Sabrina Raffaghello Arte Contemporanea
Metamorphosis Factory. L'artista attraverso un lungo viaggio tra persone e luoghi arriva al perigeo di se stesso con la deformazione, deframmenta-zione della propria immagine. Il lavoro fotografico, spesso articolato in sequenze di work in progess e' l'unica testimo-nianza di queste azioni / rea-zioni private.
Metamorphosis Factory
a cura di Elena Forin
Lo sguardo, e' il tramite del desiderio, ma e' un desiderio intimo velato da una forma
di auto voyeurismo derivante di fatto da un atto performativo totalmente solitario
in cui l'artista diventa attore e spettatore di se stesso.
Il lavoro fotografico, spesso articolato in sequenze di work in progess e' l'unica
testimo-nianza di queste azioni / rea-zioni private.
Tuttavia l'opera di questo singolare artista si contraddistingue per la pluralita' di
intenti, alla componente performativa si va ad aggiungere un elemento formale di
ricerca che lo porta ad intervenire sui negativi con gesti di violenza fino a
manipolare l'immagine attra-verso bruciature, graffi e viraggi con sostanze
colorate, come una sorta di gioco d'amour passion a testimo-nianza di un
sadomasochismo auto indotto dove i due elementi contrapposti si ricompongono nella
stessa persona attraverso la sua rappresentazione e l'intervento di autodistruzione.
Eros e thanatos riuniti in una logica delle assenze, dei non luoghi che prendono il
sopravvento e confluiscono in un'immagine del tutto sorprendente nei risultati che
vanno ben oltre le logiche costruttive e sfondano i canoni estetici convenzionali
per proporre una realta' divisa tra forme astratte e dimensioni fluttuanti di una
realta' parallela dove sogno e pazzia sembrano incontrarsi tra le note assordanti di
brani mutuati dalla musica ele-ctronica anglosassone.
Questo non essere attraverso la rilevante componente di auto rendersi un fantasma
permette a Ivan Piano di produrre opere estremamente raffinate, concettuali, dove
l'atto creativo in tutte le sue parti va a confluire nel proprio ego, quasi a
riportare in voga il mito dello specchio che riflette mondi nascosti e misteriosi.
Non ci sono certezze in questo gran tour immaginifico, c'e' un attore velato dalla
presenza importante del gesto che interviene a mutare un gesto performativo con
elementi nuovi "disturbatori" e c'e' una realta' inconsistente, inesi-stente che
tuttavia si esprime in modo veritiero tra atmosfere dark e suggestioni gotiche
riconducibili a quelle di un cult movie come Blade Runner.
Il pensiero cloisonne' di un artista ambivalente rinchiude non solo se stesso o la
sua auto rappresentazione ma tutte le divagazioni eroiche ed epiche di una
generazione cresciuta a cavallo degli anni Ottanta e Novanta, sfuggendo a una realta'
dell'immagine mostrata a tutti i costi per mezzo di un'auto-negazione sfaldando
l'usuale ricerca del bello assoluto con il dubbio perimetrale dell'incerto e del
travestimento spettrale.
Questo rivelano le opere conturbanti e assolute di Ivan Piano, spirito libero che
attraverso un lungo viaggio tra persone e luoghi arriva al perigeo di se stesso con
la deformazione, deframmenta-zione della propria immagine per rivelarci un'anima
geniale. Sabrina Raffaghello
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La fotografia mi aveva sempre affascinato
in quanto modo di dipingere con la luce
e le sostanze chimiche.
Man Ray
Ci sono delle volte che guardando il lavoro di un artista si ha come la sensazione
dello svolgersi della storia, della partecipazione ad un qualcosa di grande che dura
da tempo, e cioe' il processo di crescita di un'idea, di un modo di fare le cose che
al di la' delle singole specificita' e declinazioni va a comporre il mosaico di una
mentalita' contemporanea.
Questo, ci sembra di poter dire con certezza, e' quello che avviene con Ivan Piano,
perche' il suo e' un modo di fare arte che ha tutta la freschezza dei suoi soli
trent'anni, ma che al medesimo tempo ha la maturita' e la consapevolezza di un
passato che e' stato compreso e fatto proprio, e che non torna mai per essere una
semplice citazione o un brano ripreso e fatto circolare, ma che si intravede e che
emerge come esperienza. Del resto la maggior parte degli esempi dimostra che i
grandi artisti, quelli che hanno saputo vivere davvero il loro tempo, lo hanno fatto
anche nella consapevolezza del loro ruolo all'interno di un percorso, anche perche',
tra l'altro, per amare il presente bisogna se non amare il passato, almeno averne la
curiosita', lo stimolo a considerare le cose non come degli accadimenti isolati ma
piuttosto come ad una concatenazione di pensieri e di idee, che nel tempo e grazie a
certe menti e a certi personaggi, subiscono delle variazioni che anziche' indebolirne
la forza, gliene ridanno di nuova.
Approcciarsi all'opera di Ivan Piano significa un po' respirare questo clima, ma i
motivi che lo rendono un grande artista non sono legati solo all'intelligenza
dell'approccio concettuale, ma anche ad un impasto di idee e tecniche che rendono il
suo lavoro di una intrigante raffinatezza.
Al centro di tutto sembra esserci l'uomo, un uomo, quello di oggi, che deve
affrontare non solo la complessita' della societa' in cui vive ma anche la propria,
quella dei suoi pensieri e delle reazioni agli eventi, un uomo, insomma, che
continua a mettersi in discussione attraverso un incessante processo di metamorfosi.
E' un po' come se oggi l'essere umano avesse compreso e accettato che lo stato di
incertezza in cui riversa il mondo e' proprio anche della mente, e che se generazioni
e generazioni hanno avuto timore di tale debolezza, oggi le cose devono andare
diversamente, perche' questa dovrebbe essere la nostra forza, la scoperta che nulla e'
scontato, e che tutto puo' succedere, perche' troppe sono le cose che ci condizionano,
che ci cambiano, che sconvolgono la nostra personalita'.
L'uomo oggi e' come un fascio
di luce di cui si possono identificare infinite particelle diverse, tutte in
costante e imperituro movimento, in una continua tensione verso l'infinito,
quell'infinito che forse e' la conoscenza. Ecco insomma che per crescere bisogna
innanzitutto saper guardare, scoprire anche se stessi, mettersi in discussione,
provare a dar sfogo a tutti gli stati d'animo, cosi', allora, vedremo che l'uomo puo'
essere quasi un'apparenza fantasmica, come nella serie Nekromantik, in cui si rivela
come uno spettro tra quei pensieri che prendono forma nei graffi, nelle macchie e
nelle bruciature con cui l'artista aggredisce la pellicola, rendendola non solo una
superficie capace di dipingere l'universo tramite la luce, come ha detto Man Ray, ma
facendone un vero e proprio catalizzatore di esperienze e di riflessioni, ma anche
di paure e incubi.
Nei trittici B.I./# 1-4 gli importa affermare la propria presenza in maniera piu'
eccentrica, un'eccentricita' che in Machete (Play)/# 1-6 giunge quasi alla
spavalderia, come a sottolineare il peso di certi gesti o di certi comportamenti in
una societa' massificata e stereotipata come la nostra.
O, ancora, in Believe e' un uomo la cui apparenza corporea e' sfibrata dagli
interventi dell'artista, ma che pare reagire con piu' forza e affermare una piu'
concreta fisicita' rispetto ai Nekromantik, un po' come se avesse compreso che e'
dall'aggressivita' del pensiero che si trae forza vitale, una forza che alle volte
puo' farti diventare un guerriero, come in 100TH Window, oppure un satiro come in Do
not disturb/Under the influence
La fotografia, insomma, viene utilizzata da Ivan Piano come rivelatore non tanto di
realta' puramente fisiche, ma ha lo scopo di testimoniare la presenza di una
complessita', di un processo tale per cui ad emergere e' una verita' umana in cui corpo
e mente dialogano in un vortice di segni, si identificano come verita'
dialetticamente contrapposte, entrambe suscettibili ai condizionamenti e forti
nell'atto della difesa o dell'affermazione del proprio essere.
Ed ecco che detto questo non sono piu' possibili fraintendimenti, specialmente in
riferimento al lavoro di artisti che, come Rainer, hanno unito un'indagine
fotografica e una segnica. Del resto infatti negli anni Settanta la volonta' di fondo
era completamente diversa, il corpo allora veniva sottoposto agli stessi traumi che
pennelli e spatole infliggevano alla tela, e gli interventi pittorici sulla
fotografia erano funzionali all'accentuazione di questa violenza. Anche Piano
aggredisce l'immagine, e' vero, ma e' impossibile vedere una discendenza diretta dalle
esperienze precedenti, e non solo perche' le aggressioni non sono pittoriche in senso
stretto, ma anche perche' l'artista agisce sul negativo, la matrice perfetta,
depositaria delle informazioni che la luce, tramite lo scatto, ha trasferito sulla
pellicola, fermando su quella superficie un brandello temporale e situazionale
circoscritto. La traccia del reale dunque viene stravolta, sfigurata, arricchita di
quel valore aggiunto fondamentale che e' la forma degli assoluti della mente, realta'
impalpabili eppure presenti, le uniche che la luce non riesce a catturare e fissare
sulla pellicola. E poi il corpo, per l'artista, e' esso stesso parte di questa
complessa realta' cerebrale in continua metamorfosi, i suoi uomini, insomma oramai lo
sappiamo, partecipano fisicamente a questo processo, vivono una corporalita'
mutevole, capace di rarefarsi ma anche di apparire volumetrica e plastica.
Ma non e'
tutto qui, perche' ad accentuare la percezione di tutti questi aspetti concorre
certamente quell'atmosfera particolare che si vive nei lavori dell'artista,
un'atmosfera che si fa senso del tempo e dello spazio, nel suo avviluppare non solo
le scene ma anche i personaggi, che respirano e vivono quella luce magica e irreale
che li catapulta in una ideale dimensione di indefinitezza. Ad essere fondamentale
in questo senso e' certamente la messinscena, la costruzione teatrale e la
teatralizzazione stessa che l'artista attua nella creazione delle sue opere.
Eppure,
anche in questo caso, non ci si puo' confondere con le peculiarita' della performance
classica, perche' i contesti in cui lavora Piano sono privati e quindi vengono meno
l'intento dimostrativo e il presupposto fondamentale della partecipazione esterna.La
finalita', insomma, e' la creazione di ambienti fisici e psicologici in cui l'uomo
possa liberare se stesso, una liberazione in cui ad avere un ruolo fondamentale
proprio per la connotazione magica e misterica di cui si e' detto, e' la fotografia
concepita non solo come mezzo ma anche come catalizzatore di tensioni che si
liberano anche tramite quella pozione di immaginario cinematografico e musica
electronica che l'artista ascolta quando procede all'aggressione della pellicola.
Ecco allora che le parole di Man Ray citate in apertura trovano nel lavoro di Ivan
Piano tutta una nuova attualita': del resto cos'e' questa alchimia di componenti se
non un nuovo modo di dipingere con la luce e delle inusuali sostanze chimiche? Elena Forin
Inaugurazione Sabato 15 aprile 2006 ore 18,00
Sabrina Raffaghello Arte Contemporanea
via Cairoli 42 - Ovada (Al)
Orari apertura: Mercoledi'-sabato dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 16.30 alle 19.30, lunedi'-martedi' e domenica su appuntamento