Massenzio Arte
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Elisabetta Diamanti
dal 20/10/2005 al 29/10/2005
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Segnalato da

Fabio Russo



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Elisabetta Diamanti



 
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20/10/2005

Elisabetta Diamanti

Massenzio Arte, Roma

Causa et ratio. Osservando le incisioni dell'artista si avverte la tensione tra logica e liberta' dell'immaginazione. Presenze organiche, conformazioni ancestrali ed unita' biologiche su fondi indeterminati affiorano per tramutarsi in forme piu' complesse e imprecisabili.


comunicato stampa

Causa et ratio

Elisabetta Diamanti nasce a Roma dove attualmente vive e lavora. La sua formazione incisoria inizia nell'ambito dell'Accademia di Belle Arti di Roma con il Prof. G. Strazza e presso l'Istituto Nazionale per la Grafica in Roma con una specializzazione nella tecnica di ''bulino'' con il Prof. J.P. Velly. Partecipa ai Worksessions di incisione calcografica presso il Centrum voor Grafick Frans Masereel - Kasterlee (Belgio) dal 1997. Nell'ambito del programma ''SOCRATES'' tiene un Workshop di incisione all'Ecole Régional de Beaux Arts de Nantes “la scrittura memoria degli uomini'' nell'aprile 1998 e nella primavera del 1999 alla facoltà di Belle Arti di Bilbao presso l'Università dei Paesi Baschi sul tema ''frottage, analisi ed applicazioni specifiche su pietra litografica e lastra di metallo''. Nel giugno 2000 svolge un seminario sul tema: ''Pavimenti cosmateschi della basilica inferiore di Castel S. Elia nella Tuscia'' alla facoltà di Belle Arti dell'Università di Granada.

Nell'estate 2004 partecipa ad un Atelier collectif alla Cité Internazionale des Arts a Parigi. Ha insegnato Incisione alla Scuola Ornamentale S. Giacomo del Comune di Roma dal 1996 al 2002. Insegna all'Accademia di Belle Arti di Viterbo Incisione e Stampa dal 1996. Dal 1995 approfondisce il rapporto matrice-supporto-forma con la creazione di libri d'Artista in edizioni limitate e con l'utilizzo di carte hand-made. Ha esposto m nove mostre personali ed ha partecipato continuativamente alle piú importanti esposizioni nazionali ed internazionali di incisione in Polonia, Spagna, Finlandia, USA, Belgio, Francia, Svizzera. Le sue opere si trovano in molte collezioni pubbliche e private tra le quali: Civica Raccolta Bertarelli di Milano, Gabinetto delle Stampe Antiche e Modeme di Bagnacavallo, Istituto Nazionale per la Grafica di Roma, Archivio Sapporo International Print Biennal,Japan.

Osservando le opere di Elisabetta Diamanti avvertiamo la delicata tensione che opera tra la logica e la libertà dell'immaginazione. Presenze organiche, conformazioni ancestrali ed unità biologiche su fondi indeterminati affiorano per tramutarsi in forme più complesse e imprecisabili, in immagini dall'energia intrinseca. Gli elementi compositivi si sovrappongono in un variare di rapporti e ciò che trasmettono é il senso di uno spazio non delimitato, di non una profondità non prospettica né sequenziale, ma simultanea e compresente. II punto focale scivola nella successione ritmica della luce che si libera agganciando e bilanciando i segni. Questi ultimi sciolgono il loro potenziale descrittivo e, procedendo quasi a ritroso, sembrano scoprire nel nucleo grafico - prima ancora che un'immagine - il valore generativo che conduce all'atto creativo. L'interesse per il segno e le sue conformazioni diviene infatti per Elisabetta indagine per addentrarsi nel il momento primario dell'espressione artistica. La forma può nascere da un impulso cosciente o meno razionale, ma non sfocia in una preoccupazione naturalistica: il punto non é il rapporto con il fenomeno naturale, ma ciò che esso evoca e la struttura, la forma, il ritmo con cui trapassa negli inchiostri, nelle punte e negli aghi delle tecniche calcografiche. Cosi i gusci che proteggono e generano vita - i cocoon - e le parti nascoste ai nostri occhi che delimitano il corpo degli insetti - gli addomi - diventano nelle texturizzazioni del bianco e nero visioni emotive, smarrimento di un tempo, evocazione di una dimensione altra.

Questa qualità lirica si acuisce negli stimmi, negli stami, nei pistilli o nelle impronte lasciate dalle foglie nella ceramolle dove gli elementi morfologici si essudano in forme primarie dalla spazialità ambigua, espansa nei bagliori e nelle ombre del bianco e nero. Nelle ultime opere questo contrasto tra massima intensità della luce e la sua negazione, cede il posto ad interventi cromatici. II colore abbandona però le scorie e le suggestioni facili del tonalismo, per restituirci immagini calde, terrose in cui l'operazione ''chirurgica'' dell'artista ci conduce nuovamente in un mondo in cui le forme si sottraggono ad una verbalizzazione concettuale per esprimersi in nuovi ambiti immaginativi.Arianna Mercanti

C'é sempre un perché del segnare che, portato al limite, si risolve in due risposte: si fanno segni per comunicare, o per scoprire nel segno quello che astrattamente ed emotivamente pensavamo, ma in realtà non sapevamo come esprimere e comunicare. Le due risposte non si elidono. Si confondono anzi l'una nell'altra, come immerse insieme nell' ambiguità del rapporto tra esprimere e comunicare. E questo mette m chiaro che c'é una terza, vera risposta: quella che riconosce nella doppiezza del segno il fondamento del suo essere pienamente significante. Quando, cioè, la sua ambiguità si risolve nella compiuta (credibile) unicità di una forma. Accenno a queste cose perché qui si muove l'arte e qui, con leggerezza e sicurezza, si muove Elisabetta Diamanti. La sua mano corre sulla lastra come per ''lasciarsi accadere''; anche se a volte chiama i suoi segni con un nome: per esempio insetti, forse perché anche loro schizzano via veloci senza preannunciare dove andranno a parare, lasciando, a ragion veduta, un interrogativo sempre aperto. Come é naturale che sia quando non si vuol descrivere nulla, ma solo (perché é questo che conta), farsi accadere nel mondo - e raccontarlo - sempre in sospeso su di una conclusione che non c'é. Per farlo con naturalezza e credibilità occorre buona tecnica, ma ancor più, dominandola, occorre saperla saltare a piè pari. Con la testa prima che con le mani, se no addio insetti, addio farsi del mondo, addio ''bellezza'' del segno. Ed Elisabetta mostra di sapere molto bene come interrogare i suoi segni e interrogarsi e aprirsi ai loro (suoi, nostri) orizzonti. Guido Strazza

Associazione Culturale Massenzio Arte
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