Doppia personale di Izet Sheshivari. L'artista presenta installazioni site specific minimali e complesse. A La Fabbrica sono in mostra tele monocrome uguali in numero e in misura ai tavoli dell'attigua sala bar. A La Rada e' presentata la prima tappa di un lavoro in progress per il quale l'artista ha appositamente aperto una collaborazione con la sceneggiatrice Britta Rindelaub.
Esposizione personale di Izet Sheshivari.
Nella sua doppia personale a La Rada e a La Fabbrica Izet Sheshivari (Ginevra1981) presenta installazioni minimali e assieme di complessa lettura, tuttepensate e realizzate apposta per questi spazi espositivi.A La Fabbrica (Losone) la mostra si apre con le tele monocrome uguali in
numero e in misura ai tavoli dell'attigua sala bar. Trattasi però di strane opere pittoriche, realizzate con tubetti di dentifricio, anziché di colore ad olio. La materia qui è viva: la superficie tende a creparsi, si sbriciola
e naturalmente ognuno potrà riconoscere i sentori della quotidiana toeletta. Nella sala bar Sheshivari gioca con un classico elemento di tali ambienti:il menu poggiato sul tavolo, che qui diviene un'ironica parafrasi di strumenti
della propaganda sovietica, specificamente guide turistiche per il viaggioin Transiberiana, cui si riferiscono le foto in bianco e nero riprodotte.
A La Rada (Locarno), invece, sarà presentata la prima tappa di un lavoroin progress per il quale l'artista ginevrino ha appositamente aperto una collaborazione con la sceneggiatrice Britta Rindelaub. Quest'ultima essenzialmente
ha il compito di scrivere una sceneggiatura ispirandosi all'opera di Izet Sheshivari, unica privazione quella di non poter visitare le esposizioni dalle quali dovrà invece trarre spunto per costruire la propria sceneggiatura.
Sarà l'artista stesso a fornirle alcuni indizi sui quali Britta Rindelaubpotrà quindi tessere la sua trama. Questa prima tappa è quindi ispirata agli ambienti che ospitano l'esposizione e che nella fattispecie fu in passato
aula scolastica. Le curate edizioni di tale testo sono distribuite in uno spazio estraniato,che non è più aula ma non è solo sala espositiva: grazie a Izet Sheshivari diviene anch'esso luogo di sovvertimento delle abitudini di fruizione di una mostra d'arte.
Riccardo Lisi
È un vero piacere per lo spazio culturale la rada e per la fabbrica ripresentare l'opera di Izet Sheshivari. L'artista ginevrino era infatti già noto alle nostre latitudini per il suo intervento nell'ambito di Afterschoolspecial, nostra prima mostra in comune e per la quale Sheshivari aveva presentato un lavoro site-specific. In quell'occasione l'artista aveva dispettosamente giocato con lo spazio
dilatando oltremodo la superficie d'intervento ed andando ad insinuarsi insidiosamente persino in settori assegnati ad altri, o violando addirittura i confini dello spazio espositivo per impossessarsi della circostante area pubblica.Una serie impressionante di frasi sottratte andava a comporre una sorta di mosaico senza linee direttive. Si trattava di frammenti, testimonianze di scomparsa di persone, riemerse grazie ad internet e scelte dall'artista probabilmente in base a criteri di efficacia comunicativa.
Questi slogan senza destinatario - così apparivano allo spettatore - finivano così con l'assumere un carattere
vagamente grottesco, che accompagnandone ogni mossa distraevano lo spettatore dalla fruizione dell'esposizione.
Spesso il linguaggio artistico adottato si arricchisce di veri e propri universi linguistici appartenenti alla vita
di tutti i giorni, a realtà sociali appartenute al passato ma ancora intatte nel nostro immaginario o ancora - in modo più smaliziato - a realtà fittizie che l'artista stesso mette in scena. Confondere il suo ruolo originario,
ora con quello di comunicatore, ora con quello di narratore, di critico, di spettatore - ma anche e soprattutto con categorie ben distinte da quelle che atingono dal mondo dell'arte - è in qualche modo uno dei tratti fondamentali
dell'ibridato linguaggio dell'artista ginevrino. Il rebus cui lo spettatore di volta in volta viene sottoposto non finisce qui: rimane irrisolto.Un linguaggio forse poco profondo, che ancora non ha radici, ma che ha il
pregio di non farsi cogliere facilmente, anzi di approfittare di somiglianze anche troppo evidenti con sfere poco considerate del reale. Quelle che ci vengono invece presentate come eredità chiare, non lo sono, tanto che ad
osservarle bene le presunte opere monocrome non fanno necessariamente riferimento alla storia dell'arte. Izet di certo comunica e perturba senza veramente occupare lo spazio dove appare come se la cosa non significasse più di tanto - quasi lo spazio fosse già riempito: non c'è più spazio.
Noah Stolz
A cura di Noah Stolz
Collaborazione: Riccardo Lisi
L'apertura della mostra avverrà venerdì 25 febbraio, prima
Vernissage ven. 25.2
h 18 - La Fabbrica, Losone
h 21 - La Rada, Locarno, a seguire live set dell'artista
Sedi:
La Fabbrica
via Locarno 43a, Losone
Orari di apertura:mar 10-14 17-21, mer 10-14 17-22, gio-ven 10-14 17-23, sab 17-24 e su appuntamento.
La Rada
Rotonda Castello, Locarno
Orari di apertura:mar e gio-sab 15-19 e su appuntamento
info@larada.ch - 0041.91.7522230.