Identita' migrante. 30 opere fotografiche, installazioni e video. Un percorso cadenzato da corpi immobili e statuari, da profondi respiri, in un sottile dialogo tra dolore, condanna e perdono.
Verrà inaugurata sabato 29 novembre alle ore 18 a Palazzo Elti di Gemona la
mostra personale di Mustafa Sabbagh, fotografo italo-palestinese riconosciuto
come uno dei 100 fotografi più influenti al mondo.
Intitolata Identità migrante, la mostra rappresenta il secondo imperdibile
appuntamento con le “meraviglie” di Maravee Corpus, la rassegna ideata e
curata da Sabrina Zannier che per l’edizione 2014 ha scelto di elogiare il corpo
come sistema sociale in fotografie, dipinti, video, costumi, performance e
tatuaggi.
Identità migrante, la personale di Mustafa Sabbagh a Palazzo Elti di Gemona, è
un intrigante viaggio nella passione per l’identità umana mascherata e svelata
attraverso il corpo, nell’intreccio fra storia della pittura e fascinazione per il
paesaggio.
Un viaggio in nero - il colore della Pietà, della Bellezza e della Luce - condotto
attraverso oltre 30 opere fotografiche per lo più di grande formato, installazioni e
video. Un percorso cadenzato da corpi immobili e statuari, da profondi respiri, in
un sottile dialogo tra dolore, condanna e perdono.
Ammantate dalla Filosofia dell’identità assoluta - puntualizzata nel 1801 dal filosofo
tedesco Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling - le opere di Sabbagh contengono
l’identificazione tra Spirito e Natura oltrepassando la distinzione fra soggetto e
oggetto.
È una nuova identità corporea quella proposta da Sabbagh, nella quale l’uomo, il
paesaggio, l’abito e la maschera trattengono una speciale relazione che svela
il misticismo di uno sfondo religioso magistralmente rappresentato nel toccante
dialogo per immagini che s’instaura tra i due video intitolati Baciami Giuda e
Cristo, Pietà.
Il percorso espositivo dell’Identità migrante dell’artista - che scorre dal corpo
umano, al paesaggio naturale, alle allegorie iconografiche tratte dalla storia della
pittura – prende avvio dal concetto di maschera.
Comunemente percepita come “schermo” che occulta e tra-veste, la maschera
nelle opere di Sabbagh sottende il principio dello svelamento, una messa in scena
dell’identità che, migrando, si fa corpo e anima.
Dalle maschere/oggetto, dai costumi e dai drappi che di primo acchito occultano
il corpo, si passa poi alle maschere/epidermide, dove l’informalità della materia
pittorica sottolinea il processo di tra-vestimento/svelamento.
Che si tratti di tessuti o di colate di pigmento che accarezzano il corpo, è proprio
quest’ultimo ad essere intimamente rivelato.
Il filo rosso dell’intrinseca relazione fra soggetto e oggetto, fra Spirito e Natura, si
condensa poi in una figura emblematica: l’uomo statuario, la cui “maschera” è
data dalla densa pittura nera, che si gira a guardare.
!
Seguendo il percorso concettuale ed emozionale di questo sguardo, si approda
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alle figure che affondano nell’iconografia sacra e in quella comunione tra uomo e
natura che - attraverso il concetto di velo inteso come maschera che svela - eleva il
corpo ad anima mundi.
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Inaugurazione 29 novembre alle 18
Palazzo Elti
Via Bini, 9 - Gemona del Friuli (UD) Veneto Italia
Tutti i giorni 10.00 – 12.30 e 14.30 – 18.00 / chiuso il lunedì
Ingresso libero