Aromi. Il vagare dello sguardo tra i numerosi tasselli cromatici che compongono i suoi dipinti costituisce solo la prima cosa che l'occhio dello spettatore e' invitato a vivere. I tratti di materia pittorica divengono uno dei mezzi per penetrare l'opera e il veicolo per coinvolgere attraverso il tatto
Ci sono, a mio parere, differenti e multiformi modi di approcciarsi all’opera d’arte. Così com’ebbe ad indicare Panofsky, si può passare da una lettura pre-iconografica ad una iconografica e poi iconologica dell’opera; così si può differenziare il nostro ed altrui avvicinamento al contenuto, alle forme ed agli stili che questa o quella opera trasmettono o contengono.
Nel medesimo modo ci si può avvicinare alle opere del ferrarese Fabbriano; il vagare dello sguardo tra i numerosi ed irregolari tasselli cromatici che compongono l’opera, costituisce solo la prima delle vicende dell’osservazione che l’occhio dello spettatore è invitato a vivere momento dopo momento mentre si avvicina alla lettura dell’opera dell’artista.
Sembra, infatti, di trovarsi di fronte alle vicissitudini che regolamentano i ruoli nel gioco dei colori, i quali, come azioni universali e mai circoscritte ad un unico spazio, svolgono una sezione di tutto rilievo nell’impostazione dell’opera.
Tratti di materia pittorica divengono così uno dei mezzi per penetrare l’opera, veicolo per coinvolgere, con l’elemento del tatto, quelle sensazioni di rugosa porosità del mezzo pittorico con cui Fabbriano abitualmente si esprime.
Le prime sensazioni, fatte di sguardo, studio ed emozione dei colori, oltre, come già accennato, di tatto, lasciano spazio, in un secondo ed immediato tempo, all’esame del soggetto.
L’operazione, in questo caso, si rivelerà ancor più interessante; il primario coinvolgimento emotivo, infatti, lascia lo spazio ad una naturale ed umana ricerca nei meandri di quello ''spirito di riconoscibilità '' gombrichiano con cui lo studioso inglese (ma austriaco di nascita) tentò di spiegare, in termini psicanalitici, l’approccio e la lettura dell’opera d’arte.
''Riconoscibilità '': mai lemma fu tanto azzeccato nell’esame di quello che è l’universo della rappresentazione artistica; l’uomo cerca costantemente un’immagine di sé in tutto quanto gli venga proposto, sia esso il muso di un’automobile o i crateri della luna che il nostro occhio trasforma nei tratti di un immaginifico volto. Così è oggi e così fu nel passato classico, in cui gli stessi fenomeni della natura venivano rapportati ai poteri ed alla bontà o inclemenza di altrettanti deità (anch’esse dai tratti antropomorfi).
Stretto è il legame tra passato e presente, così come stretto è il rapporto tra l’arte classica e la produzione artistica di Fabbriano; legame sì stretto, ma al tempo stesso mai ripetitivo di qualsivoglia standard rappresentativo, al di fuori, com’è, dagli schematismi ed, anzi, foriera di interessanti novità .
E’ così che frammenti di storia e tessere di classicità entrano nelle opere di Fabbriano per uscirne rilette e mutate d’aspetto, sgualcite ma proprio per questo arricchite nello spessore, semanticamente potenziate. L’osservazione del mondo classico e la sua successiva variatio in termini di forma, colore e dimensioni, diviene in Fabbriano l’elemento portante di un percorso che tende ad una costante dinamizzazione degli spazi e degli elementi, arricchito di ''citazioni'' eleganti che, però, non scadono mai in una pedissequa imitazione, ma si legano indissolubilmente al linguaggio con cui l’artista esprime i suoi concetti.
Gli antichi (per restare in argomento) affermavano che si finisce di imparare quando si smette di meravigliarsi; fortunatamente l’opera di Fabbriano è foriera, ogni volta in modo differente, di chiari elementi di meraviglia per chi si trovi ad osservarle, tanto da essere motivi di sempre nuove scoperte. Saranno i volti, talvolta nascosti dietro un drappo di colore, talaltra chiarissimi in un figurativismo a metà tra l’esaltazione delle forme e la solitudine metafisica; saranno le potenze cromatiche che nelle opere assumono il senso profondo del sema proprio di tutta la produzione, ma l’opera di Fabbriano è in grado di evocare ogni volta un luogo mentale diverso, così come diversamente può essere affrontata la sua pittura, in un costante scambio tra artista e spettatore, forse tra i più proficui dei rapporti che caratterizzano l’arte contemporanea.
Michele Govoni – Novembre 2004
Galleria del Carbone
via del Carbone, 18/a
Ferrara