Immagine Nea
Napoli
Via Salvator Rosa

La Citta' del Sole
dal 12/1/2001 al 28/1/2001
0338 870079

Segnalato da

Mimmo Longobardi



approfondimenti

Giuseppe Antonello Leone



 
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12/1/2001

La Citta' del Sole

Immagine Nea, Napoli

Personale dell'artista Giuseppe Antonello Leone alla Galleria Immagine Nea alle ore 18 a cura di Ugo Piscopo segnalata da Litomuseum ass. cult. Maratea. Graffiti delle pareti orientali.


comunicato stampa

Graffiti delle pareti orientali della Città del Sole

La Città del Sole, come è noto, è abitata dall’Utopia, che significa 'senza luogo' e, in quanto tale, dovrebbe evitare di avere una sua residenza privilegiata, per non accrescere in maniera insostenibile le contraddizioni (e gli ossimori) della storia. Comunque, le aporie (di qualunque natura) sono nella/della storia.
Possiamo persino volgere le spalle all’utopia, come un grande avvenimento postergato, a riscontro della storicità di tutto ciò che è. Il Novecento e il moderno, ad esempio, a dispetto delle loro puntuali e totali proiezioni 'en avant', ormai, nel bene e nel male, viaggiano nella valigia del passato. Ciò, tuttavia, non significa che i conti siano saldati col Novecento, perché oggi non saremmo quelli che siamo senza questo secolo travolgente, rapinoso, dissacratore e terroristico. Senza i suoi spostamenti di asse dal fatto al fare, senza i suoi smantellamenti delle gerarchie, senza le scoperte della comunicazione dell’incomunicabilità. Senza le detimificazioni esemplari dei valori consolidati. Senza i recuperi e le risignificazioni del basso, del degradato, del precario. Senza le contaminazioni, creativamente germinanti, dei linguaggi.
Qualche libertà, però, rispetto alle codificazioni oggettivamente dittatoriali di questo secolo, ce la cominciamo a prendere. Come riguardo alla messa in mora, consapevole o inconsapevole, di tanti personaggi enfaticamente citati ed esibiti come maestri. Come riguardo alle interrogazioni che si stanno cominciando a porre riguardo a posizioni e ad autori tenuti nell’ombra. Come soprattutto in margine a ipotesi estetologiche e antropologiche di maggiore flessibilità. Non si vuole essere ingenerosi verso il Novecento. Esso, certamente, è stato liberatorio e libertario come nessun altro secolo precedente. Ma è anche vero che alcune prospettive di libertà, nel dettato e nell’applicazione, sono diventate cogenti e coattive, hanno introdotto vere e proprie rigidità. Si è prospettata e praticata una libertà coatta. Forse anche perché l’uso del dono della libertà non è senza limiti.
Tra gli effetti indotti in negativo c’era, c’è ancora, il timore diffuso di essere poeti, pittori, musicisti in pienezza di concetto e di agibilità, per le assunzioni di responsabilità intellettuali e per l’esigenza di confrontarsi con dimensioni critiche taglienti e dominanti.
Contro questa ipercriticità frontale e incombente, già da qualche anno si viene cercando riparo in spazi di autonomia e di valorizzazione della soggettività, che sa di dover dialogare e interagire, in un contesto di complessità, con spinte, pulsioni, suggestioni di varia provenienza, irriducibili a un’interpretazione unica e a un modello disegnato una volta per sempre. All’interno di tale clima, di allentamento delle coazioni e di potenziamento degli inalienabili diritti dell’immaginario, Giuseppe Antonello Leone, che da una vita si muove significativamente in anticipo su scelte, comportamenti, tendenze che poi si storicizzano, prende energicamente posizione come pittore full time, senza scampo.
Da un paio di mesi, come per effetto di un vulcanesimo dirompente, ha preso ad affrescare le pareti orientali della Città del Sole, quelle che per prime ricevono il messaggio della luce, che nell’alba si accendono di iridescenze e di bagliori stranianti. Su una soglia di albalità dilagante e debordante, sulle pareti incontaminate e stupefacenti di questa città, che ambisce al titolo di città per eccellenza, Leone dipinge la luce con orgoglio primigenio, a sfida della luce che già c’è. Perché la luce non basta mai, non tanto all’occhio, quanto alla vista anteriore nostalgica e assetata di altra chiarità, di cui portiamo labili tracce nel biologico.
L’operazione avviata nello scorcio ultimo del Duemila dal giovanissimo ottantenne Leone potrebbe essere sintetizzata in quelle due parole che la leggenda attribuisce come estreme a Goethe: 'Mehr Licht'. Egli si è accinto a sfogliare col bisturi nello splendore del mattino per cercare innervazioni di altro splendore, dove i colori, più che apparire, si lasciano cogliere per sospetti e riti augurali; dove la dialettica cromatica gioca fondamentalmente la sua posta su tavolo della dissolvenza.
E’ la riscoperta del piacere della pittura, che scioglie i nodi delle aporie e delle separatezze, che, quindi, si affaccia su un nuovo orizzonte di libertà dove i valori non si certificano per autoreferenzialità e rinvii all’ancestralità, ma si sostanziano di trame narrative soffertamene allusive del presente e di trasparenze di pensiero, che accende vibrazioni luministiche, ma ha anche un suo filo rosso, come quel filo da graffito unico aggiratesi nella vicenda pittorica.
In tale operazione si comprendono tutti gli elementi che mancano lo stacco da un’epoca e l’inizio di una Rinascita.
Ugo Piscopo

Immagine Nea - Via Salvator Rosa - Napoli - Tel 0338.870079

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