paolo e la Biennale d’Architettura di Venezia nel 2010; Nel 2007 Documenta 12 a Kassel e tra
le mostre personali si distinguono quella presso la Tate Liverpool. Nel 2013 espone per la 55esima Biennale di
Venezia negli spazi del padiglione tedesco e nello spazio della chiesa di Sant’Antonin a Castello.
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KENDELL GEERS
Endgame
GALLERIA CONTINUA / Le Moulin è lieta di presentare Endgame, un’esposizione dell’artista sud-africano
Kendell Geers, che prende le mosse dalla mostra Fin de Partie a GALLERIA CONTINUA / Beijing nel 2011.
Endgame non solo è un omaggio all’opera teatrale di Samuel Beckett, ma si riferisce anche al momento finale
della partita a scacchi, quando poche pedine sono rimaste e una mossa porterà uno dei giocatori a dare
scacco matto all’avversario, mettendo dunque fine alla partita.
Secondo Kendell Geers la partita è finita sotto tutti i punti di vista. Oggi, viviamo in un mondo dove tutte le
istituzioni sono crollate, noi siamo i tralasciati, il surplus delle grandi ideologie utopiche del passato. Noi ci
detestiamo, consumiamo più del necessario fino a far scomparire tutto quello che ci rende umani, siamo
incoscienti delle conseguenze delle nostre azioni e abbiamo dimenticato, da tempo, il signifiacato di una vera
rivoluzione.
Con una fede ferma nell’arte e nel ruolo dell’artista, e attraverso i riferimenti politici, linguistici e spirituali,
Kendell Geers mostra attraverso le opere presentate in Fin de Partie una riflessione sull’evoluzione e sulla
(mancanza di) rivoluzione che stiamo attraversando.
L’esposizione dei barili di petrolio in riferimento alle ruote per la preghiera riservate ai monaci tibetani proibite
in Cina, la giustapposizione dei manganelli decorati con foglia d’oro sopra un muro porpora che richiama le
vesti dei prelati, il gioco di parole contenuto nel titolo dell’opera (EMPTY V), tutto racchiude il potere di
integrare, interrogare e informare lo spettatore.
Fin dai tempi antichi gli artisti, sciamani e sacerdoti furono attirati dalle proprietà spirituali e terapeutiche della
resina. La resina naturale, di mirra o d’incenso, era privilegiata dagli antichi, per poi cedere il posto alle resine
sintetiche, così come la necessità di industrializzazione e di consumo hanno eclissato a livello mondiale il
bisogno di rispettare l’ambiente. Flesh of the Shadow Spirits è l’incarnazione del demonio all’epoca della sintesi,
lo spirito del combustibile fossilizzato, la marea nera dell’era contemporanea.
Poco dopo l’apertura della mostra personale Fin de Partie di Kendell Geers a Pechino accade un evento
straordinario che ne sconvolse l’avvenire: il 3 aprile 2011 l’artista cinese Ai Weiwei fu arrestato dalla polizia e
scomparve per 81 giorni. Kendell Geers, indignato, volle sostenerlo attraverso un gesto simbolico chiedendo
alla galleria di chiudere in segno di protesta. Ma per evitare che il personale della galleria potesse subire con
tale gesto conseguenze negative l’artista cercò un’alternativa per poter esprimere i suoi sentimenti riguardo
alla detenzione di Ai Weiwei. Coprì per questo con le bandiere cinesi gli occhi delle sue sculture in resina
nera, Flesh of the Shadow Spirits.
Le figure accecate rivelano la protesta; l’arte di Kendell Geers si è fatta vittima di una violenza di stato che
riduce al silenzio gli artisti sparando sulla loro immaginazione a colpi conformità. Le bandiere rosse non solo
manifestano il sostegno politico di Kendell Geers mostrando che non tutti sono ciechi ma testimoniano anche
la sua fede senza compromessi nel potere infinito dell’arte e degli artisti.
Poiché all’epoca la protesta non fu pubblicizzata, la presentazione di Endgame in Francia diventa
un’opportunità, retrospettiva, di svelarle al pubblico, tenendo conto che Ai Weiwei è sempre in libertà
condizionata e non può lasciare il suolo cinese. “Un miliardo di occhi bendati non impediranno mai alla verità di essere vista una volta pronunciata dagli
artisti.”
Kendell Geers è nato a Johannesburg (Sud-Africa) in una famiglia appartenente alla comunità degli Afrikaner,
di formazione religiosa Calvinista derivante dai coloni olandesi che si stabilirono in Sud-Africa tra il XVII e XIX
secolo.
La sua infanzia è stata profondamente marcata dalla segregazione e dall’ingiustizia dell’apartheid (letteralmente
“separazione” in lingua Afrikaans), che divideva non solo le comunità dei bianchi e dei neri ma anche i bianchi
di origine Britannica ed Olandese, innescando una spirale di violenza destinata a continuare fino a metà degli
anni 90.
Nel 1998, insieme ad altre 168 persone, si rifiutò di servire nell’esercito sud africano, un crimine punibile fino a
sei anni di reclusione; prima del suo arresto riuscì a scappare negli Stati Uniti, dove visse lavorando come
assistente dell’artista Richard Prince fino al 1990, quando Mandela venne rilasciato e Geers fu in grado di
ritornare a Johannesburg. Nel 1993 decise di fissare la propria data di nascita nel maggio 1968, un momento
storico pieno di eventi memorabili per la sua crescita artistica e personale: le rivolte studentesche, la morte di
Marcel Duchamp, l’assassinio di Martin Luther King.
Questa identificazione tra storia collettiva e vita personale diventerà uno dei perni della sua futura produzione
artistica ed è perfettamente esemplificato nella sua opera in costante evoluzione, T.W. (cv), un curriculum vitae
che comprende le date e gli eventi che hanno maggiormente influenzato Kendell Geers come persona e
come artista.
Kendell Geers vive e lavora a Brussels (Belgio). Durante la sua carriera ha sviluppato un lavoro polimorfico
che si avvale di mezzi espressivi di diversa natura: ready-mades, installazioni, video, fotografia, performance,
ecc. Egli interroga codici di comportamento, principi morali e sistemi ideologici, politici e sociali (incluso lo
stesso mondo dell’arte) attraverso opere scioccanti e profonde.
Il suo lavoro è stato esposto in numerose mostre collettive internazionali, compresi il padiglione africano alla
52esima Biennale di Venezia (2007) e Documenta 11 a Kassell (2002). Recentemente, la sua mostra
personale Irrespektiv ha girato numerosi ed importanti musei europei: SMAK (Ghent, Belgio) ed il Baltic
(Gateshead, Regno Unito) nel 2007; il DA2 (Salamanca, Spagna) ed il MAC (Lione, Francia) nel 2008; il
MART (Rovereto) nel 2009. Nel 2012 il Castello di Blandy-les-Tours (Francia) gli ha dedicato una mostra
personale e nel 2013 l’Haus der Kunst (Monaco) una grande retrospettiva.
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MOATAZ NASR
Tectonic Shift
GALLERIA CONTINUA / Le Moulin è lieta di presentare Tectonic Shift, esposizione dell’artista egiziano Moataz
Nasr.
Moataz Nasr nasce nel 1961 ad Alessandria d’Egitto. Interessato alle attuali trasformazioni culturali nel mondo
islamico, cerca di superare quelli che sono i particolarismi e i limiti geografici per dar voce alle inquietudini e ai
tormenti del continente africano. I simboli di appartenenza, spesso fonte di conflitti e divergenze, diventano
astrazioni simboliche universali.
La situazione politico-economica del suo paese è evocata nelle opere esposte come in Fiat Nasr (2002-2008).
Questo veicolo fu il primo a essere costruito in Egitto e perciò ci riporta ad un’epoca di prosperità. Su ogni lato dei
16 cubi che compongono l’installazione è stampata la fotografia di ruote scoppiate. Quest’immagine d’abbandono
sembra significare che la gloria passata è oramai definitivamente morta. La serie dei Khayameya (2012) estrapola dai
tessuti motivi astratti propri della tradizione egiziana; questi motivi sono stati, per volere dell’artista, disegnati con
dei fiammiferi potenzialmente infiammabili. L’opera denuncia come la situazione sociale e politica del suo paese,
apparentemente stagnante e immobile, possa in qualunque momento infiammarsi.
Il conflitto e la violenza hanno un ruolo centrale nell’opera di Moataz Nasr. I lembi di tessuti ricamati nella serie
Propaganda (2010) si rifanno ai contenuti e alla grafica dei volantini distribuiti in Iraq, durante le campagne di
propaganda americana, poco prima dell’inizio della guerra del Golfo. I messaggi sono in questo caso illustrati con la
tecnica tessile dell’appliqué, considerata una delle più alte forme dell’Egitto antico.
L’opera El Shaab (Il Popolo, 2012) è costituita di 25 figurine in ceramica, rappresentanti diverse classi sociali, etnie e
generazioni della società egiziana. Tra questi personaggi un piccolo gruppo é isolato: tre militari intenti a colpire una
donna prostrata a terra, la camicetta strappata lascia intravedere il reggiseno. Dettaglio questo che permette, a chi
ha visto le immagini sui media, di identificare questa scena con un avvenimento realmente accaduto.
A queste opere inspirate a una realtà dura e sconvolgente, l’artista accosta opere che ci trasportano verso una
dimensione meditativa e spirituale. Con The Key (2011), sommo simbolo di apertura, Moataz Nasr ci offre un
accesso alla saggezza, alla conoscenza e alla comprensione dell’altro. Con questo intento Moataz Nasr pone in
Towers of Love (2011) 7 torri, ognuna delle quali rappresenta una delle principali religioni, l’induismo, il buddismo,
l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam unite dal simbolo dell’amore che domina sulle loro cime.
Nel video Tabla (2006) l’immagine di un maestro batterista è proiettata in una sala piena di strumenti a
percussione, l’artista si presenta come un direttore d’orchestra e mostra agli strumenti muti il loro potenziale, del
quale probabilmente non sono ancora coscienti. Quest’opera mette in evidenza come la differenza tra guida e
dittatore può essere assai sottile: meglio diffidare di qualcuno che crede di poter guidare le folle.
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HANS OP DE BEECK
Parade
GALLERIA CONTINUA / Le Moulin è lieta di presentare Parade un opera-vidèo di Hans Op de Beeck,
L’artista belga Hans op de Beeck lavora con una varietà di materiali e mezzi diversi: installazioni, sculture, video, fotografie,
disegni e dipinti. Il suo universo si snoda intorno alla complessità delle nostre relazioni con lo spazio, con il tempo e con
l’altro. L’artista implica deliberatamente varie forme estetiche, alternando un linguaggio visivamente parsimonioso e
minimalista a creazioni pompose, esuberanti, cercando costantemente d’articolare il contenuto dell’opera con la massima
precisione possibile.
L’abilità nella riproduzione e nell’allestimento, che può essere considerata alla base del lavoro dell’artista, muove lo
spettatore attraverso immagini intrise di malinconia (tratto distintivo delle sue opere), la dimensione pittorica di queste
immagini
Nell’opera dell’artista, la capacità fittizia è messa in scena e agisce sullo spettatore attraverso immagini intrise di malinconia,
le tonalità pittoriche ci riportano alla scuola fiamminga mentre i temi affrontati trattano con discrezione le tragedie
contemporanee.
“Parade” è un video allestito sul palcoscenico di un teatro. Il sipario di velluto rosso si apre, un valzer lento, composto
appositamente per questo lavoro, inizia a suonare, mentre una sfilata apparentemente senza fine di persone si affaccia sulla
scena, camminando, al rallentatore, come un flusso di passanti in una strada. Questa parata di personaggi diversi può
essere vista come un evento piuttosto banale, ma anche come una fondamentale riflessione visiva sulla vita e sulla morte.
Musica e immagini creano un dialogo specifico in questa attenta e toccante opera d’arte.
Hans Op de Beeck nasce a Turnhout nel 1969. Vive e lavora a Brusseles.
Tra le sue mostre recenti, Staging Silence presso Hirschhorn Museum in Washington DC, nel 2011 e una retrospettiva al
Kunstverein of Hanover nel 2012, intitolata Visual Fictions.
Tra le mostre collettive la Aichi Triennale nel 2010 in Giappone e la partecipazione alla 54th Biennale di Venezia nel 2011
con l’installazione Location (7).
La sua mostra personale Sea of Tranquillity ha viaggiato in Europa e continuerà il suo cammino a Settembre 2013 a
Marsiglia (FRAC PACA). Nella primavera del 2014 il MOCA di Cleveland ospiterà la sua seconda mostra personale in un
museo americano.
Inaugurazione: 22 giugno 2013 dalle ore 18 alle ore 24
Un percorso di arte contemporanea in Seine-et-Marne
ore 15 - 17 inaugurazione al Castello di Blandy-les-Tours
NARI WARD 'ORIGIN OF GOOD(S)'
Fino al 27 ottobre 2013
ore 18 - 24 inaugurazione alla GALLERIA CONTINUA / Le Moulin
AI WEIWEI - 'Ordos'
KENDELL GEERS - 'Endgame'
MOATAZ NASR - 'Tectonic Shift'
HANS OP DE BEECK - 'Parade'
Dalle ore 20 a mezzanotte Buffet campestre e DJ set
Fino al 29 settembre 2013
Partenza navette da Parigi alle 14, Place Valhubert 75005, davanti all'ingresso Jardin des Plantes (metro Gare d'Austerlitz, linea 5, linea 10, o RER C)
Rsvp entro il 18 giugno: escapade77@galleriacontinua.fr
Rientro in bus a Parigi intorno alle 21:30-22:30, ultima partenza alle 23:30
GALLERIA CONTINUA / Le Moulin FRANCIA
46 rue de la Ferté Gaucher 77169 Boissy-le-Châtel (Seine-et-Marne)
aperto da mercoledí a domenica, ore 12-19 e su appuntamento.