take-off. L'artista presenta una serie di dipinti scaturiti dall'urgenza, maturata di recente, di rapportarsi con la natura in un modo del tutto nuovo, segnando cosi' una ulteriore evoluzione nella sua ricerca. Frangi ha dipinto venti opere su tela di circa due metri di altezza e dieci su carta, a cura di Lorand Hegyi e Demetrio Paparoni
take-off
opere 2004
a cura di Lorand Hegyi e Demetrio Paparoni
Dopo il successo ottenuto con "Nobu at Elba", l'installazione di straordinarie
dimensioni presentata nel febbraio 2004 nelle Scuderie di Villa Menafoglio Litta
Panza a Biumo Superiore vicino a Varese, Giovanni Frangi, artista milanese nato
nel 1959, tra i più affermati di questa generazione, torna oggi ad esporre a
Verona alla Galleria dello Scudo con una serie di dipinti scaturiti
dall'urgenza, maturata di recente, di rapportarsi con la natura in un modo del
tutto nuovo, segnando così una ulteriore evoluzione nella sua ricerca. La mostra
si terrà dall'11 dicembre al 27 febbraio 2005, quattro anni dopo "Viaggio in
Italia", il progetto che chiaramente denunciava quanto già allora fosse primaria
la necessità di cercare nella pittura l'altrove del reale.
"Nobu at Elba", quattro tele per complessivi quaranta metri e un gruppo di
sculture in gommapiuma bruciata, ha rappresentato una svolta fondamentale nel
percorso di Frangi, introducendo motivi inediti all'interno di un repertorio
costantemente rinnovato sul piano tematico e stilistico. Gli interventi plastici
con materiali inusuali - la gommapiuma per l'appunto - da porre in stretta
relazione con il contesto pittorico, l'adozione di equilibri tonali all'interno
di un linguaggio fortemente imperniato sulla gestualità , la variazione continua
della luce in tempo ravvicinato da un massimo di intensità al buio totale, sono
solo alcuni degli elementi che testimoniano lo svolgimento di un lavoro che ora
approda a esiti senz'altro più audaci e di forte impatto emotivo.
Per la mostra veronese l'artista ha realizzato infatti venti dipinti su tela di
uguale altezza (circa due metri) ma di diversa larghezza e dieci su carta
identici tra loro, in cui l'orizzonte sparisce e la visione dall'alto di un
mondo senza cielo, dilatata come in un grandangolo in cui si annullano le linee
prospettiche tradizionali e i piani sono resi attraverso una partitura materica
che altro non è se non scansione musicale, diviene il pretesto per elaborare un
territorio mentale astratto che diviene concreto attraverso la pittura nella sua
essenza più vera e sostanziale, senza alcuna preoccupazione per il dettaglio.
Questa rimeditata e inattesa relazione con il paesaggio - pianure, laghi, fiumi,
crinali di montagne, i soggetti insomma consueti - chiama ancora una volta il
visitatore a un'immersione nella natura, con un coinvolgimento però radicalmente
diverso. L'identità di formato contribuisce inoltre a rafforzare il senso di
unicità della rappresentazione che l'intero ciclo di opere vuole costruire.
In apertura della mostra, una veduta del Lochness, dal timbro cromatico
costruito sull'alternanza dei grigi e dei neri, prepara lo spettatore al
passaggio da una visione frontale, dai nitidi connotati naturalistici,
all'improvviso colpo d'occhio che dall'alto, in questi recentissimi dipinti,
rimescola tra loro le forme per poi ordinarle secondo una costruzione
inaspettata. È il caso delle quattro istantanee di Belforte scattate in stretta
sequenza, in cui la campagna dell'Appennino si risolve in episodi di pura
pittura, dove la sintesi è ormai inequivocabile sinonimo di astrazione; e
ancora, delle due versioni di Gstaad, articolate in partiture che individuano le
masse secondo un andamento verticale, il tutto immerso in un magma di colore dal
quale affiora il lirismo di uno spirito nordico.
La rassegna è curata da Lóránd Hegyi, direttore del Musée d'Art Moderne di
Saint-Etienne, e da Demetrio Paparoni, docente di Storia dell'arte contemporanea
alla Facoltà di Architettura dell'Università di Catania. Il catalogo edito per
l'occasione reca i loro interventi, centrati rispettivamente sulla
reinterpretazione della natura, che la scelta di un punto di vista del tutto
nuovo consente in molteplici impreviste coniugazioni, e sul rapporto
segno-colore-luce che così fortemente connota la struttura di un impianto
pittorico pur sempre legato alla tradizione moderna, dove la gestualità è
comunque governata da precise regole grammaticali. Claudio Abate, autore delle
fotografie che illustrano il volume, interpreta la realizzazione del progetto
nello studio dell'artista.
Inaugurazione sabato 11 dicembre 2004, ore 19.00
Galleria dello Scudo Arte Moderna e Contemporanea
via Scudo di Francia 2 I - 37121 Verona
orario: 10.00 - 13.00 / 15.30 - 19.30, chiusura: lunedì mattino e domenica
ingresso libero