Loose Ends. 8 molle metalliche cadono sospese dai soffitti o si proiettano tese orizzontalmente uscendo dai muri dello spazio, mentre altre 8 installazioni prendono possesso delle pareti.
Frutta è lieta di presentare Loose Ends, una personale di Yonatan Vinitsky (1980, Gerusalemme).
Due serie di lavori inediti occupano lo spazio della galleria: 8 gigantesche molle metalliche cadono sospese dai soffitti o si proiettano tese orizzontalmente uscendo dai muri dello spazio. Altri 8 installazioni prendono possesso delle pareti, sono delle “tasche” ingrandite dei sedili di alcuni treni e aerei, supportate da delle reti di materiale metallico, corde, elastici e legno intrecciato.
Loose Ends, è un termine preso in prestito dai romanzi “Gialli”, indica qualcosa di non compiuto, di lasciato in sospeso, un momento definibile e preciso all’interno di un processo non ancora terminato.
La mostra è quindi un momento in sospeso, una apparente calma e staticità al cui interno si muovono e sviluppano dinamiche che tendono continuamente verso una fine senza esservi arrivate. L’imponenza dei lavori, il loro essere fuori scala, un ingrandimento violento di ciò che normalmente, possiede una dimensione ben più ridotta e controllabile, stride con la loro riconoscibilità.
Questi oggetti, si fissano nella spazio, immobili, provocando un senso di vertigine nello spettatore, che si muove spaesato e affascinato, sentendosi rimpicciolito dalle dimensioni di queste opere oversize e sproporzionate.
Si avverte forte e nitido il senso di attrattività e di imponenza che gli oggetti producono, la loro staticità e la loro grandezza li fanno diventare dei feticci ammaliatori, in cui l’estetica del comune e del quotidiano, viene sublimata fino a renderla affascinante e catalizzante.
Il lavoro di Yonatan produce questo: crea una fascinazione per ciò che è normale, comune e a volte scontato, lavora (con) i materiali, esaltandone la loro forma, il loro potere ammaliante, modificandoli, portandoli fuori scala, gratificandone gli aspetti più fascinosi, fino a catturane e congelarne l’ apice estetico. Mostra la capacità di fissare le forze e le dinamiche interne degli oggetti stessi fino a renderli oggetti nuovi ed inediti.
Tutte le opere contengono al loro interno una vitalità e una potenza che spinge per tornare ad uno status originario: ogni molla ed ogni rete sono la forma visibile di una quantità di materiale ben superiore a quanto percepito dallo spettatore.
Tutto è compresso, ripiegato su sé stesso, bloccato. Sono materiali che posseggono una memoria e che per loro natura cercano un ritorno alla dimensioni e alle caratteristiche iniziali. Il metallo vuole liberare tutti i 15 metri necessari usati per produrre i 2 metri finali dell’opera.
La compressione sospende e fissa la memoria dell’oggetto, la lascia in bilico tra passato e futuro, in una vibrazione continua tra il tendere verso una fine e la fine stessa.
Luca Castiglioni
Inaugurazione 27 marzo ore 19
Frutta
via Giovanni Pascoli, 21 Roma
Martedi/Sabato 13-19
ingresso libero