“Los Caprichos e' il titolo della serie di incisioni piu' nota di Goya. Altri grandi artisti, come il Tiepolo o il Piranesi, avevano gia' realizzato capricci, ma con Goya il genere tocca il suo apice: in essi sono rappresentati i pregiudizi, le superstizioni e le assurdita' dei vizi umani."(Monica Zioni)
Los Caprichos
“Los Caprichos e' il titolo della serie di incisioni piu' nota di Goya - sostiene Monica Zioni, Assessore alla Cultura di Alassio -. Altri grandi artisti, come il Tiepolo o il Piranesi, avevano gia' realizzato capricci, ma con Goya il genere tocca il suo apice: in essi sono rappresentati i pregiudizi, le superstizioni e le assurdita' dei vizi umani; un ennesimo capitolo della storia dell’arte, che presentiamo a beneficio dei nostri cittadini e dei turisti che possono cosi' trovare un evento culturale di portata internazionale nella nostra citta'".
Con queste parole Goya presento' ai suoi contemporanei la serie dei Capricci: “L'autore, essendo persuaso del fatto che la censura degli errori e dei vizi umani possa anche essere oggetto della Pittura, ha scelto come argomenti adatti alla sua opera, tra la moltitudine di stravaganze e falli comuni di ogni societa' civile, e tra i pregiudizi e menzogne popolari, autorizzati dalla consuetudine, dall'ignoranza o dall'interesse, quelli che ha ritenuto piu' idonei a fornir materia per il ridicolo e a esercitare allo stesso tempo la fantasia dell'artefice".
Sabato 29 aprile 2006 alle ore 21,00 si inaugurera' presso la Ex Chiesa Anglicana di Alassio (Via Adelasia 10) la mostra d’arte di Francisco Goya, intitolata “I Capricci". La mostra restera' aperta fino al 4 giugno con ingresso libero e seguendo gli orari dal giovedi' alla domenica dalle ore 15 alle ore 19.
La collezione completa dei “Los Caprichos" di Goya prevede l’esposizione delle 80 tavole incise a tecnica mista acquaforte e acquatinta pubblicate nel 1799 (realizzate tra il 1796 e il 1799) che costituiscono l’intera e la piu' interessante delle sue raccolte di grafiche, insieme a “I disastri della guerra" successivi. “Goya era un artista di corte - spiega Nicola D. Angerame, co-curatore della mostra - che seppe mantenere una grande indipendenza interiore e artistica durante gli sconvolgimenti seguiti alla Rivoluzione Francese e all’impero napoleonico, poi dissolti nella Restaurazione. Il suo sguardo, lucido e profondamente critico, crea grottesche e violente visioni che ben rappresentano l’angoscia dell’uomo moderno di fronte agli aspetti negativi della vita sociale. Anche tecnicamente, queste incisioni rappresentano l’apice di una evoluzione che ha inizio con le acqueforti di Durer".
“I capricci" sono un’opera interessante sotto molti profili: artistico, perche' ben esprime la modernita' di Goya, che rompe con la tradizione classica attraverso un linguaggio innovativo; storico e culturale perche' l’artista illustra molti argomenti della societa' del tem
po, approfondendone ogni anfratto, dandocene una traduzione sagace e puntuale ricca di spunti per un dibattito; tecnico, per l’uso magistrale della tecnica dell’acquatinta. Nessun artista prima e dopo di lui e' riuscito ad ottenere risultati altrettanto sublimi e a sfruttare questa tecnica cosi' approfonditamente.
Testo Sindaco in catalogo
E’ con grande soddisfazione che la Citta' di Alassio accoglie la mostra di Francisco Goya y Lucientes, uno dei grandi protagonisti del panorama dell’arte mondiale. Ancora una volta la Ex Chiesa Anglicana ospita una mostra di grande impegno culturale, capace di far riflettere sui valori di un’epoca lontana che ha segnato a fondo la storia d’Europa: quegli ultimi anni del Settecento, che vedono gli assolutismi europei flettersi sotto la forza prorompente degli ideali illuministi, poi sfociati nella Rivoluzione Francese. Di tutto cio' Goya e' un testimone attento e sanguigno, degli entusiasmi liberali come anche delle brucianti delusioni seguite al periodo del Terrore giacobino. L’arte “in presa diretta" di Goya vanta una specie di doppia identita'. Egli e', a partire dal 1789, “pittore di camera", ossia ritrattista ufficiale della famiglia reale alla corte di Carlo IV e, vent’anni dopo, per il nuovo re di Spagna, Ferdinando VII, dipingera' un monumento della storia dell’arte: il "Tre maggio 1808: fucilazione alla Montana del principe Pio", opera dedicata alla resistenza spagnola contro il regime bonapartiano francese. Ma l’inquieto “direttore di pittura" all’Accademia di San Fernando e' anche un liberale convinto, un visionario reso febbrile da una serie di malattie che lo ridurranno quasi totalmente sordo e segneranno una vecchiaia dolorosa e irrequieta, proprio come avviene a un altro genio a lui coevo, Ludwig van Beethoven. "I Capricci", vedono la luce nel 1799, quando a causa della sordita' Goya rinuncia agli impegni istituzionali. L’opera gli frutta critiche feroci da parte di tutti, specie dai nobili e dal clero. Ma la forza icastica del grande vecchio aragonese non e' messa in discussione, anzi, “I Capricci" sono destinati a un successo planetario, di cui le decine di edizioni dei secoli successivi sono la testimonianza diretta. In una dolorosa ed esaltante esperienza esistenziale, Goya ha la forza di trasformare in arte gli avvicendamenti della propria epoca e consegnare cosi' alla storia della cultura un ritratto della societa' del tempo che mantiene l’attualita' dei capolavori, poiche' ci conduce nel fondo immutabile dei caratteri umani di quelle paure archetipiche che sotto nuove vesti si ripresentano a noi moderni.
Sono particolarmente lieto che questa mostra venga accolta nella Chiesa Anglicana, cuore pulsante della storia alassina e monumento architettonico della comunita' inglese. I lavori di restauro esterno, appena conclusi, esalteranno ulteriormente il prestigio delle mostre e degli eventi culturali che rendono questo spazio espositivo un punto di riferimento stabile nel panorama artistico del nord Italia.
Dott. Arch. Marco Melgrati
Sindaco della Citta' di Alassio
Testo Assessore in catalogo
Nella storia dell’arte il termine "capriccio" indica un genere particolare nel quale la liberta' creativa dell’artista viene espressa in massimo grado attraverso pensieri stravaganti, fantasie eccentriche, visioni eccessive senza l’obbligo di rispettare le regole dei generi convenzionali. "Los Caprichos" di Goya e' la serie di incisioni piu' nota del maestro spagnolo proprio perche' in essa l’immaginazione ha fruttato icone imperiture. Altri grandi artisti, come il Tiepolo o il Piranesi, avevano realizzato “capricci", ma con Goya il genere tocca il suo apice. In esse l'artista rappresenta i pregiudizi, le superstizioni, le assurdita' e i vizi degli esseri umani. Con queste parole l’artista spiegava il significato della sua raccolta: "L'autore, essendo persuaso del fatto che la censura degli errori e dei vizi umani (benche' propria dell'Eloquenza e della Poesia) possa anche essere oggetto della Pittura, ha scelto come argomenti adatti alla sua opera, tra la moltitudine di stravaganze e falli comuni di ogni societa' civile, e tra i pregiudizi e menzogne popolari, autorizzati dalla consuetudine, dall'ignoranza o dall'interesse, quelli che ha ritenuto piu' idonei a fornir materia per il ridicolo e a esercitare allo stesso tempo la fantasia dell'artefice".
"I Capricci" crearono scandalo per la loro novita' e la crudezza con cui diversi personaggi contemporanei vennero raffigurati, spesso tramite allusive e divertenti allegorie. Erano il frutto di una fantasia scanzonata ispirata dalla satira, dal realismo picaresco e dal caricaturismo tipici del Settecento. Ma Goya vi aggiunge una forte dose di “moralismo", che sulle orme di grandi pensatori come Shaftesbury o Kant va inteso come impegno filosofico radicale nella ricerca di regole universali per la vita associata, piu' che una somma di meccanismi costrittivi. Da qui la sua riconosciuta modernita', capace di parlarci di noi anche a due secoli di distanza. Il ciclo tratta temi scottanti: l’amore, la frivolezza delle donne e del matrimonio, la cattiva educazione dei bambini, il contrabbando, la stregoneria, i difetti che sorgono dall’ignoranza e dall’oscurantismo che gli assolutismi alimentano. L’autore ritrae le cattive abitudini di un popolo credulone. Goya esprime al meglio quelle esaltazioni e quelle idiosincrasie che lo hanno accompagnato per tutta la vita e che nella tarda eta' assumono le forme mostruose di fantasmi interiori; sono i vapori orribili delle sue speranze deluse, che solo dopo la sua morte diverranno conquiste (come la democrazia o la liberta' d’espressione), oggi protagoniste della nostra vita civile.
Dopo la mostra dedicata a Giorgio de Chirico, un altro grande appuntamento con l’arte nella Ex Chiesa Anglicana, che conferma l’attenzione per i capolavori dei massimi artisti e per la grande capacita' comunicativa dell’incisione, la cui agile diffusione ha influenzato nei secoli lo sviluppo di quei temi e di quelle idee che ci sono pervenuti come valori custoditi in icone universalmente apprezzate. Questa mostra e' l’ulteriore tappa di un percorso che vede l’Assessorato alla Cultura impegnato in prima linea nella crescita culturale e nella promozione di Alassio, anche oltre i confini nazionali come avvenuto in occasione delle ultime esposizioni presso quella che ormai e' un irrinunciabile punto di riferimento per le arti in Alassio.
Dott.ssa Monica Zioni
Assessore alla Cultura della Citta' di Alassio
Nicola Davide Angerame
Goya, un capriccioso artista moderno.
La fantasia abbandonata dalla ragione genera mostri impossibili; unita ad essa e' madre delle arti e origine delle sue meraviglie.
E’ difficile immaginare, nella Spagna di fine Settecento, uno spirito piu' audace di quello di Goya ed e' ancor piu' difficile trovare una testimonianza piu' intensa della societa' dell’epoca di quella offerta dai suoi Capricci: ottanta incisioni, che ritraggono nel 1799 il popolo spagnolo nelle sue piu' intime vicissitudini, legate a costumi che un artista moderno no poteva non condannare. Goya fu, infatti, pittore di corte per Carlo III, Carlo IV e Ferdinando VII, e fu maestro di accademia a Madrid, ma seppe mantenere una profonda indipendenza interiore che lo vide sempre dalla parte degli ideali liberali espressi dall’Illuminismo.
Potra' sembrare paradossale, ma Goya e' artista fortunato. Lui e pochi altri hanno potuto vivere nel pieno della maturita' creativa i rivolgimenti che vanno dalla decapitazione di Luigi XVI al Congresso di Vienna: venticinque anni in cui l’Europa ha tremato ed esultato, trasformandosi in un crogiolo di esperienze politiche e sociali sperimentali; un periodo nel quale l’impero spagnolo ha vissuto la propria decadenza, sofferto l’occupazione francese e provato gli orrori della guerra civile, ma anche anni in cui intellettuali e nobili illuminati hanno assaporato per breve tempo un altro modo di vivere, quello allora piu' vicino alla nostra odierna democrazia. Goya morira' nel 1828 esule a Bordeaux, dopo aver prodotto una serie di “pitture nere" che ancora oggi conturbano per il loro ermetismo e per l’esaltazione con cui l’artista ha ritratto un mondo, squisitamente interiore e allegorico, fatto di streghe e di mostri (il surrealismo di Dali' si alimento' a questa fonte) che anticipano in termini freudiani le angosce moderne del XX Secolo.
Come dice Vittorio Sgarbi: “Nella Fucilazione del 3 maggio 1808, Goya segna l’inizio di una pittura di denuncia, una pittura civile, di impegno. … [che] coglie un momento di tensione, la ribellione delle masse, la reazione contro l’ingiustizia. Comincia la pittura sociale, la pittura di grande impegno civile"i. Ma prima della pittura d’impegno civile, non va dimenticato che Goya ha composto un ritratto sociale engage' usando un linguaggio figurativo elementare e un poco brutale al fine di meglio raggiungere le “masse", suo soggetto e destinatario. Con i Capricci Goya spera di “educare" il popolo, mostrargli il suo vero volto attraverso uno spregiudicato uso di maschere grottesche e allegorie ammiccanti. In questo senso, l’artista mostra una passione pedagogica che gli giunge da Jean-Jacques Rousseau, il quale secondo l’ipotesi che Robert Hughes esprime nel suo recente saggioii, Goya avrebbe ritratto e poi cancellato nella fondamentale tavola numero 43, “Il sonno della ragione genera mostri", pensata per essere il frontespizio della serie e divenuto slogan di successo. Il ritratto del filosofo illuminista francese campeggiava (come si vede in foto qui di seguito) luminoso sopra l’uomo chino dormiente, Goya stesso, assediato da gufi e pipistrelli, animali notturni che sono l’allegoria spesso usata dall’artista per indicare l’ignoranza e l’oscurantismo.
Per questi e altri motivi, Goya e' davvero un artista moderno, il primo in Spagna. La sua personalita' e' complessa, la sua fantasia non e' vaga ma fa riferimento alla ragione e per tale motivo partorisce visioni ancor piu' perturbanti, come quelle relative alla vita delle streghe e dei frati. I Capricci giocano un doppio registro: offrono immagini realistiche, come quelle dedicate alla triste realta' di una prostituzione dilagante che ammorba i costumi, diffonde malattie veneree e indebolisce lo spirito degli adulti. La sezione piu' interessante e' pero' dedicata alle visioni “notturne". Anticipando le “pitture nere", che segnano gli ultimi anni di vita, travagliati da infermita', delusioni e sordita', in esse Goya rovescia sullo spettatore tutta una serie di problemi di carattere sociale trasformati in altrettanti incubi collettivi. Ne risulta un’arte guidata dalle pulsioni, piu' che dalle regole condivise nella pittura spagnola di allora, oscillante tra un frigido neoclassicismo e un tardo rococo' di corte, che lo stesso Goya porta avanti nella sua prima commissione madrilena che riguarda i cartoni per l’Arazzeria reale (1775-1792).
Se i successivi I disastri della guerra (pubblicati soltanto nel 1863) rappresentano il primo reportage di guerra in senso moderno, crudo e senza sconti a nessuna delle due parti, I Capricci rappresentano un altro unicum nella storia dell’arte spagnola e l’apice di un genere, l’incisione satirica, che trova in Goya un visionario capace di estrarre dalla propria abilita' tecnica composizioni corrosive di straordinaria efficacia, ma anch’esse rimasti invisibili per decenni. Le vendite, curate direttamente dall’autore, andarono male e le poche tavole in circolazione attirarono l’attenzione dell’Inquisizione, uno dei riferimenti polemici dell’artista. L’artista trovo' quindi piu' saggio donare le matrici al suo re, Carlo III, ottenendone un vitalizio per il suo unico figlio, Javier, che mai ebbe modo di regalare soddisfazioni al padre essendo uno spirito ignavo. E l’ignavia degli hidalgos, una massa enorme di titolati poco piu' che mendicanti perche' costretti a evitare i lavori manuali per mantenere il decoro, e' un’altra piaga sociale che l’industrioso Goya non riesce a perdonare alla sua Spagna. Specie perche' nel Paese i campi restano incolti e le citta' soffrono la fame.
Satirico, urticante, corrosivo: Goya crea un intero bestiario, deforma le fisionomie, disegna spettri grotteschi e maschere di morte spaventosi. Usa tutti gli espedienti retorici e ne crea di propri per esecrare la tirannia che ammorba la vita del suo popolo e, forse, soprattutto della sua personale. Una tirannia che e' culturale, prima ancora che politica. Goya e' uno spirito “ilustrados", illuminato, senza pero' essere acriticamente “afrancesados" come molti suoi connazionali. Egli e' un “moderato" la cui passione per la Ragione lo avvicina a Cartesio e Kant, piuttosto che a giacobini dell’intelletto come Voltaire. Per l’artista spagnolo l’esser costretto, per vivere con una certa agiatezza, a ritrarre re, duchi e principesse disinteressati al bene comune e intenti solo agli svaghi piu' oziosi, e' fonte di uno snervamento esistenziale che, sommato alla sordita' precoce, ne deprime e irrita l’animo. Per questo il suo linguaggio e' squisitamente invettivo, come dimostrano i Capricci, quanto aggraziato come ad esempio nei due ritratti di La maja desnuda (1797-1800) e La maja vestida (1800), che gli fruttano il processo di una Inquisizione ormai in declino ma ancora capace di affliggere gli individui e mantenere un clima di reciproca diffidenza.
Anche i bambini non vengono risparmiati ed entrano nell’arte della crudelta' goyesca come vittime di terribili immagini popolate da fauni e folletti. Tecnicamente, il disegno di Goya ha la grazia di Rembrandt ma il tratto e' piu' veloce, meno curato, piu' espressionista. L’esigenza di esprimere la forza delle proprie visioni in quelli che appaiono schizzi e frammenti, colti nella loro essenza fotografica di reportage da un mondo vizioso come quello dei gironi danteschi. Una fervente impazienza, quella di Goya che si illumina di una straordianria tecnica mista di acquaforte e acquatinta, difficile da padroneggiare, ma infine capace di esprimere al meglio quel gioco di ombre e di luci, di piani in profondita' sui quali l’artista imposta una dialettica prettamente illuministica tra l’oscurita' del vizio e la luce della virtu'.
La modernita' di questo “capriccioso" artista, la cui forza giovanile (capace di farlo toreare e rapire giovani donne romane dai conventi) si trasforma in intransigenza morale in una vecchiaia affranta ma mai doma, e' dimostrata bene dai Capricci, da questa piccola e sanguigna enciclopedia visiva, intenta a elencare i vizi e le superstizioni di tutte le classi sociali, nessuna esclusa, che rendono la Spagna un paese arretrato. Come fa notare Reinhardt Brandtiii, Goya ricerca un “idioma universal", insegue cioe' il sogno degli enciclopedisti di una lingua universale, quella dell’arte, che possa come dice lui “scacciare le dannose volgarita' e perpetuare la solida testimonianza della verita'".
Una testimonianza che vede Goya al fianco dei Diderot e dei D’Alambert, intento a evocare Kant o Cartesio per salvare la ragione da quel sonno che sono le passioni e i sentimenti immediati, generatori dei mostri della superstizione e dell’ignoranza. Un’atra interpretazione possibile, questa volta anti-illuminista, vede in quel “sogno" della ragione (altro possibile senso della parola “sueno" usata da Goya) che e' la Rivoluzione Francese l’esito catastrofico del Terrore e della ghigliottina.
Comunque si voglia interpretare la tavola 43, una cosa pare certa: come scrive Reinhardt Brandt, “con la sua opera Goya non crea un’opera bella secondo i canoni, ma pratica psicoanalisi e illuminismo […] l’inconscio assume i toni drammatici di un mondo popolato da mostri che intervengono nella vita pratica a deviare gli uomini verso il delitto, l’abiezione e la tragedia". Goya e' l’artista degli “objetos ideales", immagini ideali pronte a rappresentare la disordinata vita dell’inconscio collettivo. Di un inconscio che sgretola e impaurusce gli individui. Uno dei frammenti di Eraclito recita: “unico e comune e' il mondo per coloro che son desti, mentre nel sonno ciascuno si rinchiude in un mondo suo proprio e particolare". Nel mondo illuminato della ragione tutti sono concordi e condividono un mondo comune. E’ quanto sembra dirci anche Goya, che in tal modo puo' considerarsi un originale precursore dei romantici e della loro esaltazione della fratellanza tra gli spiriti eletti. Nel regno della ragione e della poesia, coloro che sono educati alla ricerca della verita' sono tutti fratelli. Oggi, la cosa puo' suonare ingenua, ma nell’epoca degli assolutismi e all’indomani della Rivoluzione Francese, la questione assume tutta l’importanza che le spetta. E un capriccioso artista moderno come Goya ne e' una delle testimonianze piu' vivaci.
Inaugurazione: Sabato 29 Aprile 0re 21
Chiesa Anglicana
via Adelasia 10 - Alassio
Orari: ore 15 - 19