La vita del cadavere. Un'unica serata attraverso tre approcci: una comunicazione del filosofo Rocco Ronchi, tre lavori video e una pubblicazione a tiratura limitata. A cura di Alessandro Sarri.
a cura di Alessandro Sarri
Rocco Ronchi (filosofo): Io sono morto
Chris Caliman: Thanatopraxie, Der Letze Weg, 2001, video
Noëlle Pujol: Le Préparateur, 2006, video
Pawel Wojtasik: Nascentes Morimur, 2008-2013, video
Con questo paradosso, diremmo fondativo, questo progetto si propone di analizzare, da più angolazioni, l’irriducibilità del cadavere nel suo rapporto proprio con ciò che, a prima vista, verrebbe indubitabilmente a costituirsi come suo alveo: la morte.
Se la morte, in quanto passaggio obbligato, altro non fa che oltrepassare la consapevolezza che ne abbiamo e, in quanto al di là, che viviamo al di qua, traccia l’ineluttabile non-esperienza alla quale niente può smarcarsi, come fare, direbbe il filosofo Jacques Derrida, ad “essere giusti” con ciò che ne mostra il corpo più ineliminabile e senza nome, ovvero il cadavere? A quale livello d’esperibilità conviene tenersi per tentare di essere e rimanere ad altezza di cadavere? Ovvero con quel resto vergine di presentificazione inassimilabile e senza alcun senso, senza fine e senza fini che la morte s’incaricherebbe proprio di raffigurare e nel far ciò in qualche modo di rimuovere, di ritrattare, riducendo così la sua ottusa (non) datità a un’uscita fuori dal mondo in quanto modo d’essere e di venire al mondo. In questo caso la morte (sempre già bifida rappresentazione di un duplice movimento che strappa e scava ma che rientra e ricuce.) non diverrebbe allora che l’effetto esponenziale di una costitutiva ritenzione o protensione in fieri, necessaria alla salvaguardia di un lutto, di un’assenza da elaborare, sempre soggetta alla minaccia - senza alcuna causa da cui si dipartirebbero effetti - della presenza immanente di un qualcosa d’inalienabilmente non elaborabile, il cadavere appunto, che (r)esiste come residuo non immaginato del corpo e che perciò nessuna caduta rappresentazionale riuscirà mai ad immortalare integralmente? Che cosa fa la morte con il cadavere? Che cos’è il cadavere per la morte? Che cosa si vede del cadavere attraverso e nonostante la sua morte presunta? Esiste poi una relazione tra il cadavere e la morte? Ciò che in questa circostanza chiameremo il cadavere riuscirebbe forse a mostrare un troppo di contingenza che nessuna morte sarebbe in grado di articolare senza correre il rischio di annientarsi? Il cadavere come quel “negativo assoluto” che non può essere discorsivizzato secondo l’ipostatizzazione dialettica, ma che deve essere considerato quale irriducibile alterità in-simbolizzabile positivamente perché afferente ad una dimensione incommensurabilmente intraducibile e quindi incalcolabile?
Queste sono solo alcune delle questioni confluite nel progetto che si articolerà in un'unica serata presso gli spazi di Villa Romana e che si snoderà attraverso tre distinti approcci sincronici. Il primo approccio vedrà una comunicazione del filosofo Rocco Ronchi dal titolo ‘Io sono morto’. Tale affermazione dell’impossibilità dell’affermazione, tratta dal celebre racconto di Edgar Allan Poe, La verità sul caso di Mr. Valdemar, si svilupperà attraverso, è il caso di dirlo, un vero e proprio corpo a corpo con ciò che, forse solo a prima vista, sembra costituirne il rovescio speculare nonché il divieto incarnato: il cogito cartesiano.
Il secondo approccio consterà di tre lavori video che cercheranno, seppur con differenti intenzioni e finalità, di render conto – il più tautologicamente possibile: l’artaudiano “del corpo attraverso il corpo con il corpo e fino al corpo” - di ciò che si potrebbe definire, non senza l’ennesimo paradosso costitutivo, l’impossibilità di raffigurazione della raffigurazione del cadavere, in altre parole il saperci fare con ciò che senza dubbio costituisce la presenza male-detta (detta male perché impossibile a dirsi se non difettivamente) che, come dicevamo, nessuna presenza, e conseguentemente nessuna assenza, riuscirà mai a far propria. Chris Caliman (D) con il suo Thanatopraxie, Der Letze Weg (2001), mostrerà una sessione di lavoro di un tanatoprattore intento a preparare un cadavere per l’esposizione in vista delle esequie. Nel video di Noëlle Pujol (F), Le Préparateur (2006), assisteremo, attraverso la pratica dell’imbalsamazione che in una spirale tautologica doppia quella della realizzazione d’immagini, alla trasformazione, scrive l’autrice, “di un cigno in se stesso” mentre Pawel Wojtasik (PL) con Nascentes Morimur (2008-2013), presenterà, tramite uno straniante effetto di montaggio a (s)comparsa che sembra voler mostrare il sipario strappato di ciò che dell’immagine non dovrebbe trovarsi là, un’autopsia su di un corpo femminile.
Il terzo ed ultimo approccio si avvarrà di una piccola pubblicazione, a tiratura limitata, concepita a quattro mani da Rocco Ronchi e Alessandro Sarri, in cui saranno ospitati tre testi specificatamente elaborati per l’occasione.
Immagine: Noëlle Pujol: Le Préparateur, 2006, video (still)
Venerdì 18 ottobre, ore 19
Villa Romana
via Senese, 68 - Firenze