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11/5/2004

Elmuz

Mache', Torino

'Con i suoi ultimi lavori Elmuz sprofonda nel dato reale, in un avvicinamento che quasi sfoca l'obbiettivo e salta dentro, oltre la pelle della superficie. Il cerchio terrestre si ripete come figura geometrica delle cellule, una forma che racchiude un destino di ciclicita' reiterata.' (Olga Gambari)


comunicato stampa

Tempo circolare
A cura di olga gambari

Inaugurazione 12 maggio '04 ore 21

C’è il tempo lineare, quello che inanella le generazioni, gli anni che passano, i fatti che si concatenano, dalla preistoria alla contemporaneità. La storia, l’evoluzione, dal passato al futuro attraverso il presente. Il tempo lineare è l’immagine che galleggia, l’apparenza empirica dello spazio temporale nel suo farsi. Dentro, sotto, sul fondale, il motore del tempo batte, invece, con un ritmo circolare, lungo i binari di un otto infinito. Se guardiamo con gli occhi e viviamo immersi nel contingente, rimaniamo su un tapis rulant che va avanti, sempre e comunque, verso un orizzonte di là da farsi, un’incognita che tutto può ospitare. Se, invece, chiudiamo le palpebre e ci sintonizziamo su un altro battito, partendo dalla terra per osservare la vita dall’alto, il mondo ci apparirà semplicemente come una sfera, una circonferenza tridimensionale.

Un anello luminoso nel buio.

Con i suoi ultimi lavori Elmuz sprofonda nel dato reale, in un avvicinamento che quasi sfoca l’obbiettivo e salta dentro, oltre la pelle della superficie. Il cerchio terrestre si ripete come figura geometrica delle cellule, una forma che racchiude un destino di ciclicità reiterata. Come quella che lega padri e figli, le generazioni che si passano di mano un filo continuo, fatto di sangue ma anche d’anima e cultura.

Nel trittico “Come si diventa” Elmuz lavora sulla linea dell’orizzonte, trasformandola in una zona d’ombra dove libertà individuale e determinazione, destino, si confondono. Profili di bambini che guardano avanti, ma che decidono la direzione verso cui camminare ascoltando l’eco che risuona in loro, impasto di mille altre voci e storie.

Poi una galleria di volti di pietra, usciti da una gloriosa storiografia statuaria ormai anonima, che delinea il ritratto dell’uomo contemporaneo, la sua condizione esistenziale. Lineamenti fissi, pupille vuote, un’alienazione in corso dove tempo e spazio sono entrati in corto circuito. E’ il regno dell’immagine, dell’istante consumato per induzione esterna, in veloce dissolvenza orizzontale. Una per tutti, tutti per una : l’omologazione di un sistema globale che fa identificare le persone con un’immagine e con un prodotto. I volti della serie “Annulla-mente” sembrano monitor su cui si autoriflette il vuoto, la nostra asfittica stasi che ha l’aspetto di un’ossessione circolare.

In mezzo al suo lavoro sul tempo l’artista mette una piazza, meta di un viaggio in corso, che esplora il mondo e lo racconta attraverso le piazze, luoghi ombelicali dove l’umanità da sempre si ritrova, sfiora, scontra, sosta. La prima tappa, che costituisce anche, in realtà, sia un arrivo sia una partenza, è Atene, tanti scatti che formano un’unica faccia. Dettagli, movimenti, corpi, oggetti, animali che narrano una storia, sviluppando un concetto di fotografia cinematografica. Lo spirito di una città rappreso in un’animazione di forme e colori, fotogramma dopo fotogramma, frammenti di un insieme che restituisce un’atmosfera.
Olga Gambari


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