MettinMostra. Action in progress. L'artista sceglie due frammenti di corpo, il capezzolo e l'ombelico, che da anni esplora in una maniacale e quasi ossessiva ricerca di una forma di organismo unico e complementare, maschile/femminile, pieno/vuoto. L'artista lascia 'parlare' la parte del corpo con commenti, sensazioni, prospettive personali.
MettinMostra. Action in progress
Il capezzolo, l’ombelico…
l’occhio di Manuela Mancioppi
Il corpo, ancora il corpo. Carne, sangue e pelle. Ma davvero il corpo può essere un elemento ancora da scoprire, da guardare, rappresentare, decodificare? Si può ancora investigare la funzione estetica, culturale e concettuale del corpo umano? Non si è, forse, cercato di rivelare, nella tradizione del nudo e dell’anatomia più o meno idealizzata (classica o romantica), così come nella bodyart o nelle cyberperformances, l’essenza autentica, storica e artisticamente universale del corpo? Si, del corpo si parla e si è parlato nell’evolversi delle idee, dell’estetica e nella tradizione storica dell’arte, ma si può ancora esplorare e dire molto di più. Il corpo dell’arte, dell’artista, come della cronaca e della storia, non si potrà mai ignorare, non potrà mai uscire di scena, perché rappresenta l’essenza di noi stessi, della nostra “presenza†nel mondo, del nostro essere per noi e per gli altri. Ed è per questo senso di appartenenza e interiorizzazione dell’essenza del corpo che artisti e artiste contemporanee, come Manuela Mancioppi, sentono la necessità di dire, raccontare, manipolare, decostruire, analizzare il corpo, servendosi di tecniche tradizionali, ma, anche, di recenti tecnologie, come la foto e il video digitale, per comunicare la propria urgente, autentica (a volte anche ambigua e ironica) idea del corpo. Il corpo come arte, l’arte del corpo, il corpo artistico contemporaneo esposto e “messo in mostraâ€.
In questa occasione, Manuela Mancioppi “mette in mostraâ€, appunto, il corpo degli altri, il frammento isolato degli spettatori, che lei definisce, con uno dei suoi amati giochi di parole, “spettattoriâ€, in quanto pubblico che osserva ma che si fa anche attore e protagonista centrale del gioco e del meccanismo estetico-performativo da lei messo in scena.
La scelta dei due frammenti di corpo, il capezzolo e l’ombelico, da anni esplorati in una maniacale e quasi ossessiva ricerca di una forma di organismo unico e complementare, maschile/femminile, pieno/vuoto dell’esistenza, diventa, adesso, una questione di sguardo, un punto di vista “particolare†che da oggetto diventa soggetto dell’opera. Il frammento è l’oggetto osservato dall’occhio dell’artista, attraverso la finestra-mirino della cabina, ma è al tempo stesso soggetto dell’opera, perché immagine espressiva, isolata, decontestualizzata e messa al centro dell’osservazione e dell’â€esposizione†attraverso la foto, la ripresa video (ma anche il disegno e il calco). La funzione dell’artista coincide, dunque, con il suo stesso sguardo, con quell’occhio che osserva, analizza, isola, trasforma, contestualizza.
L’avvicinamento, pertanto, dello sguardo/camera al dettaglio del corpo crea un’invasione totale dell’inquadratura. Il frammento -ombelico o capezzolo- si dilata, assumendo così proporzioni “sovrumane†e forme inaspettate, strane, come distaccate dal senso di interezza del corpo. Il dettaglio non conduce, dunque, ad una perdita di identità dell’individuo-corpo e neppure ad un’indagine voyeuristica della figura organica, ma riporta, bensì, ad una nuova peculiarità , quella di rappresentare il mai veduto, il mai espresso, il frammento come punto di vista “altro†e come mezzo di percezione e di conoscenza più approfondita di noi stessi e della realtà del mondo.
Scriveva Merleau Ponty: «Considero il corpo, che è il mio punto di vista sul mondo, come uno degli oggetti di questo mondo. Rimuovo la coscienza che avevo del mio sguardo come mezzo di conoscenza, tratto i miei occhi come frammento di materia». Dunque lo sguardo dell’artista è solo uno dei mezzi di conoscenza “corporeiâ€, sullo stesso piano delle altre parti del corpo che da oggetti “veduti†diventano, invece, soggetti esposti, significativi, e addirittura “parlantiâ€. Anche in questa “MettinMostraâ€, come negli altri incontri di Manuela Mancioppi con il pubblico (seminari di un’immaginaria e concettuale MM University-Labirinto Nudo), l’artista lascia “parlare†la parte del corpo con commenti, sensazioni, prospettive personali del soggetto ripreso, il quale, poi, attivamente viene invitato a creare “la mostra†con una creazione grafica e con un calco sul proprio ombelico e/o capezzolo. La parte per il tutto, un tutto armonico che è l’esterno e l’interno del corpo, proprio come il capezzolo/esterno/estroflesso e l’ombelico/interno/interiore.
E avevamo già visto Manuela, attraverso quaesto tema, creare interazione tra pubblico e opera con il suo “IMPERMEABITO-ABILE†o con la “SKIN-BOARDâ€, con il mazzo di carte giganti “quatre sens†o con “messageinthebottleâ€.
“MettinMostra†è ancora una volta, coerentemente con la sua ricerca artistica che tanti legami affettivi ha con Duchamp o con la Body art, un lavoro concettuale e divertente, un approccio ironico ma profondo e partecipato, un’esperienza viva e in movimento, un’investigazione sul corpo che crea curiosità , interesse, azione, dissacrazione dell’arte e della sua aura.
Fiorella Nicosia
A cura di Claudio De Paolis
Inaugurazione: martedì 17 Maggio 2005 dalle ore 15 alle ore 18
Accademia di Belle Arti di Firenze
via Alfani 58 - Firenze