26 ore di lievitazione mentale. Acqua, farina, lievito. Ingredienti minimali, semplici. Poi arriva il fuoco, e tutto cambia: dal quasi niente all'assoluto della pizza. Un gruppo di grafici e designer ha interpretato con immagini le immagini che interpretavano una pizza.
26 ore di lievitazione mentale
Acqua, farina, lievito. Ingredienti minimali, semplici, quasi da pensiero debole. Poi arriva il fuoco, e tutto cambia: dal quasi niente all’assoluto della pizza. Certo, poi ognuno ci aggiunge del suo e si arriva agli stili come con l’arte. Classici da pomodoro/mozzarella/basilico, Impressionisti vegetariani, Astratti o forse solo Attratti dai quattro formaggi, Neo Razionalisti della bianca con rosmarino, Vetero e Post Avanguardisti al mango e caviale. E chi più ne ha più ne metta, perché la pizza è forse l¹unico alimento con vocazione al meretricio: tutto accetta, tutto metabolizza e tutti fa godere.
Sarà per questo che all’Estrobar hanno pensato di associare un’opera d’arte alla pizza, di rinominarla anche. E quando alle cose si dà un nome è come farle rinascere a nuova vita. Ma ce n’era bisogno? E perché poi?
A queste domande un gruppo di grafici e designer ha voluto rispondere pagando la stessa moneta, interpretando cioè con immagini le immagini che interpretavano una pizza. Ognuno di loro ne ha prese in carico alcune, a ciascuna ha applicato una lente mentale e, come in una nuova fornace, l’ha sottoposta insieme all’opera a cui è stata associata a una nuova cottura. Il risultato è una sequela di metalinguaggi strutturati in architetture stratificate, solo per arrivare al semplice e scarno giudizio del palato. Una questione di gusto, insomma, com’è giusto che sia.
Ma, di nuovo, perché?
Perché è un gioco, perché è divertente, perché è futile, perché è interessante. E poi perché un inveterato cultore di Onan risponderebbe serafico: e perché no?
Inaugurazione mostra: 3 maggio 2005 dalle 18.00 alle 21.00
ESTROBAR
Via P. Matteucci, 20 (Piramide)
Roma