Accademia di Belle Arti
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Manuela Mancioppi
dal 16/5/2005 al 17/5/2005

Segnalato da

Manuela Mancioppi




 
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16/5/2005

Manuela Mancioppi

Accademia di Belle Arti, Firenze

MettinMostra. Action in progress. L'artista sceglie due frammenti di corpo, il capezzolo e l'ombelico, che da anni esplora in una maniacale e quasi ossessiva ricerca di una forma di organismo unico e complementare, maschile/femminile, pieno/vuoto. L'artista lascia 'parlare' la parte del corpo con commenti, sensazioni, prospettive personali.


comunicato stampa

MettinMostra. Action in progress

Il capezzolo, l’ombelico…
l’occhio di Manuela Mancioppi

Il corpo, ancora il corpo. Carne, sangue e pelle. Ma davvero il corpo può essere un elemento ancora da scoprire, da guardare, rappresentare, decodificare? Si può ancora investigare la funzione estetica, culturale e concettuale del corpo umano? Non si è, forse, cercato di rivelare, nella tradizione del nudo e dell’anatomia più o meno idealizzata (classica o romantica), così come nella bodyart o nelle cyberperformances, l’essenza autentica, storica e artisticamente universale del corpo? Si, del corpo si parla e si è parlato nell’evolversi delle idee, dell’estetica e nella tradizione storica dell’arte, ma si può ancora esplorare e dire molto di più. Il corpo dell’arte, dell’artista, come della cronaca e della storia, non si potrà mai ignorare, non potrà mai uscire di scena, perché rappresenta l’essenza di noi stessi, della nostra “presenza” nel mondo, del nostro essere per noi e per gli altri. Ed è per questo senso di appartenenza e interiorizzazione dell’essenza del corpo che artisti e artiste contemporanee, come Manuela Mancioppi, sentono la necessità di dire, raccontare, manipolare, decostruire, analizzare il corpo, servendosi di tecniche tradizionali, ma, anche, di recenti tecnologie, come la foto e il video digitale, per comunicare la propria urgente, autentica (a volte anche ambigua e ironica) idea del corpo. Il corpo come arte, l’arte del corpo, il corpo artistico contemporaneo esposto e “messo in mostra”.
In questa occasione, Manuela Mancioppi “mette in mostra”, appunto, il corpo degli altri, il frammento isolato degli spettatori, che lei definisce, con uno dei suoi amati giochi di parole, “spettattori”, in quanto pubblico che osserva ma che si fa anche attore e protagonista centrale del gioco e del meccanismo estetico-performativo da lei messo in scena.

La scelta dei due frammenti di corpo, il capezzolo e l’ombelico, da anni esplorati in una maniacale e quasi ossessiva ricerca di una forma di organismo unico e complementare, maschile/femminile, pieno/vuoto dell’esistenza, diventa, adesso, una questione di sguardo, un punto di vista “particolare” che da oggetto diventa soggetto dell’opera. Il frammento è l’oggetto osservato dall’occhio dell’artista, attraverso la finestra-mirino della cabina, ma è al tempo stesso soggetto dell’opera, perché immagine espressiva, isolata, decontestualizzata e messa al centro dell’osservazione e dell’”esposizione” attraverso la foto, la ripresa video (ma anche il disegno e il calco). La funzione dell’artista coincide, dunque, con il suo stesso sguardo, con quell’occhio che osserva, analizza, isola, trasforma, contestualizza.

L’avvicinamento, pertanto, dello sguardo/camera al dettaglio del corpo crea un’invasione totale dell’inquadratura. Il frammento -ombelico o capezzolo- si dilata, assumendo così proporzioni “sovrumane” e forme inaspettate, strane, come distaccate dal senso di interezza del corpo. Il dettaglio non conduce, dunque, ad una perdita di identità dell’individuo-corpo e neppure ad un’indagine voyeuristica della figura organica, ma riporta, bensì, ad una nuova peculiarità, quella di rappresentare il mai veduto, il mai espresso, il frammento come punto di vista “altro” e come mezzo di percezione e di conoscenza più approfondita di noi stessi e della realtà del mondo.
Scriveva Merleau Ponty: «Considero il corpo, che è il mio punto di vista sul mondo, come uno degli oggetti di questo mondo. Rimuovo la coscienza che avevo del mio sguardo come mezzo di conoscenza, tratto i miei occhi come frammento di materia». Dunque lo sguardo dell’artista è solo uno dei mezzi di conoscenza “corporei”, sullo stesso piano delle altre parti del corpo che da oggetti “veduti” diventano, invece, soggetti esposti, significativi, e addirittura “parlanti”. Anche in questa “MettinMostra”, come negli altri incontri di Manuela Mancioppi con il pubblico (seminari di un’immaginaria e concettuale MM University-Labirinto Nudo), l’artista lascia “parlare” la parte del corpo con commenti, sensazioni, prospettive personali del soggetto ripreso, il quale, poi, attivamente viene invitato a creare “la mostra” con una creazione grafica e con un calco sul proprio ombelico e/o capezzolo. La parte per il tutto, un tutto armonico che è l’esterno e l’interno del corpo, proprio come il capezzolo/esterno/estroflesso e l’ombelico/interno/interiore.
E avevamo già visto Manuela, attraverso quaesto tema, creare interazione tra pubblico e opera con il suo “IMPERMEABITO-ABILE” o con la “SKIN-BOARD”, con il mazzo di carte giganti “quatre sens” o con “messageinthebottle”.

“MettinMostra” è ancora una volta, coerentemente con la sua ricerca artistica che tanti legami affettivi ha con Duchamp o con la Body art, un lavoro concettuale e divertente, un approccio ironico ma profondo e partecipato, un’esperienza viva e in movimento, un’investigazione sul corpo che crea curiosità, interesse, azione, dissacrazione dell’arte e della sua aura.
Fiorella Nicosia

A cura di Claudio De Paolis

Inaugurazione: martedì 17 Maggio 2005 dalle ore 15 alle ore 18

Accademia di Belle Arti di Firenze
via Alfani 58 - Firenze

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