Teatro Arsenale
Milano
via Cesare Correnti, 11
02 8321999 FAX 02 8375896
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Boxando Boxando
dal 29/1/2001 al 11/2/2001
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Segnalato da

Maria Eugenia d'Aquino




 
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29/1/2001

Boxando Boxando

Teatro Arsenale, Milano

Polemos: la guerra, la discordia. In questa sua commedia Lamberti fa della polemica e della polemologia. Polemica (nel senso alto del termine), perche' l'allegoria che percorre il testo tutto e' un'allegoria critica che punta il dito contro il male: malaffari, malgoverni, etc. Polemologia, perche' questa scena, e i personaggi che la calcano, sembrano vivere dello scontro, nello scontro, per lo scontro.


comunicato stampa

Di Angelo Lamberti

Regia, scene e costumi: Mattia Sebastiano. Musiche: Giampiero Marazza eseguite da Raphsodia Trio Con Claudia Lawrence, Benedetta Laurà, Marino Campanaro, Christian Di Domenico, Lorenzo Marangon Produzione Centro Attori. In collaborazione con Fondazione Carlo Terron-Sipario.

Prima nazionale.

Polemos: la guerra, la discordia. In questa sua commedia Lamberti fa della polemica e della polemologia. Polemica (nel senso alto del termine), perchè l'allegoria che percorre il testo tutto è un'allegoria critica che punta il dito contro il male: malaffari, malgoverni, etc. Polemologia, perchè questa scena, e i personaggi che la calcano, sembrano vivere dello scontro, nello scontro, per lo scontro.

E la guerra emerge come l'essenza stessa del vivere civile. La lotta come regola del vivere comune, in una guerra di tutti contro tutti in cui l'asse dei valori (la guerra santa o giusta) non solo si capovolge o si nega, ma perde senso, poichè solo il combattere ha senso per se stesso.

Estremamente plastico, dinamico, il ring lambertiano in cui si pratica la boxe della vita: è sala per conferenze, teatro, aula scolastica, pulpito, palcoscenico. Schermo sul quale la fauna di Boxando, di dubbia moralità e sempre al di sotto di ogni sospetto, proietta le proprie inseparabili speranze, deludenti delusioni, avide ambizioni e lubriche tentazioni. Moralità dubbia, perchè l'appello alla scala dei valori è insensato come la scala stessa. Insensato come il gesto di liberare il calabrone dal supplizio di sbattere la testa contro il vetro per uscire.
"Una volta fuori di qui sbatterebbe di nuovo la testa per rientrare". Al di sotto di ogni sospetto, perchè la girandola di sfruttamenti perversi, propensioni incestuose, amori proditori e clandestini, interessi inconfessabili, non salva nessuno. Non si salva Ausonia (antico nome dello stivale), depredata di tutto e di più, e specialmente da chi più si mostra premuroso verso di lei. Non si salva Vespasiano, suo marito, il manager del ring, patetico nella sua monomania pugilistica: la sua idee fixe è la quintessenza della polemologia, il delirio di onnipotenza che lo scuote è quello di trasformare un uomo (ogni uomo), questa ridicola, modesta creatura, in un pugile.

Non si salvano i loro tre figli: Pisacane, pugile suonato, buono solo a combattere con i ricordi: Toti che vuole trasformare il ring in uno speaker's comer da cui pontificare; Oberdan, l'intellettuale, o pseudo tale. Il teatrologo, che - schifiltoso nei confronti del sudore e della fatica maschia - pensa al ring come un teatro, senza accorgersi che non è sublimando il pugno nella parola (o nel gesto che mima un pugno) che riuscirà ad uscire da Polemos, che anche il teatro è rappresentazione di contrasti, è guerra. Non si salva Max Feller, che - come ci dice Lamberti - palesa una inequivocabile attitudine al comando, e al saccheggio e alla pirateria. Nè si salva Milada, la moglie di Pisacane, la Seduzione, l'eterno femminino, lo specchio delle brame di tutti, la sfruttante sfruttata, il mondo nella forma del desiderare.

Sarebbe perlomeno ovvio, una volta stabilita l'equazione Ausonia = Italia, giocare alle figurine e dedurre chi si nasconde dietro ai pesonaggi Lambertiani. Lasceremmo volentieri questo gioco a chi, sperso di fronte agli infiniti sensi di un teatro, ama ridurlo ad un quadretto della situazione politica attuale. Molto più inquietante, invece, sarebbe Boxando Boxando, se rivelasse - come credo possa fare - l'universalità della condizione umana, troppo umana che mette in scena. D'altra parte, "perchè proprio a un pugile? Perchè soltanto così si potrà dare alla nostra storia motivo di continuare".

Teatro Arsenale - via Cesare Correnti 11 - Milano - Tel. 02 8321999

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