Dieci anni sono passati. C'era una volta un piccolo Festival ora c'è un grande Festival Latinoamericando che ha posto l'arte e la cultura in primo piano, che è ORGOGLIOSO di produrre e proporre arte e cultura. Il pubblico viene, gira per i padiglioni del Festival e, curiosando, scopre le Vie della Cultura: pittura, scultura, arte delle origini, fotografia e film, romanzi e saggi non intimidiscono, non respingono, anzi sono parte integrante di un lungo e straordinario itinerario.
Anno 2000, Festival Latinoamericando 10
C'era una volta un Festival che raccontava di
grandi paesi lontani e quasi sconosciuti, in
America Latina. Spiaceva che molti in Italia non
potessero apprezzare quell'immenso patrimonio
fatto di arte antica e cultura del presente,
conosciuto solo attraverso alcune grandi mostre
riservate a pochi eletti. L'idea fu unire le parole
arte e cultura alla parola divertimento. Così i
nostri ospiti scopriranno pittura, cinema,
fotografia, scultura, letteratura e tradizioni
popolari unendole a musica, gastronomia,
artigianato, feste e balli. Passo dopo passo
sapranno cosa significa America Latina.
Dieci anni sono passati. C'era una volta un
piccolo Festival ora c'è un grande Festival
Latinoamericando che ha posto l'arte e la
cultura in primo piano, che è ORGOGLIOSO di
produrre e proporre arte e cultura.
Il pubblico viene, gira per i padiglioni del Festival
e, curiosando, scopre le Vie della Cultura:
pittura, scultura, arte delle origini, fotografia e
film, romanzi e saggi non intimidiscono, non
respingono, anzi sono parte integrante di un
lungo e straordinario itinerario. Quest'anno più
che mai perché?
Perché siamo nell'anno 2000 e il Festival
Latinoamericando compie 10 anni e si mette in
mostra con :
L'IMPERO DEGLI INCA, a cura di Agucho
Velasquez
LEO MATIZ, POETA DELLA FOTOGRAFIA
500 ANNI DI STORIA BRASILIANA, a cura di
Patrizia Giancotti
CINEMA E LETTERATURA - UN AMORE, a
cura di Rodrigo Diaz
ESPRESSIONI ARTISTICHE LATINO
AMERICANE, a cura dell'IILA
L'IMPERO DEGLI INCA
a cura di
Agucho Velasquez
Al pubblico del Festival Latinoamericano è ben
noto Agucho Velasquez, artista peruviano che
nel 1999 aveva esposto Nazca: Colore, Rito e
Mistero. Nato a Lima nel '64, Velasquez nei
primi anni '80 frequenta Scuola di Belle Arti e
Accademia di Arte Contemporanea nella cittÃ
natale; nell''89 è in Italia, ma è in Belgio che si
stabilisce dal '95. Oltre che in questi paesi ha
esposto in Francia, Germania, Olanda, Spagna,
Danimarca, Argentina, Brasile, Messico. Sta
preparando la prima personale in Canada.
Per la 10a edizione del Festival, in questo suo
percorso che vuole unire con un ideale ponte la
Cultura del Perù antico a quella contemporanea,
Velasquez rivolge la sua arte all'Impero Inca. E
crea quadri, sculture, scenografie dai colori
abbaglianti e di immaginifica fantasia, con cui
raccontare e far rivivere per noi, figli del Duemila,
il fascino di un mondo scomparso quasi
cinquecento anni fa, ma ancora vivo nei suoi
discendenti andini e nelle nostre fantasie.
Gli Inca sono l'ultima delle grandi civiltà che si
susseguirono nella storia del Perù
precolombiano dove, origini e miti di questo
popolo si confondono.
Interessante è scoprire cosa sia vero e cosa sia
mito nella storia di Manco Capac, il figlio del dio
Viracocha, che, con la moglie-sorella Mama
Ocllo, fonda Cuzco e inizia la dinastia Inca.
L'ultimo sovrano Inca, Atahualpa, ucciso nel
1533, si definiva suo discendente. Ma la storia
documentata non risale oltre il 1438. La stessa
parola inca ha significato sconosciuto, e
comunque non indica il popolo ma il titolo
onorifico che veniva attribuito esclusivamente al
Dio-Re. L'origine stessa di questo popolo non è
nota. Forse si tratta di genti provenienti dalle
selve amazzoniche che si fusero con gruppi
locali, assimilandone in parte lingua e usi e che
poi arrivarono a estendere il loro potere su
un'area molto vasta (Cile, Colombia, Perù ed
Ecuador attuali), imperniando il loro dominio su
un'amministrazione piramidale e centralizzata,
sulla lingua unificata, sul culto del Dio Sole,
sull'assenza di proprietà privata delle terre.
Molti misteri, come la pianta di Cuzco
(l'ombelico del mondo) che ha la forma di un
puma; il sito megalitico di Sacsahuaman, una
fortezza o un complesso templare e la
stupefacente imponenza di Machu-Pichu.
Grandi amministratori e architetti, per le altre
arti invece si rifecero agli artigiani dei popoli
sottomessi e crearono quindi ben poco in
questo senso, preferendo assimilare il meglio di
ognuno.
LEO MATIZ, POETA DELLA FOTOGRAFIA
Una vita in bianco e nero
Leo Matiz, un artista che è stato definito, per il
contenuto sociale delle sue immagini e il
carattere innovativo dello stile, uno dei dieci
maggiori fotografi del mondo.
A Matiz il Festival Latinoamericando dedica a
una mostra che raccoglie il meglio di
cinquant'anni di ritratti, personaggi del cinema e
della letteratura di tutto il mondo.
In gioventù pensavo di scrivere, dipingere. Mai
avrei creduto di diventare fotografo.
La fotografia si è impossessata di me come
un'amante che non ti lascia mai.
La vita in verità è in bianco e nero. Giorno e
notte. Cenere e carbone. Luce e ombra. Penso
al bianco della luce, della neve, della spuma del
mare, delle stelle. E al nero delle caverne, della
profondità del mare, al buio della notte. In ogni
oscurità c'è sempre un punto bianco che va
crescendo.
Leo Matiz
Comincia lontano la storia di Leo Matiz: nel
1917, in Colombia, ad Aracataca, la Macondo di
Gabriel Garcia Marquez. Inizia la carriera
artistica da caricaturista. Nel '37, però, il
direttore di un giornale con cui collabora gli
regala una macchina fotografica. La sua vita
cambia e iniziano i reportage in giro per il
Centro America. Nel '40, in Messico, si avvicina
al cinema: come fotografo di scena (un set per
tutti: quello di Fiesta Brava della Mgm, con
Esther Williams, Akim Tamiroff e Ricardo
Montalban) e direttore della fotografia, lavora
con Dolores Del Rio, Esther Williams, il comico
Mario Moreno e Maria Felix. Nel '45 conosce
Luis Buñuel e gli mostra le foto che ha fatto tra
gli emarginati di Città del Messico: saranno di
ispirazione al regista per Los Olvidados.
Conosce e frequenta Diego Rivera, Frida Kahlo,
Alfaro Siqueiros, Marc Chagall, Pablo Neruda,
Garcia Marquez. Nel '47, partecipa a una
mostra collettiva al Moma di New York, dove si
stabilisce. Nel '48, a Bogotá, fotografa la rivolta
popolare. Nello stesso anno, in Medio Oriente,
è col mediatore di pace dell'Onu, conte
Bernadotte, di cui documenta l'assassinio. Nel
'50 apre una galleria d'arte, che espone per la
prima volta quadri di Fernando Botero. Nel '78
Matiz è vittima di un aggressione in cui perde
un occhio: rinuncia alla fotografia. Continua però
ad accompagnare le sue opere in tutto il
mondo. In Italia espone alle gallerie Il
Diaframma, Carla Sozzani e all'Istituto Europeo
di Design di Milano, alle Giubbe Rosse di
Firenze. Ed è proprio in Italia che, nel '96, si
riavvicina alla fotografia dopo 16 anni.
Per l'ottantesimo compleanno la figlia Alejandra
crea la Fondazione a lui dedicata, con sedi a
Milano e Bogotá.
Leo Matiz si spegne a Bogotá il 24 ottobre
1998.
Nonostante la sua scomparsa, le foto del
grande artista continuano a girare il mondo.
500 ANNI DI STORIA BRASILIANA
VIVA O POVO BRASILEIRO - VIVA IL
POPOLO BRASILIANO
Immagini d'epoca, antiche carte geografiche,
fotografie, film, testimonianze di
grandi personaggi per la scoperta del Brasile a
500 anni dall'arrivo dei portoghesi
a cura di Patrizia Giancotti
in collaborazione con Ambasciata del Brasile a
Roma, Consolato Generale
del Brasile a Milano, IBRIT Istituto Brasile Italia
"All'ora del vespro avvistammo la terra!"
Era il 22 aprile del 1500 quando, con un brivido
d'emozione, dalle navi di Alvaro Cabral furono
avvistate dai primi europei le verdeggianti coste
del Brasile. Testimone dell'avvenimento fu lo
scrivano di bordo Pero Vaz de Caminha che
inviava all'imperatore del Portogallo la sua
lettera sulla scoperta del Brasile. A distanza di
500 anni parlare di scoperta a proposito di un
mondo, fino ad allora ignorato dall'Europa, ma
già felicemente popolato e conosciuto fino
all'ultima foglia dai suoi millenari abitanti, ci
parrebbe anacronistico, retaggio di una
mentalità eurocentrica che non abbiamo mai
condiviso. Prendiamo invece spunto dalla
storica data del primo incontro tra indios
brasiliani ed europei per commemorare la
nascita di qualcosa che il mondo non aveva mai
visto, come scrive l'antropologo Darcy Riberio, il
sorgere di un genere umano nuovo, di una civiltÃ
nuova: la nascita del popolo brasiliano. Né
europeo, né indio, né africano, il popolo
brasiliano si presenta al mondo come il primo
prototipo di multiculturalità e multietnia.
Elaborava un'identità propria che travalicava la
somma delle sue componenti culturali offrendo
sino ad oggi un vitale esempio di originalitÃ
anche in epoca di globalizzazione e
particolarismi etnici. Al popolo brasiliano,
ricordando nel titolo un famoso romanzo dello
scrittore brasiliano João Ubaldo Riberio che ne
narra la formazione e l'epoca, il 10° Festival
Latino Americando dedica una mostra ricca di
riferimenti storici e di emozionanti immagini del
Brasile contemporaneo, in un allestimento
inedito e unico nel suo genere.
Documenti letterari, dalla lettera di Caminha alle
testimonianze di studiosi come Gilberto Freyre
e Sergio Buarque, faranno da contrappunto ad
immagini che toccheranno i grandi temi
dell'arte, della religione, della musica e della
creatività di questo popolo. Il viaggio nelle
influenze culturali (senza dimenticare quella
italiana) che hanno contribuito alla creazione
della meticcia identità brasiliana, avrà anche un
supporto cinematografico con la videoantologia
del cinema brasiliano, Viva il popolo brasiliano
prodotta dal Museu do Imagem e Son dello
Stato di Santa Catarina in Brasile.
In questo itinerario multimediale, interverranno
personaggi come Jorge Amado, Caetano
Veloso, Sonia Braga, Florinda Bolkan o
Ronaldo, per raccontare il personale pensiero
sulle caratteristiche del loro
paese-mondo-del-futuro e della sua
gente-campionario-di-umanità . Gente speciale,
cordiale, allegra, che, per concludere con le
parole di Darcy Ribeiro: "potrebbe anche essere
migliore, perché ha più umanità incorporata ".
ESPRESSIONI ARTISTICHE LATINO
AMERICANE
Per questa decima edizione del Festival
Latinoamericando, il Padiglione IILA (Istituto
Italo Latino Americano) ospita tre paesi: uno del
Sud America, la Colombia; uno dell'America
Centrale, il Guatemala e uno del Nord America,
il Messico.
Una distribuzione equilibrata, anche dal punto di
vista geografico, nell'intento di offrire una visione
globale della creazione plastica di un
subcontinente, l'America Latina, la cui mirabile
fecondità artistica continua a riempirci di
stupore.
Lo scultore colombiano Alejandro Gómez
Gómez lavora il bronzo donandogli l'aspetto
finale di legno lucidato. Ma, al di là di questo
aspetto, ciò che colpisce nello scultore
colombiano, è un sottile senso del ritmo, del
movimento e soprattutto dell'equilibrio spaziale
che è dovuto, senza dubbio, alla sua iniziale
formazione di architetto.
Il pittore guatemalteco Juan Francisco Yoc
Cotzajay attinge in gran parte dall'immaginario
Maya gli elementi che nutrono la sua estetica,
senza tuttavia negare gli altri apporti culturali
che costituiscono l'identità del suo paese: fa
perciò uso del pastello e del carboncino e si
ispira, ad esempio, all'universo precolombiano
per miti e leggende che esprime con maestria
tecnica eminentemente figurativa.
Il pittore messicano Hermenegildo Reyes
Gómez è anche lui un rappresentante del
mondo artistico meticcio che combina concetti
estetici propri delle sue origini mixe a tecniche
in parte apprese dalla scuola occidentale, in
Messico oppure in Austria, dove ha studiato
presso l'Università delle Arti Applicate di
Vienna. Ne risulta una pittura fortemente
simbolica che lui riproduce a grandi tratti di
colore su carta amate, quella di cui si servivano
gli indios mesoamericani per realizzare i loro
manoscritti pittorici.
Ancora una volta l'IILA vuole manifestare il
proprio compiacimento per la collaborazione
con il Festival Latinoamericando in vista di una
sempre maggiore diffusione dell'arte latino
americana in Italia.
Ambasciatore Bernardino Osio
Segretario Generale dell'IILA