L'Idioma
Ascoli Piceno
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Marisa Korzeniecki
dal 8/4/2005 al 28/4/2005
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8/4/2005

Marisa Korzeniecki

L'Idioma, Ascoli Piceno

Sopra i toni. Nelle opere dell'artista e' palese il predominio di tonalita' dense, forti, cariche di rosso, blu, viola e giallo, ma anche la sopravvivenza di frammenti di colore puro che si fanno luce e di ''legami segreti tra segno, colore e spazio arricchiti da un sempre vivo stupore poetico''.


comunicato stampa

Sopra i toni

Marisa Korzeniecki nasce ad Ortezzano in provincia di Ascoli Piceno. Consegue la Maturità in Arte Applicata presso l’Istituto Statale d’Arte di Ascoli P. - dove insegna Arte della Serigrafia e della fotoincisione. Frequenta la facoltà di Psicologia presso l’Università di Roma e si diploma all’Accademia di Belle Arti di Macerata, nella Sezione di Pittura, allieva del Maestro Remo Brindisi. Il primo incontro significativo con l’arte lo ha intorno alla fine degli anni ‘60: da allora fino al 1972 porta avanti esperienze riferibili alla tradizione classica prediligendo la linea che da Giotto porta a Masaccio, a Piero della Francesca...a Cezanne. L’interesse per l’integrazione tra astrazione e figurazione, tra astrazione e allusione, la porta ad avvicinarsi alla ricerca del Gruppo Immanentista del quale diventa esponente dal 1976 al 1987. In questi anni si interessa, oltre che alla pittura, alla scultura, alla grafica, e all’arte applicata. E’ questo un periodo ricco di fervore, di attività e di grande entusiasmo, unitamente al Gruppo, ottiene, nel contesto della ricerca artistica nazionale, riscontri, sia a livello operativo che teorico; è del1983 il Premio Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Nel 1987 uscita dal Gruppo, arricchisce le proprie opere pittoriche di elementi materici e contemporaneamente porta avanti una personale ricerca, alla scoperta di nuove possibilità d’uso dello stesso linguaggio, invadendo lo spazio con installazioni. Nelle ultime esperienze il continuo interesse per la speculazione nel campo visivo ha visto l’artista approdare ad interessanti soluzioni formali con l’uso della tecnologia e dell’informatica. Reduce da una mostra antologica in Polonia, dove è stata invitata dal MOC, Centro Comunale di Cultura della città di Olsztyn, la Korzeniecki ha partecipato a numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero; le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private. Della sua opera si sono interessati diversi critici tra cui: Vito Apuleo, Umbro Apollonio, G. Carlo Argan, Mariano Apa, Bruno Cantarini, Giorgio Cortenova, Remo Brindisi, Luigi Dania, Salvatore Di Bartolomeo, Tonino D’Isidoro, Nicoletta Hristodorescu, Luigi Paolo Finizio, Gianluigi Gasparri, Armando Ginesi, Leonardo Mancino, Andrea Mancini, Marek Marcinkowski, Franca Maroni, Luciano Marucci, Vittoria Mazzoli, Carlo Melloni, Filiberto Menna, Isabella Monti, Italo Mussa, Diego Pierpaoli, Giuliano Serafini, Paolo Rosato, Luigi Rucci, Giorgio Ruggeri, Luigi Saitta, Marilena Sisto, Claudio Spadoni, Antonello Trombadori, Luigi Vitelli.

Quando si passeggia in una galleria d’arte contemporanea colpisce in tutta evidenza un ritorno d’immagine da quadro a quadro. Colpisce che, allorché si guarda un quadro, sia esso a guardarci, vederci. Come se il pittore mirasse a cercare, a dire, a confessare, a proclamere qualcosa. Ebbene, dinanzi a queste opere della K. si avverte quasi un bisogno fisico d’intemperanza, di andare “sopra i toni”, la necessità di rompere le righe, di fare i conti con una storia che non siamo ancora stati capaci di far diventare favola, di scendere nell’”esistere” più quotidiano, fatto di frantumi, segnato da inquietudini, confusione (anche di linguaggi), violenza, cataclismi. Nel cuore del nostro tempo lo“sguardo”, come ha scritto Bonnefoy, sembra essere in pericolo, sconcertato, allarmato, incapace di posarsi sulle cose per trovare loro un senso. Così la K, ascoltando solo la voce del proprio cuore, si colloca nel dramma, ne sente il senso e la presenza. Percepisce un vuoto, “una notte insinuatasi in tutto laddove prima c’era chiarezza”, uno iato tra sé e la natura. Perciò i suoi quadri si fanno gravidi di tensione ma anche di un’attesa che si scioglierà solo nella presenza coinvolta dello spettatore. Di qui il predominio di tonalità dense, forti, cariche di rosso, blu, viola e giallo, ma anche la sopravvivenza di frammenti di colore puro che si fanno luce e, nonostante le motivazioni forti, la K non perde la sua identità di “fattrice”sensibile alla ricerca costante dei “legami segreti tra segno, colore e spazio arricchiti da un sempre vivo stupore poetico”. L’apocalisse deve segnare il momento di un reinizio, spingerci a riprendere il controllo di noi stessi, a porci in cammino verso nuovi significati, con quel desiderio di futuro che è all’origine del mondo.
Ha scritto Tadini:”Il tempo, che ci ha feriti, lui ci risanerà”.
Tonino D’Isidoro marzo 2005

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