Nelle opere dei due artisti ricordi ed emozioni si accalcano, senza ordine o freni. E con loro mille domande: perche'? quando? come? chi? Un discorso sul tempo e sulla vita.
Doppia Personale
Ci sono almeno due punti fondamentali su cui Riccarda Montenero e Ruggero Maggi amano riflettere e confrontarsi, che sono poi gli stessi sui quali trovano il terreno di convivenza: il tempo e la memoria. Due aspetti che, tra l'altro, come vedremo, tenderanno magicamente a fondersi in un'unica inquietante realta'.
Ma, andiamo con ordine. Sulla loro idea di tempo molto e' gia' stato detto e scritto, talmente tanto che sembrerebbe quasi superfluo riprendere per l'ennesima volta l'argomento(1). Eppure, forse proprio perche' e' il punto attorno al quale, bene o male, insistentemente ruotano la maggior parte degli interventi critici precedenti, credo che valga la pena ragionarci su ancora un po'. E, sia chiaro, non e' per mera insistenza che si procede, ma per amore dell'analisi, per quell'insaziabile bisogno di andare sempre piu' a fondo o, se preferite, per quel senso del dovere e di pignoleria critica che mi porta spesso a spaccare il capello in quattro. E sia. Si potrebbe cominciare affermando che la nozione di tempo che entrambi sposano (seppure con sfumature diverse, con materiali affatto dissimili e con percorsi assolutamente differenti) e' quella legata, per cosi' dire, a una dimensione archeologica, storica, alla ricerca di accadimenti ormai trascorsi (piu' o meno recentemente), soprattutto di quelli rimossi o dimenticati. Quel passato che, come sempre avviene, ha lasciato dietro di se' delle tracce, degli oggetti, dei labili segni viene tenacemente riportato alla luce da Maggi e Montenero. Scavando ostinatamente tra le macerie della memoria, entrambi svelano realta' incredibili che in un attimo sembrano trasportarci in un sogno terribile. Il piu' delle volte, infatti, dietro a questi ritrovamenti (sarei tentata di aggiungere casuali, se non sapessi che, al contrario, alle spalle ci sono interminabili ore di lavoro) sembra celarsi un mistero, un enigma, un dramma collettivo o anche una vera e propria catastrofe.
Lo scenario e' alquanto eloquente, mentre un senso di abbandono e di solitudine attanaglia lo spirito. Tutt'intorno mani turgide, ma cosi' poco umane, affiorano da una terra brulla o da superficie bianche come sudari; bagagli di lamiera giacciono abbandonati, come se non avessero mai cominciato il loro vero viaggio o come relitti di un disastro aereo o di un naufragio. E dietro a quelle valigie deformate, divelte e annerite; tra quelle lamiere tortuosamente piegate e marchiate con inutili e ossessivi orologi; nel loro carico di ricordi e di speranze deluse; in quelle mani, alzate in un ultimo disperato gesto di aiuto, di preghiera o d'amore; oltre quello strato soffocante di terra c'e' una tragica storia di uomini, c'e' la metafora di un'umanita' che, nelle sue avventurose migrazioni, si schianta, e' travolta, inghiottita e abbandonata, risucchiata prima di tutto dall'indifferenza di chi ha assistito all'odissea e non ha fatto nulla per porvi rimedio. Quei resti foscoliani (solo ora, riconoscendoli, lo sono diventati), allarmanti e dolorosi, sono la metafora dell'uomo, nella propria vicenda di singolo e di essere sociale, gli avanzi di un passaggio tumultuoso e repentino, le uniche tracce di un'identita' (e di un'umanita') sconfitta.
Presente e passato per un momento si confondono. I ricordi e le emozioni si accalcano, affiorano senza ordine e senza freni. E con loro mille domande: perche'? quando? come? chi?
Solo ora vorremmo che tutto questo non fosse mai accaduto, ma oramai e' troppo tardi.
Lorella Giudici
Inaugurazione: Sabato 29 Aprile alle ore 17,30
Pinacoteca Comunale
Piazza Mazzini, 1 - Varallo Pombia
Orari: Sabato ore 17/19 e Domenica ore 10/12-17/19