Esercizi per occhi pigri. 6 proiezioni che mostrano una donna intenta ad eseguire identici gesti quotidiani. Focalizzando meglio le immagini ci si accorge che si tratta di sei persone diverse.
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The Gallery Apart è orgogliosa di presentare l’ultimo progetto di Mariana Ferratto, artista italo-argentina legata alla galleria fin dai suoi esordi. Esercizi per occhi pigri inserisce un ulteriore tassello alla ricerca di Ferratto, da sempre vocata, anche per motivi biografici, alla definizione dell’identità personale quale strumento di relazione sociale, una ricerca che affonda le sue motivazioni profonde nell’appartenenza a quelle seconde generazioni che in tutte le comunità statuali europee risultano spesso condizionate da vicende personali e fattori ambientali che rendono complessi i processi di integrazione.
Concepito in un arco temporale che ha visto l’artista impegnata anche nella realizzazione del video Il capo sono io, presentato a fine gennaio a Milano negli spazi di Careof quale ultimo atto di un percorso creativo condiviso con Elena Bellantoni nel corso di una residenza nella struttura milanese, Esercizi per occhi pigri si presenta come una architettura concettuale che chiede allo spettatore una partecipazione attiva, sollecitata dapprima mediante meccanismi di spaesamento percettivo per poi transitare attraverso un vero e proprio sforzo fisico e mentale, seppure in termini giocosi.
Ferratto si affida in parte al suo medium tradizionale, dando vita a due opere video tra loro complementari. La galleria è invasa da sei proiezioni che mostrano una giovane figura femminile intenta ad eseguire identici gesti quotidiani e domestici. Solo dopo aver superato l’iniziale sgomento e focalizzando meglio le immagini ci si rende conto che si tratta di sei persone diverse seppure tra loro molto somiglianti, quasi sei sosia che ci ricordano la difficoltà di mantenere una propria e originale personalità in una società che, non foss’altro che per motivi di controllo del consenso e di orientamento massificato dei consumi, costringe invece a modelli sempre più spinti di omologazione culturale e comportamentale.
Se da una parte la contemporaneità trova utili alcuni modelli omologanti, dall’altra si affermano condizioni di precarietà esistenziali che impongono a ciascuno l’interpretazione di ruoli diversi, di volta in volta obbligando ad atteggiamenti diversificati secondo schemi multipolari. E’ il tema dell’altra opera video che Ferratto propone in mostra, un polittico di ruoli interpretati questa volta da personaggi apparentemente diversi e che invece, ad una più attenta visione, si rivelano essere la multiforme rappresentazione di un’unica identità personale costretta ad un moderno quanto alienante multitasking.
Per il secondo capitolo del progetto, Ferratto si affida invece al disegno, già praticato in passato per la realizzazione di animazioni video e che ora invece l’artista utilizza per rendere ancora più esplicito il suo invito a combattere la pigrizia dell’occhio. La sindrome evocata nel titolo della mostra richiama un disturbo della vista che è possibile correggere solo mediante specifici esercizi a cui l’artista si è ispirata nella realizzazione dei disegni. Già con le due opere video, l’artista richiama lo spettatore ad uno sforzo di attenzione per correggere la prima distorta impressione che può derivare da una visione distratta. I disegni di Ferratto ci appaiono a prima vista come la rappresentazione ravvicinata e accostata di immagini legate da intuitivi nessi di senso, ma ad una più attenta visione (ancora una volta) ci si accorge che il nesso più evidente consiste nel fatto che una immagine è chiaramente e naturalmente destinata ad accogliere l’altra. Qui scatta il meccanismo relazionale e partecipativo del lavoro dell’artista che invoglia lo spettatore, con un emotivamente coinvolgente richiamo a pratiche ludiche infantili, a forzare la propria pigrizia visuale incrociando la visione dei disegni fino a renderli l’uno il contenuto dell’altro.
La responsabilità è uno sforzo, la capacità di ricongiungere parti in disgregazione è un requisito per poter contribuire a costruire con giustizia ed equità l’architettura sociale, la reductio ad unum è qui sinonimo di volontà di integrazione nel rispetto delle differenze, di ricerca dell’altro solidale a dispetto delle forze che spingono per la separazione, a dispetto di ogni possibile muro escludente che si riesca ad erigere.
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The Gallery Apart is proud to present the latest project by Mariana Ferratto, an Italian-Argentine artist who has forged a long-standing and important relationship with the gallery since its beginnings. Esercizi per occhi pigri (Exercises for lazy eyes) represents a further step in the research conducted by Ferratto, which has always been dedicated, also on grounds relating to her biography, to the definition of the personal identity as an instrument of social relationship, a research that takes its roots in her belonging to those second generations that in every European community are frequently affected by personal stories and environmental factors, thus making integration more challenging.
Conceived during a period where the artist was also involved in the development of the video Il capo sono io (I’m the boss), presented at the end of January in the Careof spaces in Milan, Italy, as the last stage of a creative journey alongside Elena Bellantoni during an artist-in-residence programme in the Milan’s art centre, Esercizi per occhi pigri represents a conceptual architecture that involves the viewer's active participation, encouraged first through some mechanisms of perceptive displacement to pass then through a real physical and mental effort, although in playful terms.
Ferratto partly relies on her traditional medium and creates two complementary videos. The gallery is invaded by screens showing a young female figure performing and repeating everyday and domestic activities. Once the initial dismay is over and as images are focused, the viewer realizes that they actually are six different persons though closely resembling, six doppelgänger who remind us the difficulty in keeping our own original personality in a society that, if only out of a desire of control and of massified consumption, forces us towards impending models of cultural and behavioural levelling.
If, on the one hand, the contemporary world finds some homogenizing models useful, on the other hand, conditions of existential precariousness are taking hold, forcing everyone to play different roles, obliging from to time to time to different attitudes and behaviours based on multi-polar schemes. It is the theme of the other video presented by Ferratto, a polyptych of roles this time interpreted by characters only apparently different and yet , after a more careful examination, they turn out to be the multifaceted representation of the same personal identity forced to a modern, though alienating, multitasking.
For the second part of her project, Ferratto relies on drawing, already practiced in the past for the development of some video animations and that now the artist uses again as a means of explicit invitation to fight lazy eye. The syndrome evoked in the exhibition title recalls a disorder of sight that can be corrected only with specific exercises which inspired and influenced the drawings of the artist. As in the two previous videos, the artist tries to draw the viewer’s attention to correct the initial false and biased impression caused by any distracted vision. At first sight, the drawings by Ferratto appear to be the close representation of images related by intuitive links, however after a more careful examination (again), we realize that the most evident link lies in the fact that an image is clearly and naturally intended to receive and contain the other. This is the point where the artist’s work triggers the relational and participatory mechanisms, encouraging the viewers, through an emotionally involving recollection of children's ludic activities, to push the limits of their lazy eye by overlapping the view of the drawings so that one becomes the content of the other.
Responsibility is an effort, the ability to recompose disintegrated fragments is a requirement in order to contribute to build up, with justice and equity, the social architecture, the reductio ad unum (reduction to oneness) here is a synonym for willingness and integration by respecting differences, searching for the supportive other, despite the forces pushing for the separation, despite the erection of any possible dividing wall.
Inaugurazione 13 febbraio alle 18
The Gallery Apart
via Francesco Negri, 43 Roma
Orari: mar-sab 15-19
ingresso libero