Galleria sc02
Roma
piazza de' Ricci, 127-128
06 68806377
WEB
Two works
dal 9/5/2005 al 21/5/2005
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Sc02




 
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9/5/2005

Two works

Galleria sc02, Roma

Alessandro Sarra - Stefano Canto. Non e' una doppia personale, tanto meno un progetto a quattro mani, ma un incontro tra energie di segno compatibile da cui scaturisce originariamente da un'intesa tra i due artisti sul piano di attrazioni comuni e, in particolare, di quella verso il ferro e il suo processo di ossidazione.


comunicato stampa

Alessandro Sarra
Stefano Canto

a cura di Emanuela Nobile Mino
L’idea di questa operazione, che non è una doppia personale, tanto meno un progetto a quattro mani, ma semmai uno di quei rari incontri tra energie di segno compatibile, scaturisce originariamente da un’intesa tra i due artisti sul piano di certe attrazioni comuni e, in particolare, per quella verso il ferro e il suo processo di ossidazione (che se nel caso di Stefano Canto significa spesso conversione della naturale alterazione della superficie metallica in valore estetico, nel caso di Alessandro Sarra diviene azione indotta e necessaria, quando adottato come fonte sostanziale del suo segno); ma si è poi concretizzato sulla base di altri presupposti, di ben altre corrispondenze.

Il progetto Two works riflette, infatti, la scelta inconsueta e la volontà condivisa dai due autori di affrontare, in un momento storico come questo, una rosa di argomenti non facili - o quantomeno scomodi - come la religione, la fede, il rito, riuscendo a sintetizzare ed esprimere, ognuno in un unico lavoro, alcune personali perplessità relative alla strumentalizzazione del dogma che, nella cultura occidentale come in quella orientale, appare finalizzata al condizionamento della condotta sociale e alla limitazione del libero discernimento. Come due facce della stessa medaglia, o meglio, come strati diversi della stessa epidermide (l’una analizzando la parte superficiale e quindi più evidente, l’altra indagando il substrato più nascosto e quindi spesso taciuto) le opere in mostra trattano rispettivamente la complicazione iconografica insita nel credo religioso e il rapporto spiritualità/intelletto.

Stefano Canto ha incentrato la sua riflessione sul ruolo dell’immagine nell’ambito religioso e, più specificamente, sulle conseguenze di un uso improprio del simulacro (in primis sul fenomeno, ancora oggi vivo e diffuso, dell’identificazione della divinità con la sua stessa rappresentazione). “I’m sorry for your Buddha”, scultura realizzata con catene di bicicletta assemblate l’una accanto all’altra a comporre un imponente volto di Buddha, riassume metaforicamente questo tipo di condizionamento religioso.

L’opera si ispira ad un episodio verificatosi ad un amico dell’artista durante un soggiorno a Bali (l’involontario danno arrecato ad un altarino domestico approntato all’interno di una bottega). I sentimenti di imbarazzo e colpevolezza scaturiti dall’atto involontario, dimostrano come spesso il credo religioso, qualunque esso sia, tenda ad infondere parallelamente ai sentimenti di pace, rispetto e speranza, anche quelli, in qualche modo incompatibili, di timore, soggezione e disagio. Il Buddha di Stefano Canto, pur mantenendo la tipica posa ieratica e l’espressione ineffabile della divinità, si presenta in una veste del tutto nuova, quanto mai dimessa e terrena (coperta di ruggine anziché d’oro, apparentemente snodabile anziché stabile e inattaccabile): la scultura assume essa stessa il compito di smantellare il pregiudizio che ancora oggi avvolge le raffigurazioni delle divinità e, in generale, appare smentire il ruolo intimidatorio dell’icona religiosa, troppo frequentemente spacciata per fondamentale tramite tra l’uomo e la sua più intima spiritualità.

“Sono due i principali ostacoli alla conoscenza delle cose: la vergogna che offusca l'animo, e la paura che, alla vista del pericolo, distoglie dalle imprese. La follia libera da entrambe. Non vergognarsi mai e osare tutto: pochissimi sanno quale messi di vantaggi ne derivi.”

E’ proprio la follia il modello di religiosità cui invece fa riferimento Alessandro Sarra. L’artista, recuperando da Erasmo da Rotterdam l’ottimistica fiducia nella ragione e l’ispirazione di tolleranza verso ogni religione, identifica la finalità primaria del credo religioso nel compimento di un appagante ed apprezzabile percorso individuale legato all’intelletto, prima ancora che allo spirito. La follia, componente costitutiva dell’animo umano e responsabile dell’esaltazione spontanea e temeraria delle emozioni, è espressa quindi nella sua opera come forma di culto capace di favorire la lucida comprensione dei fatti e una lusinghiera liberazione della ragione. Il segno filiforme, nervoso, preciso ma sempre imprevedibile, che notoriamente costituisce il suo tratto espressivo, diviene nel lavoro realizzato per Two Works, cifra emblematica del ritmo psichico, variabile ed eccentrico, quindi difficilmente compatibile con il disciplinato andamento del ritmo spirituale. I filamentosi percorsi in grafite, che si imprimono in modo quasi impercettibile ma assolutamente indelebile sulla superficie pittorica, appaiono come l’ipotetica traduzione delle libere direzioni che la mente raccomanda di seguire, come i precetti di una dottrina nuova, alternativa. La divinità nel lavoro di Sarra non si identifica quindi con un’icona fissa, riconoscibile e riproducibile, ma con l’idea di spettro che vive e prolifera, in qualità di riflesso ossessivo, in ogni singolo uomo e lo esorta, intimamente e periodicamente, ad una riforma individuale basata sull’esercizio intellettuale.

“Io credo di avere tante statue quanti sono gli uomini che, anche senza volere, mostrano nel volto la mia immagine vivente. Non ho nulla da invidiare agli altri Dei, se vengono venerati chi in un cantuccio della terra chi in un altro, e solo in giorni determinati, come Febo a Rodi, Venere a Cipro, Giunone ad Argo, Minerva ad Atene, Giove sull'Olimpo, Nettuno a Taranto, Priapo a Lampsaco. A me il mondo intero offre senza sosta vittime ben più pregiate.”

(citazioni tratte da: Erasmo da Rotterdam, Elogio della pazzia, 1509)

Emanuela Nobile Mino

Inaugurazione: martedì 10 maggio 2005 18:30

SC02 arte contemporanea
Piazza de' Ricci 127/128
Roma
Orari: lun/sab. 15,30-19,30
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