Associazione Juliet
Trieste
via Madonna del Mare 6
040 313425

Tre artisti
dal 6/2/2001 al 28/2/2001

Segnalato da

Juliet




 
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6/2/2001

Tre artisti

Associazione Juliet, Trieste

Karin Andersen, Luigi Mastrangelo e Gianni Pedulla'. Le differenti proposizioni delle opere qui esposte, pur rivelando numerosi aspetti in comune, convergono dopotutto sul senso e il gusto per la pittoricita', anche se di fatto soltanto Luigi Mastrangelo e' rimasto fedele a un fare pittorico di tipo 'tradizionale'. La mostra e' a cura di Roberto Vidali.


comunicato stampa

In mostra presso lo spazio promozionale della rivista JULIET (in via Madonna del Mare 6, a Trieste) dal 18 gennaio, tre artisti ascrivibili al panorama culturale bolognese e, specificatamente alle associazioni C Voltaire e Campo delle Fragole, associazioni di cui furono fondatori agli inizi degli anni Novanta. Si tratta di: Karin Andersen, Luigi Mastrangelo e Gianni Pedullà.

Le differenti proposizioni delle opere qui esposte, pur rivelando numerosi aspetti in comune, convergono dopotutto sul senso e il gusto per la pittoricità, anche se di fatto soltanto Luigi Mastrangelo è rimasto fedele a un fare pittorico di tipo 'tradizionale'. Nei suoi dipinti vive, infatti, sin dagli esordi l'evocazione iconografica della storia dell'arte filtata per mezzo di raffigurazioni fantastiche di personaggi leggendari ed eroici o di divinità dell'oriente e dell'occidente che assumono la fisionomia dell'artista, come in una sorta di autoritratto infinito. La proiezione del proprio Io, attraverso i tratti somatici e la prestanza di un corpo denudato, insegue un edonismo sia nei temi sia nei modi dell'opera d'arte: lo sfavillio di ori e argenti, la leziosità liberty nel disegnare motivi floreali riccamente disseminati di frutti in concomitanza con il pullulare di una fauna assai variegata, sospendono la scena in una dimensione onirica seguendo un'euritmia che non è azzardato definire orfica. Le squillanti cromie - a tratti acide - fanno, infatti, da contrappunto a scenari idilliaci, quasi edènici, ma in egual misura allucina(n)ti, debitori di certa cultura psichedelica. Non a caso, lo stesso Mastrangelo, rivendica, per propria ammissione, una suggestione del colore simile alla musica, una musica che affonda le sue radici nella cultura dei '60 e '70, fertile periodo da cui poter attingere la fascinazione per l'esotismo e il mistero, come pure l'iconicità della rappresentazione molto vicina al fumetto...

Su un altro piano si fissa invece la pittura di Karin Andersen. Volendo travisare l'espressione di Achille Bonito Oliva secondo cui "l'artista è un errore biologico" troveremo nelle opere di questa pittrice un tentativo di metamorfosi: un'ipotetica evoluzione atta alla sopravvivenza della specie umana nel suo ibridarsi con razze animali. L'icasticità delle sue immagini, frutto di un sapiente mix-media (una fusione di pittura, fotografia ed elaborazione digitale), preleva in modo oggettivo la figura umana per proiettarla in micro-eventi/situazioni dove le varie antropomorfie (più correttamente diremo zoomorfie) sono messe in corrispondenza con avvenimenti della vita, talora appartenenti al presente e al suo immediato passato, sempre venati da una sottile ironia e dal piacere per la citazione che abbraccia in particolare l'area cinematografica e musicale. Oltre al mascheramento del proprio aspetto, che induce all'errore sull'identità, la sorprendente fantasmagoria e l'inesauribile inventiva di Andersen mette in contatto l'assurdo (il potenziale espresso dall'ingegneria genetica) con l'etica, sul piano della creatività, liquidando ogni contrasto e adducendo, anzi, a un sincretismo sino a oggi osteggiato.
Infine, il lavoro di Gianni Pedullà, la cui attuale ricerca accentra il proprio interesse sulla struttura del dittico, indagando la (duplice) superficie bidimensionale su cui interviene manualmente nei termini di una naturale prosecuzione/proliferazione del recupero di tessuti, textures prestampate. Il ricorso a decorazioni precostituite, riqualificate dalla scelta e dal presunto intervento del nostro, funge da "alibi" alla realizzazione dei fondali, consentendo alle immagini una libertà di associazione e di pensiero attraverso un modo particolarissimo di condurre la linea, un modo fluido e sinuoso, in grado di tratteggiare con pochi ma significativi tocchi di pennello fisionomie animali o umane. E, sebbene queste ultime possano apparire sgraziate, non rispondendo di fatto a proporzioni auree né a precisi canoni stilistici, convergono verso accurati accorgimenti ottici volti a esaltare l'aspetto erotico e voyeuristico dei diversi personaggi. Ponendo in antitesi la figurazione all'astrazione dei decori industriali (ovvero mettendo in discussione l'effettiva partecipazione del Nostro in relazione all'impiego di materiali extra-pittorici, se non addirittura ultra-pittorici) il dittico offre all'autore un ulteriore campo d'indagine tale da permettergli un costante rinnovamento di un tema forse tra i più cari alla sua poetica: quello dello sdoppiamento, nato con la serie dei gemelli e qui visto alternativamente come diversità/analogia strutturale.

La mostra, curata da Roberto Vidali, chiuderà alla fine di febbraio. Orario di visita: ogni martedì dalle ore 18 alle 21.

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