A distanza di 35 anni Clemente torna negli spazi che furono di Lucio Amelio. Oggi presenta un'opera unica, composta da grandi bandiere dipinte e ricamate in India insieme ad artigiani locali.
A distanza di 35 anni Francesco Clemente torna negli spazi che furono di Lucio Amelio,
dove il 27 ottobre del 1979, giovanissimo, inaugurò una delle sue primissime mostre
personali.
Oggi presenta unʼopera unica, composta da grandi bandiere dipinte e ricamate in
India coadiuvato da artigiani del luogo.
Nel corso della sua carriera artistica, Francesco Clemente ha attraversato,
sviluppato, abbandonato e poi ripreso temi, ossessioni, tecniche e formati diversi
ad intervalli irregolari con lʼincoerenza disinvolta di un monologo interiore.
Tuttavia lʼintera sua opera non ha mai riposto fiducia nel gesto individuale, nella
volontà singolare o nellʼespansività del soggetto creatore. e se si scosta il
velo orientale e lʼalone misticheggiante che la circonda da sempre, si presenta
piuttosto come un'ermeneutica del linguaggio dell'arte visiva, una sorta di concettualismo malinconico: da una parte il repertorio infinito di forme e di stili di
cui dispone l'artista (eclettismo o sincretismo), dall'altra un mondo esterno, da
nord a sud e da est a ovest, concepito come un gigantesco deposito per lʼaccumulo di dati sensibili.
In questo senso Clemente è figura tipicamente postmoderna, perché pensa la separatezza dell'arte dalla vita, cioè la distanza incolmabile e indicibile tra rappresentazione ed esperienza.
Il trionfo di bandiere, concepite e realizzate in India, anche con la sapiente collaborazione di
artigiani locali, sembra ora celebrare la materia gioiosa dei segni che si ergono
a misura del mondo, mentre il risvolto, lʼaltra faccia dei vessilli, dipana figure
meno precise e le ambiguità di aforismi ricamati nellʼoro.
Ancora pittura e scrittura, polarità irriducibili nella tradizione occidentale, che però la mano dellʼartista ricuce proprio nel gesto della separazione: non si guardano, non
sʼincrociano, ma si danno senso e si sentono lʼuna con lʼaltra. Come la luce e
lʼombra. Se cʼè un modo per definire il fare arte di Clemente - al di là delle antinomie figurativo/astratto, narrativo/concettuale - lo si può trovare in quello
che mostrano oggi le bandiere: la sua pittura è iscrizione del mondo.
Non una presa, non una partecipazione, ma un taglio veloce sulla superficie, come unʼincrespatura che si tocca con mano ma che si vede solo da lontano. Lʼartista è lo spettatore (qui magari lo sbandieratore) di un evento (di una festa, di una catastrofe) che percepiamo solo quando è allegoria, cioè quando lʼimmaginazione
aderisce perfettamente perché si separa dalla realtà e la prende alle spalle, riscrivendola sotto forma di immagini da leggere e interpretare con cura e sapienza infinite.
Per dirla con Blumenberg o con Debord, il mondo intero è lo
spettacolo della separazione. In fondo, unʼopera dʼarte.
Vernissage giovedì 10 Luglio 2014 ore 19.30
CASAMADRE - Arte Contemporanea
Palazzo Partanna piazza dei Martiri, 58 Napoli