Galleria Unique
Torino
c.so Vittorio Emanuele II, 36
011 5617049
WEB
Barbel Ricklefs-Bahr
dal 27/6/2014 al 18/7/2014
mar - sab 10-12.30 e 15.30-19.30

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Barbel Ricklefs-Bahr



 
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27/6/2014

Barbel Ricklefs-Bahr

Galleria Unique, Torino

Tracce di viaggi. La tela bianca viene solcata dalla forza cromatica che sfonda in questo modo la parete ideale per calarsi in uno spazio ambiguo, sconosciuto.


comunicato stampa

La Galleria Unique di Torino organizza presso i propri spazzi la prima mostra in Italia di Bärbel Ricklefs–Bahr, artista tedesca di Schiffdorf in Bassa Sassonia. L’esposizione visibile dal 28 giugno al 19 luglio ci porta a conoscere l’informalità creativa dell’artista, determinata dalla potenza del gesto corporeo che trova sul supporto lo spazio ideale sul quale esprimere la propria spontaneità.

Le atmosfere circostanti così come le dimensioni concrete recepite dal mondo ordinario vengono interiorizzate dalla sua sensibilità e trasformate mediante l’arte, in gesti fisici che trovano nel colore lo strumento ideale attraverso il quale ogni interpretazione emotiva ha finalmente sfogo. La tela bianca viene solcata dalla forza cromatica che sfonda in questo modo la parete ideale, quasi come se si trattasse di un muro di gomma che cede agli interventi fisici dell’artista tedesca. Una sorta di sfondamento della terza dimensione per calarsi in uno spazio ambiguo, incognito, sconosciuto. La pittura diviene così, un atto mistico dove la logica soccombe ed i surrogati della realtà di riferimento vengono tramutati in gesti che lasciano la loro impronta cromatica, sino alla ricostituzione di un nuovo mondo.

Nel limbo costitutivo dell’opera si frammentano i ricordi lontani della vita affettiva, i suoni delle città caotiche, gli slogan della civiltà verticale sino a perdere qualsiasi riferimento, valicando la terra di nessuno. Qui tutto comincia. La Ricklefs–Bahr sprofonda nel vortice istintivo delle emozioni che quel mondo, oramai rimosso, ha suscitato in lei e gradualmente lo riscopre riportandolo in superficie: gli echi lontani del dolore, della gioia, dell’indifferenza, prendono forma in gesti che delimitano nuovi confini formali. Le sue opere sono anticamere dell’inconscio, spazi mentali svelati al fruitore attento che dialoga con l’informe sino a ristrutturarlo attraverso lo sguardo. L’opera d’arte diviene espressione di un altrove, di un luogo rimosso dalla mente che torna alla luce dopo un periodo indeterminato di oblio. Una sorta di mantra cromatico che consente ad una parte del cervello di raggiungere uno stato di consapevolezza senza oggetto in cui i pensieri si dissolvono consentendo allo spirito di liberarsi.

La realizzazione di un’opera costituisce per l’artista uno sbocco meditativo razionalizzato conseguentemente dal suo rientro nel mondo della ragione. L’opera diviene a questo punto l’oggetto di congiunzione tra il suo stato creativo e quello ricettivo del pubblico. Una miscela di connotazioni simboliche che attua con maestria per mezzo dei contrasti, delle tensioni o dell’armonia che mette in campo progressivamente in base al suo stato che muta ogni volta che dipinge. Assistiamo, infatti, ad opere che utilizzano la spatola mediante la quale apporta gesso, cemento sino a lacerazioni ottenute da graffi. Sprofonda in distese piatte in cui la luce sembra compattarsi e poi, improvvisamente generare strutture materiche in cui solca la superficie del dipinto appesantendo lo spazio in confini sostanziali. Oppure cosparge il supporto di sabbia o polvere di marmo cadenzando il ritmo esecutivo di velature sempre più intricate dalle quali sembra impossibile venirne fuori.

Altre volte sovrappone elementi come resine, gomma lacca, utilizzando la tecnica del collage per apportare carte da parati, stoffe od intervenire con uno spazzolino da denti in alcune zone in cui far reagire le sostanze. La libertà esecutiva dei materiali corrisponde anche alla tipologia di scelta che applicherà ai colori che andranno da tinte morbide sino a quelle più pesanti, dai colori freddi a quelli più caldi, dagli apparati più sinuosi a quelli più strettamente geometrici. In questo flusso ininterrotto di equilibri e squilibri dettati dall’istinto, la razionalità ricostituirà sempre qualcosa di nuovo e dall’infinità delle possibilità fantastiche ottenute dall’astrazione, germoglierà negli occhi degli astanti sotto forma di surrogato concreto. Questi spazi mentali, dicevamo, sono spazi aperti. Sono opere che prendono vita ogni volta che vengono contemplate.

Presentazione e critica: Andrea Domenico Taricco.

Vernissage sabato 28 giugno ore 17,00

UNIQUE di Patrick Caputo
C.so Vittorio Emanuele II, 36 - 10123 Torino
Dal martedì al sabato: 10.00-12.30/15.30-19.30. Chiuso il lunedì

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