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Frida Kahlo vista da Leo Matiz
dal 19/6/2004 al 20/9/2004

Segnalato da

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Frida Kahlo



 
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19/6/2004

Frida Kahlo vista da Leo Matiz

Fnac, Napoli

Questa mostra si basa sugli scatti di Frida Kahlo e del suo entourage, fatti da Leo Matiz, giovane fotografo, durante il primo soggiorno in Messico (1940-1948) e sugli ultimi scatti realizzato alla 'Casa Blu' durante il viaggio finale in Messico nel 1998, l'ultimo fatto da Don Leo sotto il segno di Frida Kahlo.


comunicato stampa

Fnac e la Fondazione Leo Matiz

Uno sguardo sul Messico degli anni Quaranta

Questa mostra si basa sugli scatti di Frida Kahlo e del suo entourage, fatti da Leo Matiz, giovane fotografo, durante il primo soggiorno in Messico (1940—1948) e sugli ultimi scatti realizzato alla “Casa Blu” durante il viaggio finale in Messico nel 1998, l’ultimo fatto da Don Leo sotto il segno di Frida Kahlo.

Il 24 maggio 1940 Lev Trotzsky sfugge a un attentato nella sua casa di Calle Londres in Messico. Un commando, diretto da un uomo misterioso che assomiglia a David Alfaro Siqueiros, colpisce a colpi di mitragliatrice la casa del fondatore dell’Armata Rossa e getta una bomba incendiaria. La polizia sospetta Diego Rivera di complicità nell’attentato. Avvertito dall’attrice Paulette Goddard, sua vicina a San Angel, Rivera sfugge all’arresto e ripara negli Stati Uniti. Siqueiros, protetto dal poeta Pablo Neruda, si rifugia in Cile. Il 20 agosto, Trotzsky viene ferito mortalmente in casa sua, con un colpo di picozza inflittogli da Ramon Mercader, un agente della Guepeou. L’automobile e l’autista di Rivera sono implicati nell’omicidio. Sospettata dalla polizia, Frida Kahlo, che conosceva Trotzsky e Mercader, viene interrogata a più riprese. Il suo stato di salute si aggrava. In settembre, Frida lascia il Messico alla volta degli Stati Uniti, dove sarà curata dal suo medico, Leo Eloesser. E l’8 dicembre, giorno del compleanno di Diego Rivera, Frida e Diego si risposano a San Francisco. In questo clima estremamente convulso il giovane colombiano Leo Matiz arriva in Messico, dopo aver attraversato a piedi l’America Centrale. Poteva forse immaginare che da quel giorno, e fino alla sua partenza precipitosa nel 1948, la sua vita e la sua nascente carriera di fotografo sarebbero state legate a questi importanti personaggi della vita messicana?

Nonostante i suoi insuccessi politici, la rivoluzione messicana è un successo culturale e rivela la continuità culturale del Messico.

Diego Rivera, David Alfaro Siqueiros e José Clemente Orozco, sono "i tre grandi" del muralismo messicano. La loro pittura illustra la storia nazionale e rende accessibili gli ideali politici scaturiti dalla rivoluzione messicana. Gli artisti intravedono la forma universale dell’arte sociale. Il raduno delle forze letterarie, artistiche e intellettuali post-rivoluzionarie è generato dal nuovo muralismo. Contribuisce a creare un clima culturale che attira numerosi artisti venuti dall’estero: Stati Uniti, Europa e America Latina. I fotografi si associano ben presto a questo movimento. Edward Weston, Manuel Alvarez Bravo, Tina Modotti, Gabriel Figueroa, John Kennedy, Antonio Quintana, José Renaud, Guillermo Zamora, Peter e Paul Juley arricchiscono con le loro immagini la ricerca plastica dei pittori. Questo dialogo si prolungherà negli anni. Si rivela una notevole anticipazione formale nella concezione dei progetti dei muralisti e approfondisce le riflessioni sulla natura della creazione fotografica di immagini plastiche.

La rivoluzione messicana ha fatto nascere Frida Kahlo per la seconda volta nel 1910.
I due vettori, la fotografia e l’arte popolare messicana, costituiscono la base del suo linguaggio artistico. Queste due fonti plasmeranno la sua immagine.

In un paese distrutto dalla guerra civile, il mondo amerindio e il lustro del suo passato hanno fatto credere nella rivoluzione e hanno attirato gli sguardi del resto del mondo. Gli anni che seguiranno saranno ricchi di contraddizioni, di trasferimenti di idee e di eventi. A partire da questi dati, il Messico creerà la sua identità culturale. Frida, proprio come il suo paese, è distrutta dalla violenza, ma nonostante la rovina e il dispiacere, riesce a creare la " mexicana ". Così Frida associa al suo corpo ferito i simboli del mondo amerindio di cui si sente erede. Riesce ad intessere un nuovo rapporto con il suo passato. Quest’affiliazione culturale, ricca di un’abbondante iconografia delle civiltà messicane - Azteca, Tolteca, Olmeca - l’autorizza ad appropriarsi di esse. Fa del suo corpo il territorio dei suoi antenati messicani. Ed è proprio questo corpo, ora mutilato, ferito, penetrato che lei mostrerà al mondo intero nella sua pittura, ma anche nella sua immagine fotografata. Costituisce il centro di un circolo intellettuale e attira le simpatie del mondo intero.

Sin dal giorno del suo matrimonio con Diego Rivera, il 21 agosto 1929, mentre Diego è vestito "all’americana ", Frida indossa l’abito della donna messicana: il rebozo, il copricapo tlacoatl e il xochtil fra i capelli, tenuta delle donne di Oaxaca o di Teahuanaco. Quest’abbigliamento, questo trucco e queste pettinature rivelano la carne straziata del corpo di questa donna unica, un corpo degno di una principessa azteca, carne sacrificale di quest’eterna crisalide.

Il mondo di Frida è fatto di una bellezza umile, è un mondo legato al colore, alla balia, al latte che dà nutrimento e al sangue che scorre nelle vene e fuoriesce dalla cornice. È il mondo misterioso degli animali emblematici, la scimmia, pittore dei Maya; lo itzcuintle, compagno dell’altra vita; l’aquila Caca Blanca, le lumache che spuntano dopo una notte di pioggia, il cerbiatto. È il mondo vegetale con le sue radici, le sue foglie di acanto, i suoi rami carnosi, le sue liane e i suoi viticci di vigna. Le nature vive, i frutti offerti e sugosi. Il mondo della luna e del sole sulla terra, del maschile e del femminile riuniti in un unico essere. C’è anche il mondo della morte rappresentato nell’opera dello straordinario grafico José Guadalupe Posada che disegna su dei manifesti i grandi e piccoli avvenimenti: scene di omicidi, suicidi, tafferugli nelle cantinas, rivoluzioni. L’attualità è la morte. È il regno del teschio di zucchero, della Calavera Catrina e dei Giuda che saranno bruciati per tradimento. È questa donna e il suo universo che saranno fotografati sino alla fine dei suoi giorni e anche oltre. Nella sua opera, Frida ha fatto del suo volto il tempio della sua realtà. I suoi ritratti sono completati da attributi, gioielli precolombiani, abiti regionali. È adorna. Gli artisti che l’hanno fotografata tentano di trovare quello che potrebbe trapassare questa misteriosa immagine femminile. La differenza tra loro e Leo Matiz sta nel fatto che Matiz esalta quest’aspetto da idolo di Frida e capta in lei, grazie alle angolazioni della sua inquadratura, grazie al lavoro in laboratorio e attraverso la sua luce, qualcosa che attiene alla scultura. L’immagine di Frida è priva di psicologia.

I ritratti realizzati da Matiz non sono nemmeno frontali. Evita la presenza di questo sguardo ammaliatore, da maschera che Frida ha voluto mostrare agli altri fotografi. La differenza del giovane Leo Matiz sta nel suo linguaggio fotografico, diventato famoso nel 1942 dopo il suo straordinario reportage sul carcere speciale di Mazatlan. Matiz lavora come grafico per la rivista Asi e fotografa i principali artisti messicani e le celebrità straniere che in quel periodo visitano il Messico. Nonostante la sua lunga collaborazione con Manuel Alvarez Bravo, si differenzia da questo grande maestro della fotografia per la sobrietà delle sue foto. Senza rinunciare al carattere epico dell’immagine fotografata, Matiz elimina il superfluo e tutte le connotazioni surrealiste. Questa ricerca della perfezione lo porta a realizzare la serie degli "astratti". Nel 1944, fotografa Frida Kahlo nel suo giardino; nel 1946, davanti alla sua automobile, con un negoziante di tessuti, con una dei suoi discepoli alla pulqueria "La Rosita" in cui tiene corsi di pittura e con Diego Rivera nella cucina di casa loro. Quest’ultima foto ci ricorda il quadro "Frida y Diego" dipinto da Frida Kahlo nel 1931. Matiz lavora per i muralisti. Ritroviamo le sue foto nei murales di Siqueiros. Allo stesso modo, l’immagine di Lupe Marin che ha realizzato negli anni 40 riappare nel 1954 nel quadro di Rivera, El estudio del pintor. Nel 1948, dopo una lite con David Alfaro Siqueiros, Leo Matiz lascia il Messico. Vi farà ritorno nel 1997 e fotograferà l’ultima volta "La Casa Azul".

Durante la seconda guerra mondiale, il Messico è in piena espansione economica. Sotto la presidenza di Manuel Avila Camacho (1940-1946), la politica culturale si sposta a destra. Nel 1941, le forze armate tedesche invadono l'URSS, Frida e Diego ritornano in Messico. Il padre di Frida muore e lei si trasferisce a Coyoacan dove rimarrà fino alla fine dei suoi giorni. Fa dipingere i muri della casa di famiglia di blu indaco, il colore dei templi aztechi. Diego fa costruire un’ala della casa e Frida ricava il suo studio, in altezza. L’anno seguente, Frida inizia il suo Diario. Non lascerà più il Messico.
Camilo Racana,
Commissario della mostra

Estratto dalla prefazione del libro “Frida Kahlo – Leo Matiz”, edizioni Paris-Musées.
Mostra presentata con il sostegno di El Sol & la Luna


Fnac Napoli
Via Luca Giordano 59
Ingresso libero e gratuito

IN ARCHIVIO [4]
Fotografie di Ivo Saglietti
dal 21/7/2008 al 13/9/2008

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