Cicognani Galerie
Koln
Julicher Strasse, 10
+49-(0)221-938 73 54 FAX +49-(0)221-938 73 54
WEB
Due mostre
dal 30/3/2006 al 21/4/2006
Lunedi' - Venerdi': 10-12, 14-18, Sa.: 12-16

Segnalato da

Cicognani Galerie


approfondimenti

Beatrice Pasquali



 
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30/3/2006

Due mostre

Cicognani Galerie, Koln

Beatrice Pasquali: In mostra dipinti e modellazioni in cera che si soffermano su frammenti decontestualizzati. Martin Borner: I suoi dipinti si interrogano sul significato della forma come luogo di esperienza, diretta a riflettere sul tempo.


comunicato stampa

Beatrice Pasquali

La prima riflessione che nasce davanti alle opere di Beatrice Pasquali riguarda il concetto di leggerezza, nel senso piu' preciso di assenza di gravita' e insieme di una modalita' di approccio, due caratteristiche sono costanti nel suo lavoro. Leggero e' l’effetto del materiale che l’artista spesso utilizza quando modella o costruisce - la cera, le essenziali gabbiette di metallo - ma altrettanto lievi sono le sue immagini dipinte, sia grazie alla precisione analitica della descrizione, che per i risultati compositivi ottenuti. I riferimenti alle tradizioni pittoriche quattrocentesche italiana e fiamminga sono fondamentali per questa pittura sostanzialmente puntata ad una visione lenticolare del frammento, che isola i particolari - una testa di monaco, una gamba fasciata secondo la moda del ‘400 - evitando la gravita' di una visione totalizzante, di un naturalismo inadatto ai tempi e a tutto campo, che costringerebbe l’immagine entro la realta'.

I dipinti, cosi' come molte delle modellazioni in cera, si soffermano invece su un frammento decontestualizzato, reso irriconoscibile perche' isolato su un fondo uniforme, che ne sottolinea la parzialita'. L’estetica del frammento e' una via praticata nel contemporaneo, qualsiasi sia il mezzo linguistico prescelto. Riferirsi quindi alle immagini del passato - un passato che aveva una struttura interpretativa forte del mondo (si pensi alla scoperta e al significato della prospettiva) - estrapolandone dei frammenti, e' un’operazione co'lta che sottolinea la distanza della nostra contemporaneita', in cui centrali sono invece i concetti di soggettivita', identita' nomade, flessibilita', frammentarieta'.

La leggerezza dell’approccio sta nel mettere insieme frammenti in modo insolito, che ricorda piu' l’estetica della pittura Metafisica che quella del Surrealismo: forse a De Chirico e a un certo Savinio rimanda quella specie di senso sospeso del tempo che si avverte in queste opere, dove una piuma, un piccolo uccello, un elemento di una voliera o una farfalla accostati ad altri particolari anatomici o a un volto, spezzano la catena del tempo aprendo un varco alla stupefazione. Nabokov e' un autore amato dall’artista ed e' un riferimento che va in questa direzione: si tratta anche di quella fascinazione e legame alla vita che caratterizza lo sguardo dell’adolescente. Per nulla ingenuo. Sono momenti sottratti al corso prosaico delle cose, che - come nei romanzi di Nabokov - creano strutture geometriche sentimentali.

In questa leggerezza, in cui gioco, stupefazione, sottrazione al tempo e frammento si mescolano, ricompare tassativo l’ordine del corpo. Oggi non piu' percepito nella sua interezza ma come insieme di parti, il corpo e' allo stesso tempo qualcosa di fisico e teorico, un ibrido fra dati materiali, tecnologici, culturali. Beatrice restituisce la parzialita' del corpo e insieme il suo essere un dato fragile - come le testine ce'ree e incuffiettate dei bimbi, come le gambe in terracotta e maiolica o le piu' recenti figure femminili in ceramica - che tramonta nel momento del suo apparire. La misura classica del corpo delle bamboline ad esempio - al cui interno si possono vedere l’abbozzo di procreazione e organi - o la bellezza dei visi infantili - generati in schiera nell’initimita' del sonno - non garantiscono il riparo dal senso di precarieta' che si moltiplica per via delle fasce, delle cuffie, delle metafore visive di intestini e piccoli feti. Eppure l’evidente bellezza di queste opere, iterate con un intento spesso classificatorio, sospende e blocca sulla soglia del fascino, con l’ardore di tutto cio' che e' destinato a diventare invisibile.

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Martin Borner

La dimensione analitica della pittura di Martin Boerner e' evidente non solo nella pratica pittorica stessa ma anche nell’abitudine, che l’artista ha da sempre, di studiare lo spazio espositivo in cui verra' ad esporre le sue opere. Gia' l’ambiente, mai concepito come puro e semplice raccoglitore di opere, viene interpretato secondo le proprie varianti di luce, colore, rifrazione, geometricita', come se i dipinti e le pareti avessero relazioni non solo visive ma anche mentali.

L’intento e' di una pittura che scardina le logiche espressive legate direttamente al gesto, alla traduzione sentimentale o drammatica - non si tratta quindi una pittura esperenziale nel senso piu' materico del termine - ma che parte dalla riflessione su alcuni concetti chiave, di cui alcuni riportano ai temi della contemporaneita', altri alle leggi interne del linguaggio usato. Fra questi ultimi, oltre all’analisi delle strette relazioni e componenti che interagiscono fra spazio e opera, va da prima esaminato l’elemento ritmico, sempre presente nelle superfici monocrome realizzate, che si evidenzia attraverso una regolarita' del segno o una partitura geometrica che talvolta imita il retino delle immagini a stampa. La scansione di pieni e vuoti, la base geometricamete regolare che traspare in superficie, inevitabilmente appuntano l’attenzione sul concetto del tempo. Abituati ad una percezione riduttiva di esso - contenuto da ritmi veloci, talvolta onnivori e spesso del tutto superficiali - le opere di Boerner impongono un rallentamento alla fruizione, un atteggiamento meditativo piu' assorto, favorendo cosi' una riflessione sulle modalita' del significato dell’esperienza estetica. Lontano da una poetica di puro formalismo, e' come se i suoi dipinti ci interrogassero sul significato della forma come luogo di esperienza, collocata nel tempo e diretta a riflettere sul tempo, sulla relazione che intercorre fra noi e il mondo: le dissolvenze di immagini causate dall’utilizzo della trementina, che determinano ritmi compositivi come nelle superfici monocrome - anch’esse mai uguali - non riducono tutto ad una semplice constatazione di predominanti, siano esse di colore o di ritmi compositivi. La stessa considerazione puo' essere fatta per analogia se si riflette sulla dissolvenza dei ricordi o sull’ossessione della regolarita' che scandisce il tempo della memoria.

Le immagini appaiono spesso come frutti di una pratica di “disvelamento" poiche' emergono dagli strati sottostanti, vengono reiterate in serie, ciascuna eseguita con piccole varianti di tono, assecondando minime derive sul tema. Le soluzioni finali lasciano il campo a una pittura del tutto razionale, imbastita nel tempo, metaforizzato da ritmo, pause, leggere diversificazioni. L’ordine e' la griglia che sostiene concettualmente l’analisi condotta dalle opere dell’artista: la regolarita' diventa la partitura necessaria che definisce filosoficamente una sintesi poetica di emozioni e tempo, inteso nella sua accezione di vissuto. Il risultato raggiunto e' quasi una dimostrazione di cio' che e' indivisibile: come si potrebbero separare il rigore dell’analisi dall’emozione, il tempo dall’esperienza, l’astrazione generale dal particolare? Solo attraverso una decisa azione di frattura ormai del tutto superata.

Cosi' come in antico si definiva l’estetica nel senso concreto del fare, pensando al cuore dell’esperienza reale e pratica, Martin Boerner si interroga sul senso del tempo e della memoria, attraverso una griglia formale che trattiene insieme soggetto e oggetto, emozione e rigore di analisi.

Inaugurazione: Venerdi' 31 Marzo 2006, ore 18 - 22

Cicognani Galerie
Julicher Strasse, 10 - Koln
Orari: Da Lunedi' a Venerdi' 10-12 /14-18, Sa: 12-16

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