Restera' aperta fino al 21 gennaio allo Studio Tommaseo di Trieste la personale a due di Ferruccio Bortoluzzi e Roberto Kusterle. L'esposizione presenta per la prima volta insieme i due artisti in un originale dialogo artistico. Le particolari caratteristiche dei rispettivi, diversissimi, lavori assumono infatti nel contesto della mostra un forte senso di coesione e una unicita' "ancestrale" di racconto che richiama la dimensione sacra dell'uomo.
Resterà aperta fino al 21 gennaio allo Studio Tommaseo di Trieste la personale a due di Ferruccio Bortoluzzi e Roberto Kusterle. L'esposizione che si può visitare in via del Monte 2/1 con orario feriale 17-20, presenta per la prima volta insieme i due artisti in un originale dialogo artistico. Le particolari caratteristiche dei rispettivi, diversissimi, lavori assumono infatti nel contesto della mostra un forte senso di coesione e una unicità "ancestrale" di racconto che richiama la dimensione sacra dell'uomo.
Ferruccio Bortoluzzi, maestro salito agli onori della cronaca negli anni cinquanta e recensito negli anni sessanta da Umbro Apollonio, G.C. Argan, Giuseppe Marchiori, Marco Valsecchi, Lara Vinca Masini - solo per fare alcuni nomi dei maggiori critici del periodo -, ha al suo attivo prestigiose mostre in ambito internazionale tra le quali merita ricordare la Biennale di Venezia e quella di San Paolo del Brasile, la Trigon di Graz, la Quadriennale di Roma. Passando, per forza di generazione, fra un versante informale ed un versante strutturalista l'artista veneziano è conosciuto per il recupero e l'assemblaggio delle scorie, relitti consunti e corrosi, con i quali crea densi reperti di esistenza dai colori bruni e terrosi.
Roberto Kusterle invece approda alla fotografia alla fine degli anni ottanta ed essa diventa il mezzo preferito per la sua esplorazione artistica del corpo e delle sue deformazioni e mutazioni visive e persino delle sovrapposizioni di senso che ad una medesima "icona" possono essere associate: l'artista goriziano tratta infatti questa materia "come se un'immagine, eccessivamente carica e pregna di segnali, fosse impossibilitata ad essere assorbita dallo sguardo" (S. Zannier). La sua fotografia è molto realistica e scura, virata, quasi monocroma, inclusa in resine colorate assieme a veri frammenti della realtà ... Significativa in questo senso l'opera fotografica di grande formato che esporrà a Trieste, la "Sacra tovaglia", realizzata nel 1997 ed ispirata ad una reliquia, una stretta fascia di tessuto macchiato, conservata nel Duomo di Valvasone.