Vertigo. Un concerto molto pubblico eppure molto intimo, dove si intrecciano campionamenti, elettroniche morbide, suoni d'epoca, viaggi, emigrazioni, nuovi mondi...
Sono solo in scena in compagnia di un clarinetto basso, un clarinetto e qualche scarno aggeggio
elettronico. Questo è un progetto diverso dal solito. Qui mi confronto con mondi, tempi e spazi
diversi ma compresenti nel mio immaginario.
Faccio anche qualcosa di strano “suonando sui dischi”. I musicisti sanno bene di che si tratta ma
per il pubblico forse è una cosa un po' esoterica. Sta di fatto che in alcuni dei brani presentati esco
dalla mia cameretta e ci suono sopra. In questo modo riesco a creare la possibilità di incontri
impossibili (evocando le “interviste impossibili”) con persone come Komitas Vardapet (il padre della
musica armena scomparso nel 1935). Con la sua voce registrata a Parigi ai primi del secolo scorso
trasformo il clarinetto in un duduk. Poi mi ritrovo in compagnia di Aleksej Fjodorovic' Lvov (1798 –
1870), violinista, direttore d'orchestra, compositore, generale dell'esercito russo e a un certo punto
direttore musicale della Cappella Imperiale russa. Di punto in bianco sono in studio a Los Angeles
con Jimmy Giuffre tra il 21 e 22 marzo 1956. Stiamo registrando un brano insieme a Jimmy
Rowles alla celesta. Vertiginosamente eccomi con lo scrittore Chaim Tauber nel Lower East Side
nel 1933. Mi regala un suo testo in yiddish per una composizione originale. Poche strade più in là
questa sera suona quel pazzo di Naftule Brandwein indossando la sua collana di neon e
addobbato con le lucine di Natale (una volta è rimasto quasi fulminato).
E così via.
Questo è un concerto molto pubblico e molto intimo allo stesso tempo dove si intrecciano
campionamenti, elettroniche morbide, suoni d'epoca e che parla di viaggi, emigrazioni, nuovi
mondi scoperti anche in quello vecchio (di mondo). Dove si ribadisce l'importanza assoluta del
suono prima ancora dei generi. Dove si scopre come New York sia stato il luogo che – proprio
grazie al meticciato – ha fecondato alcune delle musiche che popolano la nostra memoria del
presente.
Dove tutto questo inizia in un Mediterraneo di per se luogo di intrecci infiniti e dove rimangono
irrisolti drammi apparentemente lontani (come ad esempio il Genocidio Armeno del 1915 tuttora
negato). Nel concerto si susseguono brani inframmezzati da poche parole che però servono
proprio per creare un terreno comune di comunicazione col pubblico. Pubblico non di specialisti.
Questo è un concerto transgenerazionale e transculturale che è stato già presentato nei luoghi più
strani e con i pubblici più diversi. Quando l'ho concepito non immaginavo certo che questo lavoro
così intimo avrebbe potuto parlare con tanta gente e tanto diversa.
– RPD
mercoledì 26 marzo ore 19.30
prenotazione obbligatoria: segreteria@alterarte.eu telefono 3349436057
Alterarte
via Poerio, 43 Milano
ingresso 20 euro comprensivi di aperitivo e concerto