CRAC Centro Ricerca Arte Contemporanea
Due laboratori con gli studenti esplorano il disegno attraverso l'uso della camera chiara e la tecnica della fotoincisione, per trasferire qualsiasi segno o fotografia su una matrice da cui trarre stampe.
“Rigore formale ed economia espressiva. Scrivere è come lavorare su “un mucchio di cenere”: questo
è il complesso Beckett degli anni ‘70, quello di Lessness e Company, che reca a vessillo un motto
non più esistenzialista né tragicomico.
A mettere in moto la recente produzione di Michele Lombardelli (Cremona, 1968; vive a Cremona e
Los Angeles) è proprio questa versione stanca del drammaturgo irlandese, che in un momento di
impasse creativa produce il miglior elogio della forma residuale e della “pochezza” espressiva:
lavorare su “ciò che resta”, secondo una precisa grammatica dei materiali, dei loro processi di
manipolazione e della loro posizione nello spazio. E con una logica estranea all’iperproduzione”.
Così scrive il curatore Simone Frangi di Lombardelli, nel recensire una sua mostra del 2010,
ed è ciò che caratterizza ancora la ricerca e il mondo delle forme che interessano l’artista.
Nel progetto proposto al CRAC vengono attivati due laboratori da tenersi con gli studenti,
con lo scopo di esplorare il disegno attraverso l’uso di uno strumento: la camera chiara o
lucida, in disuso con la nascita della fotografia; e di una tecnica: la fotoincisione, per
trasferire qualsiasi segno o lavoro fotografico su una matrice da cui trarre stampe.
La camera chiara o lucida, entrò in scena nel 1807 per mano dello scienziato inglese William
Hyde Wollaston, essa consisteva in un prisma di vetro legato ad un'asticella sormontante
una tavoletta su cui era posto un foglio di carta. La camera lucida era uno strumento agile e
poco ingombrante ma richiedeva comunque una buona dose di abilità manuale per poter
essere davvero utilizzata. Il prisma permetteva al disegnatore di vedere
contemporaneamente il soggetto da ritrarre e il foglio sul quale doveva disegnarlo.
Per l’occasione lo spazio espositivo del CRAC assumerà le parvenze di una bottega
artigiana, sarà istallata una natura morta e dei calchi di gesso, soggetti da ricopiare che
faranno parte dell’allestimento.
Alla forte presenza delle composizioni di genere, si oppongono come epifanie i residui e le
tracce appena esposte da Lombardelli: un disegno dalle linee incerte lasciato dalla graffite, o
dalla penna ceduta allo scorrere della mano franata sulla carta, una piccola tela dipinta con
la coloritura dai toni scuri e grigi appena accennati, e una forma-scultura di metallo.
Si tratta di indizi di sostanze dai contorni incerti, di accenni di ciò che resta dei corpi, tremule
apparenze di visioni sfrangiate, debordate in una visione gelatinosa, come se la vista fosse
stata improvvisamente sorpresa dalla discesa di una cataratta.
Ma proprio da questi residui segnici e dalla sottrazione dichiarata degli spazi e della materia,
ottenuti utilizzando uno strumento che dovrebbe essere di precisione come la camera
chiara, che l’artista ci restituisce una rigorosa visione delle cose, rigore ed economia
espressiva che possono rivelarsi solo dall’inatteso sorgere dei segni, dal precipitare del
gesto nell’incertezza che segue quando si cerca di disegnare su un accumulo di sabbia.
Venerdì 28 Febbraio ore 9.00 – 13.30 incontro e workshop con gli studenti
OPENING ore 18.00
CRAC Centro Ricerca Arte Contemporanea
via XI Febbraio 80 Cremona
ORARI DI APERTURA: da lun a ven h 10.00/12.00 - 15.00/19.00, sab h 10.00/12.00 e su app, festivi chiuso