Dipinti di Daniele Degli Angeli. I repertori iconici che l'artista delinea sul supporto della tela, coinvolgono lo spettatore nella straniante atemporalita' della rappresentazione e con la pregnanza dei titoli. Le sue opere descrivono cosmogonie solo in apparenza individuali, ma riferibili piuttosto al destino di ognuno.
Dipinti di Daniele Degli Angeli
presentazione di Gianni Cerioli
Esiste da anni con Daniele Degli Angeli una collaudata forma dialogica fatta di condivisioni e di risposte, di connessioni e d’intermittenze, di pause e di riprese. I tempi anche lunghi che scandiscono le varie fasi tra un incontro e l’altro, non interrompono mai l’indagine, la ricerca, lo studio dei rapporti con l’arte: tra chi quell’arte guarda e chi quell’arte produce. Una complicità appassionata governa entrambi e siamo subito ''a raccontarcela'' appena ci si rivede. Anche questa prima personale ferrarese dell’artista diventa un modo per continuare un sentiero mai interrotto, per andare intorno alle cose, per discuterle e comprenderle, senza mai esaurirle in un sistema compiuto.
I repertori iconici che l’artista delinea sul supporto della tela, coinvolgono subito e in modo completo lo spettatore tanto è straniante l’atemporalità della rappresentazione e la pregnanza dei titoli. Dalle silenziose e feconde profondità della non-memoria affiorano alla superficie materiali mnestici, riflessioni speculative, turbolenze immaginali che invadono le sue opere, descrivono cosmogonie solo in apparenza individuali, ma riferibili piuttosto al destino di ognuno. Ogni singola persona ricalca nello svolgimento della propria esistenza le orme che l’umanità ha calcato prima di lei. Questo affiorare della psiche, collettiva e privata insieme, si lega per analogia alla flottante isola di Asteria che, prima della nascita di Apollo, non era ancorata alla terra. Libera vagava sui flutti, di questa quasi del tutto dimentica.
Nell’Inno a Delo Callimaco narra che Asteria è la sola ad accogliere Latona partoriente, in fuga dai furori di Hera. Soltanto dopo il parto del dio l’isola si lega alla terra, diventa Delo, <
Degli Angeli nelle sue opere mette in scena isole segrete, perse in un mare dalle acque profonde, si veda ad esempio la Grande tebaide delle sorgenti smeraldine. Come luoghi delle epifanie questi spazi sono ancorati all’immaginazione ctonia delle acque profonde così come alle influenze degli astri. Le Pleiadi che brillano nella parte alta della tela, sono sotto il segno del Toro, dominato da Venere (Venus→ venustas) signora dell’arte, come gusto estetico. In quanto spazio consacrato che si oppone allo spazio profano, questo paesaggio insulare è luogo del sacro, è imago mundi, è una realtà fisica e psichica insieme. Alito di spiritualità nella crescente insensibilità estetica del mondo contemporaneo, queste immagini vogliono aiutarci a riacquistare la perduta capacità di rappresentare l’anima dei luoghi e delle persone.
Sono, occorre precisarlo, anche isole ormeggiate nella poetica dell’autore (Paesaggio di scuola riminese con grandi scogli rossi, oppure Scogliera del mio tipo) pronte semmai a sollecitare il dinamismo della psiche della nostra modernità , a far emergere quelle forme archetipiche che agiscono in noi. Come ''resti arcaici'' gli dei tornano nel contemporaneo. Dalle statuette posate sulla scrivania di Freud alla teoria degli archetipi di Jung, a quelle dei suoi discepoli, come Neumann, che studia il rapporto tra arte e mitologia, oppure James Hillman che spinge alle estreme conseguenze la ricerca junghiana per l’immagine. La sua ricerca immaginale è, oggi, ben presente in ogni campo delle arti. Definito lui stesso ''artista della psiche'', mantiene viva quella dimensione spirituale, multipla del reale che i poeti, i pittori, i visionari…, tutti gli ''artisti'' insomma, pienamente condividono.
Le metafore e le suggestioni archetipiche aprono dunque la strada al fare dell’artista, diventano approccio creativo, fascinazione ermeneutica. Diventano soprattutto scavo nell’immaginale. La capacità di Degli Angeli di ''vedere oltre'' e di rappresentarcelo sulle tele si fa dialogo con il riguardante che non può più disperdersi nell’interpretazione abituale o letterale delle cose. Le astrazioni formali delle linee, le ricorrenze cromatiche richiamano la bellezza all’interno del farsi della pittura. Di quel tipo di bellezza che Giordano Bruno nella Lampas Triginta Statuarum attribuisce a Teti: la più bella di tutte le dee, quia omni pulchretudine perficitur, ubi subiectum universale omnibus formis informatur. [perché da ogni bellezza riceve perfezione, dal momento che il sostrato universale è modellato da tutte le forme]
Non sembri desueta questa incursione nella letteratura magica rinascimentale che muove da immagini squisitamente platoniche. Da tempo pittura e filosofia si sono incontrate nel rispetto della diversità del mutus liber della prima e del lògos della seconda. Una sorta di corteggiamento inarrestabile le lega ormai. Se da un lato la visione si fa gesto, dall’altro lato è il pensiero che opera nel linguaggio. Insieme però il linguaggio della parola e il linguaggio muto della pittura ridanno un senso all’azione creatrice sia nell’arte come nella filosofia. Da questa considerazione dovremmo forse veramente partire per esplorare gli infiniti arcipelaghi che Daniele Degli Angeli per tutti noi instancabilmente declina nelle sue opere.
ORARIO: dal lunedì al venerdì ore 17.00-20.00
sabato e festivi 11.00-12.30 16.30-20.00
Galleria ''del Carbone''
Via del Carbone, 18/A - Ferrara