Ciocca Arte Contemporanea
Milano
via Lecco, 15
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Looking Glass
dal 15/10/2014 al 12/12/2014
su appuntamento

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Ciocca arte contemporanea




 
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15/10/2014

Looking Glass

Ciocca Arte Contemporanea, Milano

Three Feminist Ways to Self-Portrait. La mostra propone una riflessione sull'autoritratto fotografico nell'arte femminista degli anni '70, a partire dalle opere di Tomaso Binga, Nicole Gravier e Paola Mattioli.


comunicato stampa

a cura di Raffaella Perna

La mostra Looking Glass: Three Feminist Ways to Self-Portrait propone una riflessione sull’autoritratto fotografico nell’arte femminista italiana degli anni Settanta, a partire dalle opere di tre protagoniste di quella stagione, Tomaso Binga, Nicole Gravier e Paola Mattioli. Tre donne si riappropriano della rappresentazione del corpo e della sessualità, libere finalmente dalla visione e dal desiderio maschili: i lavori di Binga, Gravier e Mattioli muovono dal privato per dare voce a una storia collettiva, rimasta fino a tempi assai recenti esclusa dal sistema dell’arte.

Per le donne, da sempre oggetto dello sguardo e della rappresentazione altrui, l’autoritratto serve infatti a raccontarsi, mettendo in gioco la propria identità e criticando gli stereotipi legati al femminile e al maschile. L’autoritratto fotografico, in particolare, concentra l’attenzione sul doppio ruolo della donna come soggetto e oggetto della rappresentazione: stare nello stesso tempo davanti e dietro l’obiettivo mette a nudo lo scarto esistente tra identità reale e fittizia, e la fotografia diventa il mezzo attraverso il quale scegliere la veste in cui raccontarsi agli occhi dell’altro, assumendo un ruolo attivo nelle dinamiche dello sguardo.

Nell’installazione Mater (1977) Tomaso Binga parte dal proprio corpo nudo, ritratto mentre assume la forma delle lettere che compongono, appunto, la parola Mater: crea così un alfabeto gestuale alternativo alla lingua corrente, considerata come una forma di espressione inautentica dalla cui costruzione la donna è rimasta esclusa. Le scritture viventi di Binga costituiscono perciò una radicale alternativa al linguaggio maschile. In Donna in gabbia (1974), poi, Binga denuncia la condizione di subalternità e la mancanza di libertà della donna: si rappresenta infatti dietro le sbarre, come un uccello prigioniero, imboccata da mani maschili, stigmatizzando così il controllo e il potere esercitati dall’uomo, troppo spesso contrabbandati come una forma di cura e protezione volta a tutelare il «sesso debole».

Gli autoritratti della serie Mythes et Clichés (1976-1980) di Nicole Gravier sono una critica agli stereotipi visivi della cultura dominante: l’artista si raffigura mentre simula pose e atteggiamenti tipici del fotoromanzo, appropriandosi dei canoni linguistici e delle inquadrature di questo genere popolare nato in Italia nell’immediato dopoguerra. Così facendo da un lato Gravier esaspera, criticandoli, non solo la banalità e il sentimentalismo del fotoromanzo, ma anche e soprattutto i luoghi comuni della rappresentazione del femminile trasmessi dai media; dall’altro, allo stesso fine, mette in primo piano elementi détournanti che stridono con l’atmosfera «rosa» della foto. Tutto è rappresentato in ambienti intimi come la camera da letto; le pose assunte dall’artista sono rilassate e lo sguardo non è rivolto in camera: lo spettatore è messo nella posizione del voyeur che ha accesso di nascosto a uno spazio privato, sottolineando quanto il processo fotografico, nel rappresentare il corpo, lo oggettualizzi.

La distanza tra l’immagine di sé e quella percepita dagli altri è, anche, al cuore della sperimentazione fotografica condotta da Paola Mattioli a metà degli anni Settanta: la sequenza in mostra, Diana (1977) – che ritrae Diana Bond allo specchio e mentre si toglie una maschera bianca dal volto – si lega alla pubblicazione del libro Ci vediamo mercoledì. Gli altri giorni ci immaginiamo, raccolta di materiali individuali ed esperienze collettive di un gruppo di donne impegnato a lavorare sull’immagine del femminile. Nel volume Mattioli presenta anche Donne allo specchio (o Faccia a faccia), una serie che indaga il rapporto della donna con l’immagine riflessa, concepita come un autoritratto corale, in cui l’autrice si identifica con i soggetti ritratti: «In ognuna di loro mi rispecchio anch’io, perché è nell’altra che ritrovo frammenti diversi del mio stesso guardarmi». Lo specchio diviene dunque strumento di un viaggio identitario pensato al plurale.

Immagine: Tomaso Binda, Donna in gabbia, 1974

Inaugurazione 16 ottobre alle 18.30

Ciocca Arte Contemporanea via Lecco, 15-Milano Lombardia Italia Orario: su appuntamento
Ingresso libero

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Fabrizio Bellomo
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