Jiri Svestka Gallery
Prague
Jungmannova 30
+420 2 96245024 - 25 FAX +420 2 96245014
WEB
Ryan Mendoza
dal 25/11/2004 al 8/1/2005
+420 2 96245024 - 25 FAX +420 2 96245014
WEB
Segnalato da

Giorgia Gallina


approfondimenti

Ryan Mendoza



 
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25/11/2004

Ryan Mendoza

Jiri Svestka Gallery, Prague

'Turning off the lights', una mostra che nasce da una serie di fotografie autoritratti di una bambina di dodici anni dal nome Anja. Questi danno vita alla sezione dell'esposizione intitolata, 'Photos for which I am not responsible'. Cinque gigantografie, cinque buoni motivi per spegnere le luci. Quattro dipinti, un percorso che si sviluppa tra le stanze della galleria e che si lega al tema del non essere amati da tempo iniziato da Mendoza


comunicato stampa

''Hotel Minsk non era un hotel. Era un agenzia. Il Sig. F, navigando in internet, aveva trovato una miniera di agenzie, molto delle quali sicuramente illegali, mentre alcune non lo sembravano affatto. Agenzie di modelle, di matrimonio, di servizi di escort. I siti di moda gli piacevano in particolare. In questi poteva vedere ragazze belle disposte a posare per fotografi di moda. C'era qualcosa di sofisticato, di legittimo. E ce ne erano tante. Così tante facce che non poteva guardale tutte. Troppe. Erano così tante che non cliccava sulle di loro quando erano solo carine ma solo se erano straordinarie. C'erano pagine e pagine di piccole immagini di facce sorridenti e promettenti e, se si cliccava sulla loro faccia, allora si apriva un immagine più dettagliata con tanto di misure e età.

Estonia, Lituania, Romania, Bielorussia. Qui si che le ragazze erano belle e sprovvedute. Il Sig.F era particolarmente attratto da un agenzia di Minsk organizzata da un certo Sig. V.

Il Sig. F. prima di diventare pubblicitario sognava di diventare un fotografo di moda. Teneva la sua vecchia modella Nikon in una scatola metallica che non apriva quasi mai. Occasionalmente veniva spolverizzata. Per contattare l'agenzia ci voleva un motivo e un nome. Ma il Sig. F., non aveva un motivo vero per contattare l'agenzia. Allora si inventò un nome, Roy, un nome americano anonimo, scelto a caso dalle pagine bianche americane trovate su yahoo.com, presentandosi come un fotografo di moda per sapere i prezzi e per avere una lista delle ragazze che erano disposte a posare nude per foto artistiche. Il Sig. V. era cordiale e gli mandava centinaia di foto di ragazze magre con la carnagione chiara. Nelle foto le ragazze si svestivano. Nelle foto finale si dimostravano completamente nude e Francesco notava i loro sessi che erano invariabilmente depilati del tutto tranne per un ciuffettino. Nonostante l'accento spinto, le pose risultavano essere solo informative e non erotiche. Una delle ragazze con le gambe lunghissime era stata fotografata graziosamente persino per Playboy Giappone.

Il Sig.F., vedendo tutto ciò, si chiedeva quanti soldi aveva in banca e quanti soldi ci vorrebbero per andare a Minsk per una settimana, un mese, un anno. Non poteva permetterselo, ma progettavo con il sig. V. lo stesso.''

Si può fingere di non sapere. Stare in silenzio, osservare e dare la colpa agli altri. A volte conviene persino spegnere le luci. Rimanere al buio.

Ma chi è al buio e chi alla luce in questo caso?

Con questa mostra Ryan Mendoza lo chiede a sè stesso e lo chiede allo spettatore.

Da una parte la bellezza, la vita rosea, l'innocenza della giovinezza e la luce negli occhi. Dall'altra lo sfruttamento, il buio della vita che non concede vie d'uscita e uno sfondo senza fine. Una stanza buia senza interruttore.

Quante volte ci siamo trovati nel buio, quante volte abbiamo preferito chiudere gli occhi per ignorare quello che sta accadendo. E ancora una volta a chiedersi chi ha ragione, chi è la vittima e chi il carnefice, chi sta al buio e chi alla luce.

Vittima e carnefice. Nero e bianco, buio e luce. E' come guardare dentro a uno specchio, osservare quello che ci sta dietro come una realtà che non ci appartiene. Eppure è solo a pochi passi da noi. La luce ci rende nudi, sotto esame di occhi sconosciuti che ci scrutano e ci giudicano, proprio come facciamo noi quando guardiamo la vita da uno specchio. O siamo il male, e rimaniamo consumatori di una bellezza illecita, o siamo la vittima dei guardoni che passano. E allora abbiamo paura. E preferiamo rimanere al buio.

''Turning off the lights'' è una mostra che nasce da una serie di fotografie, autoritratti di una bambina, dal nome Anja. In quanto autoritratti non fanno parte del lavoro di Ryan Mendoza e danno vita alla sezione dell'esposizione intitolata,''Photos for which I am not responsible''. Cinque immagini, cinque gigantografie, cinque buoni motivi per spegnere le luci. Un unico soggetto, una bambina di dodici anni. Ma chi è? Difficile spiegarlo. E i dipinti di Mendoza, pittore che non si è mai sentito fotografo, invece di offrire la chiave di lettura ci fanno perdere ancora di più nell'oblio della ricerca della verità. Quattro dipinti, un percorso che si sviluppa tra le stanze della galleria e che si lega al tema del non essere amati iniziato da Mendoza con la mostra tutt'ora in corso alla galleria di Bernd Klueser di Monaco, intitolata ''Someone doesn't like you very much''.

Immagine: Ryan Mendoza, Fear in a time of Superheroes. Cortesy Galleria Massimo Minini, Brescia

Per informazioni: Giorgia Gallina, 0039.347.4756891 ryanmendoza@libero.it

Jiri Svestka Gallery
Jungmannova 30 110 00 Praga Repubblica Ceca
Orario di apertura:
Ma, Me, Gio, Ve 12:00-18:00 Sa 11:00-18:00 e su appuntamento

IN ARCHIVIO [3]
Marina Paris
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