Centro Culturale Cascina Grande
Rozzano (MI)
via Togliatti
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Enrico Cattaneo
dal 24/3/2006 al 11/4/2006

Segnalato da

Gianni Maffi



approfondimenti

Enrico Cattaneo



 
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24/3/2006

Enrico Cattaneo

Centro Culturale Cascina Grande, Rozzano (MI)

La rarefazione del racconto. La sequenza fotografica della Vita-Mayer (1980) nasce dall’esigenza documentaristica di eseguire un reportage sulla situazione dello stabilimento abbandonato; Cattaneo subisce il fascino del luogo industriale traducendolo in un nuovo stimolante paesaggio.


comunicato stampa

La rarefazione del racconto

Due fabbriche, due aree industriali dismesse ed abbandonate, con i loro macchinari, le loro strutture, la loro decadenza: la cartiera Vita-Mayer di Cairate e la fabbrica della Magneti Marelli di Milano. L’atelier di un artista, una giungla di opere, appunti, disegni, oggetti abbandonati, sculture finite, opere in lavorazione: lo studio di Alik Cavaliere.
Questi tre ambienti, questi tre luoghi, o non luoghi se li pensiamo come lontani dalla nostra quotidiana esperienza di vita, magari solo sfuggevoli fantasmi che sfiorano la nostra quotidianita', diventano i presupposti per il racconto di tre storie, di tre vicende che, nel percorso artistico di Enrico Cattaneo, finiscono nel confluire in un solo, unico racconto, di cui questa mostra cerca di riportarne la suggestione della storia.

La sequenza fotografica della Vita-Mayer (1980) nasce dall’esigenza documentaristica di eseguire un reportage sulla situazione dello stabilimento abbandonato; Cattaneo, che gia' dagli anni ’50 con la fotografia raccontava la periferia cittadina, subisce il fascino del luogo industriale traducendolo in un nuovo stimolante paesaggio, in cui i suoi occhi e i suoi scatti vanno alla ricerca dello sconosciuto, del sommerso, del trascorso. Il lavoro sullo studio di Alik Cavaliere (1985) e' costituito da una serie di fotografie che non solo ritraggono l’ambiente, ma colgono l’essenza dell’opera dello scultore suo grande amico.

L’opera d’arte si mischia e contamina con il mondo attorno: l’ambiguita' delle sculture con il reale fa dubitare della realta' stessa. Nelle foto di Cattaneo si confondono quindi il vero con il falso, la natura con la scultura e viceversa. Il dato oggettivo non e' piu' tale e la sicurezza di fronte a cio' che si vede cade o e' messa fortemente in discussione. Per la Magneti Marelli (1995), si ritorna ad un lavoro propriamente documentaristico ma che risente dell’esperienza di Cattaneo, della sua vita, degli incontri, del lavoro intercorso, delle strette collaborazioni con i piu' importanti artisti contemporanei.

Ecco allora che i dettagli dei macchinari e dei luoghi industriali (Vita-Mayer), stimolati dall’ambiente di uno scultore, in cui un capannone e i suoi oggetti incontrano e si contaminano con le opere d’arte (lo studio di Alik Cavaliere), finiscono con il trovare un’autonomia narrativa nel piu' recente lavoro sullo spazio industriale (Magneti Marelli). Le aree cadenti, nello sfascio dell’abbandono, lasciano emergere opere di Staccioli, di Pardi, di Colombo, di Varisco, di Cavaliere… Opere invisibili, tradotte dall’occhio attento di Cattaneo che ora vuole raccontarci anche altre storie.

I tre lavori fotografici costituiscono cosi' un percorso attraverso il quale avviene la rarefazione del racconto inizialmente concepito: l’invisibile inizia ad emergere e la storia si astrae in un segno. Segno marcato in una proliferazione misurata e attenta di icone simboliche che parlano d’altro: della vita di Cattaneo, degli amici artisti, delle loro opere, della nostra capacita' di saperle leggere.

Cattaneo non interviene mai aggiustando la scena, manipolando l’ambiente, ritoccando o distorcendo elementi del contesto in cui si trova; non opera come in un set cinematografico in cui allestire una scenografia. Lascia il luogo intatto, dove tutto e' ready made. Con tutti gli stimoli che le presenze e le assenze, le mancanze e le sovrabbondanze, riflettono. Si limita solo a raccontare: e' regista della narrazione. Guida il racconto circoscrivendo i capitoli del suo romanzo in fotografie che si esplicitano attraverso le suggestioni che l’artista (sarebbe ingiustamente riduttivo definire Cattaneo solo come fotografo) recupera progressivamente addentrandosi nei diversi ambienti.

Capta l’essenza di cio' che lo circonda che, con la sua personale esperienza, puo' quindi diventare un nuovo racconto non solo di quel luogo specifico ma anche di se' stesso. Da documentarista diventa prosatore della sua esperienza, della sua vita: racconta una parte di se' che intimamente e romanticamente si traduce anche nella nostra conoscenza, nella nostra storia.
Forse allontanandosi dal racconto intrapreso Cattaneo inizia quello vero. Non rimane che ascoltarlo, affascinati. Il racconto, ora rarefattosi, distrae l’attenzione dalla realta' o, meglio, la stravolge. Ma forse e' proprio cosi' apparentemente stravolta che la realta' appare piu' chiara e raccontabile. - Matteo Galbiati

Centro Culturale Cascina Grande
via Togliatti - Rozzano (MI)

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