Centro Culturale Cascina Grande
Rozzano (MI)
via Togliatti
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Tina Sgro'
dal 21/4/2006 al 9/5/2006

Segnalato da

Valentina Camilli



approfondimenti

Tina Sgro'



 
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21/4/2006

Tina Sgro'

Centro Culturale Cascina Grande, Rozzano (MI)

In mostra una trentina di dipinti su tela realizzati negli ultimi due anni e appartenenti a un ciclo di lavori che riflettono sul tema della realta' urbana. L’opera dell'artista presenta immagini che si pongono come testimonianza documentaria e partecipazione poetica del clima di una nuova urbanita'. A cura di Franco Migliaccio.


comunicato stampa

Mostra personale. Nell'ambito della rassegna "La nuova scena urbana"

a cura di Franco Migliaccio

Nell'ambito della rassegna "La nuova scena urbana", il 22 aprile 2006 si inaugura, presso il Centro Culturale Cascina Grande di Rozzano, la mostra pittorica di Tina Sgro', curata da Franco Migliaccio e promossa in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Rozzano.
La mostra personale presenta una trentina di dipinti su tela realizzati negli ultimi due anni e appartenenti a un ciclo di lavori che riflette sul tema della realta' urbana.

L’opera di Tina Sgro' si inserisce in un’area espressiva che tenta di rinnovare l’iconografia del paesaggio metropolitano, presentando immagini che si pongono allo stesso tempo come testimonianza documentaria e partecipazione poetica del clima di una nuova urbanita'. Le sue opere parlano di architetture, di stazioni ferroviarie, di caselli e passaggi a livello. Sono immagini cupe, invase dal grigiore, ma attraversate paradossalmente da una pennellata sciolta, aggressiva, vitale. Frammenti di paesaggi urbani, dall’apparenza spesso poco interessante, scorrono veloci sotto l’occhio dell’artista, che, al contrario, sa cogliervi insospettabili suggestioni e aspetti inesplorati.

Tina Sgro' - viaggio nello spirito e nei valori emozionali dei non-luoghi e dello spazio neutro.
Testo critico di Franco Migliaccio

La scena urbana ha costituito nel tempo un’iconografia particolarmente affascinante e suggestiva. Non a caso molti sono gli artisti che vi si sono dedicati, soprattutto a partire dal periodo delle avanguardie storiche.

Paul Citroen, con i suoi collages dada e surrealisti, aveva immaginato megalopoli soffocanti dominate da un labirintico caos, spaziale e mentale. Ancora prima Umberto Boccioni, nella serie della Citta' che sale, aveva manifestato tutto il suo ottimismo modernista nell’esaltazione dei frenetici modi con i quali la citta', agli inizi del Novecento, andava sviluppandosi. Da non dimenticare, ancora, la Roma papalina e barocca di Scipione e l’opera di Mario Sironi, testimone della cimiterializzazione della periferia di cui canto' il grigiore e ogni forma di congenita cupezza.

Piu' tardi, negli Stati Uniti, dopo i trascorsi dell’American scene e del gruppo dei Precisionisti (si pensi a Charles Sheeler e alle sue immote e glaciali visioni industriali), la corrente dei Regionalisti diede risalto all’opera di Edward Hopper e alle sue raggelanti scene di solitudine. Negli anni Settanta si sarebbe invece affermato l’Iperrealismo, che s’impegno' in scene urbane tratte dal “gia' riprodotto" (la fotografia) e ancorate ad una mistica del silenzio di natura allucinatoria.

Poi, a parte singoli e sporadici casi, il tema della citta' e' stato un po’ trascurato nel clima generale d’abbandono d’ogni forma d’immagine e d’ogni modalita' d’esercizio pittorico prescritto dall’imperante dominio del concettualismo e delle sue innumerevoli correnti.
Da qualche tempo pero', in particolar modo dagli inizi degli anni Novanta, s’e' riproposto insistentemente un vero e proprio ritorno alla pittura e, con questi, anche il recupero dell’immagine, gia' palesemente sconfitta dall’Informale e dai suoi epigoni.
Ne e' nata, pertanto, una Nuova Scena Urbana, edificata nel tempo dall’esperienza e dalla ricerca di tanti singoli artisti i quali, tutti insieme, costituiscono gia' una vera e propria tendenza a livello internazionale.

Tina Sgro', con il suo indubitabile talento, s’e' prepotentemente inserita in quest’area espressiva che tenta di rinnovare l’iconografia del paesaggio metropolitano, portandovi il proprio contributo personale con l’elaborazione di una originale cifra stilistica e di un particolare modo di vedere (e di rappresentare) la scena urbana.

Il mondo poetico della Sgro', pittrice che per venire dal Sud saremmo piu' pregiudizievolmente inclini a pensarla dedita alla rappresentazione di esaltanti scenari di natura, e' completamente affondato, complice la globalizzazione, in questo clima di nuova urbanita', esibita mediante una modalita' pittorica che sa coglierne profondamente forme e spirito. E’ una pittura, la sua, che parla di architetture, di stazioni ferroviarie, di caselli e passaggi a livello, di ponti e d’autostrade, di piloni e viadotti, di segnali stradali e stazioni di servizio, di periferie e di centri cittadini. Vengono rivelati, insomma, i tratti di una precisa e dettagliata iconografia (spesso considerata arida e antipoetica: ma cosi' non e') estratta dalla contemporaneita' e dal convulso modo di essere della citta' e i suoi dintorni, dei suoi nervi interni e delle sue pulsanti arterie di collegamento e di comunicazione.

Quelle che l’artista ci presenta non sono immagini edificanti, volti cioe' a gratificare lo sguardo; sono, al contrario, immagini cupe, invase dal grigiore, nelle quali prevalgono i motivi preoccupati di un raggiungimento urbano irto di contraddizioni e di aspetti sinistri sottolineati da atmosfere fosche, dall’assenza di colori brillanti e di quella tipica solarita' che contraddistingue i paesaggi mediterranei.

Sono immagini intense ottenute per tramite di un impianto disegnativo e pittorico robusto e di grande efficacia visiva, dove la pennellata viaggia sciolta, perentoria e aggressiva e si dispone in tutte le direzioni possibili con furore ed energia veemente. La materia contrappone addensamenti e fluidita', scorrevolezze e stratificazioni, a definire uno stile agitato, sempre pieno di soluzioni nuove e di sorprese.

Le prospettive privilegiano i campi lunghi, la profondita' spaziale; gli edifici scorrono ai lati della composizione, sotto cieli tormentati, perdendo le nettezza dei loro contorni, come per inchiodare il fruitore su un sedile di un auto che si muove a grande velocita'. Anche i segnali stradali ci passano accanto, sfiorandoci, senza darci il tempo di leggere le loro indicazioni.
Il viaggio continua e, fra variazioni atmosferiche (vediamo pertanto le auto riflettersi sul manto stradale viscido e bagnato) e l’incalzare dell’oscurita' (che ci conduce verso notturni freddi e raggelanti), siamo continuamente scaraventati entro scenari nuovi i quali, pero', come in un continuo susseguirsi di cose e situazioni gia' viste e gia' vissute, hanno un che di straordinariamente noto.

Tina Sgro' si concede talora una variazione tematica. Non e' un vero e proprio cambio di rotta. E’ che l’artista, a tratti, e' invasa dalla curiosita' di vedere cio' che sta dietro le facciate di quelle case che ci vediamo venire incontro, dilaniate e smaterializzate dalla velocita'. E si sofferma, lanciando sguardi acutissimi, per scoprire ambienti inusuali, spazi piu' intimi e sommessi, spesso venati di accenti retro come se si trattasse di pure evocazioni piu' che di luoghi fisici e reali. Ne nascono pertanto scene d’interni di particolare incanto, che vivono di atmosfere soffuse fra tendaggi polverosi, divani e oggetti d’arredo che emanano odori stantii; oppure nature morte, povere cose in verita', aggredite con ferocia da un ductus nervoso, a volte violento, ma sempre carico di intrinseche gentilezze ed eleganza formale. Tavole intovagliate coi resti del pranzo, lavabi sporchi e cucine a gas vissute e arrugginite, mobili strapieni di suppellettili, lampade accese, oggetti inutili accatastati alla rinfusa, e persino desueti telefoni a gettone scovati in qualche piccola area di servizio in disarmo.

Tina, nonostante la consumata e sapiente tecnica pittorica che si svela evidente in tutto il suo lavoro, non vuole privilegiare l’occhio a scapito della sensibilita', ma riesplorare, semmai, la realta' con intento poetico, fuori dall’ordinarieta' del soggetto stesso, per scoprire i lati nascosti di tutto cio' che puo' apparire consueto o stereotipato. Le sue immagini diventano testimonianza documentaria (i suoi paesaggi urbani sono luoghi reali, come dimostrano i titoli dei suoi quadri) e, insieme, partecipazione sentimentale di una realta' che, a saperla guardare, e' gonfia di umori e di riferimenti suggestivi.

E’ pure interessante sottolineare la resa dello spazio che percettivamente si dilata e si contrae in ragione di un continuo alternarsi dei punti di vista, i quali abbassano ed elevano le linee d’orizzonte con scandita puntualita'. I landscape di Tina riscoprono le potenti suggestioni della citta', dei suoi sobborghi e delle sue tangenziali attraverso un afflato lirico, imparentato con la categoria estetica del “sublime", che da' contenuto e pregnanza storica ai cosiddetti “non luoghi", agli “spazi neutri" della realta' metropolitana.

La dialettica che pone in antinomia il naturale e l’artificiale, l’uomo e i prodotti della sua attivita', diventa il mezzo per testimoniare il proprio tempo; i frammenti di quotidianita' che Tina Sgro' ci presenta appaiono, insomma, come immagini interiori, autentiche proiezioni dello spirito.

Centro Culturale Cascina Grande
via Togliatti - Rozzano (MI)

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