Un'arte intimamente legata al gioco, alla sperimentazione e all’ignoto come dimensione privilegiata, in cui ritornano incessantemente temi e motivi, in una sorta di “fregio della vita" che scaturisce dalla cultura di massa. L’artista presenta una panoramica della sua produzione, una sorta di riepilogo di tutte le prospettive e delle tematiche che sono emerse finora dalle sue opere.
N-Leben
Andre' Butzer, nato a Stoccarda nel 1973, ha acquisto fama internazionale grazie al suo peculiare
espressionismo fantascientifico.
La sua arte e' intimamente legata al gioco, alla sperimentazione e all’ignoto come dimensione privilegiata,
in cui ritornano incessantemente temi e motivi, in una sorta di “fregio della vita" che scaturisce dalla
cultura di massa.
Per la sua prima mostra in Italia, che si tiene alla Galleria Gio' Marconi di Milano, l’artista presenta una
panoramica della sua produzione, una sorta di riepilogo di tutte le prospettive e delle tematiche che sono
emerse finora dalle sue opere.
Butzer concepisce la sua produzione artistica come il lungo svolgimento di una sequenza ininterrotta,
l’elaborazione di quell’istante perenne in cui il passato e il futuro coesistono, e in cui si rende possibile un
attuale confronto con il dramma, al di la' di molte rappresentazioni morali. La fede nell’autonomia del
dipinto, dell’opera d’arte, rimane incrollabile, nonostante la nostra abitudine alla produzione seriale, e
soprattutto alla vita artificiale, perche' la fede nella deformazione dell’espressione si genera e si attua
proprio all’interno di quella modalita'. I modelli della cultura visiva non vengono copiati, citati o svalutati,
ma riempiti di nuovo significato, rivisitati, rimpaginati, cosi' da diventare nuovi materiali. Diventano
“materiali" in una doppia accezione: nel senso del contenuto e del linguaggio formale che ne risulta, il
quale pero' non e' ancora utilizzato, e come materiali nel vero senso della parola, ovvero materia
liberamente impiegata come colore, fango, aria o carne.
Butzer vorrebbe che la sua arte fosse intesa come un monumento che funga da monito, in prospettiva
storica, nel quale convergono soprattutto gli aspetti piu' oscuri e luminosi della storia tedesca e americana.
In omaggio al suo unico vero idolo, ovvero Walt Disney, l’artista si rivolge agli abissi e agli splendori
dell’esistenza umana, mai pero' nella veemenza, nei deliri di onnipotenza, ma nell’indolente gesto di
impotenza di chi si trova gia' oltre quell’esistenza, per aspirare a un incarico migliore.
Il titolo della mostra N-Leben (Vita su N), e' l’abbreviazione di NASAHEIM Leben, cioe' “Vita su
NASAHEIM", il luogo immaginato da Butzer come sede della NASA, l’organizzazione americana per la
navigazione spaziale, e della stazione spaziale di ANAHEIM, da Anaheim, la citta' d’origine di Disneyland. Il
simbolo che l’artista ha concepito per questo luogo e' una casa sul cui frontone campeggia una N rossa; e'
una casa con due finestre ma senza porta d’ingresso. NASAHEIM e' quindi inaccessibile: non ci si puo'
entrare, o meglio, non ci si puo' salire. In un’altra occasione Butzer ha gia' chiarito che NASAHEIM e' un
luogo in cui tutta l’arte trovera' la sua attuazione, tutti i colpevoli saranno resi innocenti e gli abitanti
potranno contemplare gli strumenti di sterminio che giacciono immobili.
Ora l’artista si e' incaricato di
dipingere questo luogo, o per lo meno la via che vi conduce, principalmente attraverso la
rappresentazione dei suoi abitanti. Si tratta di un’impresa audace e aleatoria, sapendo che quel luogo non
e' raggiungibile. Per questo motivo le sue creazioni sono sempre imbevute di aleatorieta', anche se molte
opere sono caratterizzate dall’opulenza cromatica e dall’immagine di un’esistenza utopica sotto cieli
azzurri.
Nell’opera che da' il titolo alla mostra N-Leben un uomo e una donna sostano su un prato di fronte alla
casa-N; sembra che la donna voglia comunicare qualcosa, poiche' gesticola indicando la casa, dove la N,
quasi sanguinando, gronda di un color rosso fragola; l’uomo, che nella genealogia dei personaggi di
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Butzer appartiene alla categoria dell’uomo-vergogna, e' seduto o accovacciato al margine inferiore destro,
in un atteggiamento che indica rassegnazione o stupidita'. Ma il cielo e' azzurro, e l’opera sembra dipinta
senza sforzo: forse altre opere precedenti hanno richiesto parecchia fatica.
Si puo' confrontare questo dipinto con un altro lavoro esposto in mostra, un’opera del 2003 intitolata Auf
der kleinen Wiese (Sul piccolo prato), dove un altro uomo-vergogna accovacciato sull’erba alza il suo
braccio monco, in segno di saluto, verso un Friedens-Siemens giallo (Friedens = della pace) che spunta
chissa' da dove. Assistiamo solo a un breve istante, che precede il vero incontro tra i protagonisti.
Probabilmente l’osservatore si aspetta qualcosa di positivo da quell’incontro. Sembra possibile che
avvenga una sorta di comunicazione, che pero' trascende le categorie comunicative che conosciamo.
Un dipinto grigio, monocromo, dalla pittura molto pastosa reca il titolo Sep Ruf, il nome di un architetto
moderno che progettava edifici in Germania anche all’epoca del Terzo Reich. Nell’opera vediamo solo le
tracce di qualcuno che vi ha lasciato dei segni o degli scarabocchi. Butzer definisce i dipinti di questo
genere anche come “ritratti" di chi vi ha lasciato delle tracce, in questo caso Sep Ruf, il cui nome compare
lungo il margine inferiore, come se lo stesso Ruf avesse firmato. L’opera fa parte di una serie di quattro
dipinti monocromi dedicati ad architetti di varie epoche: oltre a Ruf, Ludwig Troost, Ernst Sagebiel e
Herbert Rimpl. Butzer presenta questi personaggi come potenziali architetti di Nasaheim, ma rappresenta i
loro fallimenti, oppure testimonia, cosi' facendo, il loro fallimento.
Per il ritratto di Aribert Heim l’artista ha scelto un’altra forma di rappresentazione: vediamo ancora un
uomo-vergogna, che indossa guanti simili a quelli di Topolino, in posizione eretta, collocato su uno sfondo
bianco ma piuttosto maculato. Aribert Heim era un celebre medico nazista, che ha certamente causato la
morte di migliaia di persone, anche effettuando degli esperimenti sui pazienti. Aribert Heim fu ritrovato
l’anno scorso in Spagna all’eta' di novantuno anni. Butzer vede il dottor Heim come un altro “ingegnere
della morte", al pari di Adolf Eichmann, che l’artista ha gia' ritratto come fabbricante di pudding alla panna
in un’opera esposta a Los Angeles.
Un altro dipinto importante e' Ohne Titel (Katze) (Senza titolo - gatto) che funge, secondo il cliche', quasi
da anello di congiunzione tra il bene e il male: dipinta quasi esclusivamente con i toni del nero,
quest’opera quasi completamente monocroma mostra pero' un gatto, un po’ intristito ma comunque
simpatico, che ricorda le sagome dei primi cartoni americani del secolo scorso. L’animale, che si
accompagna sempre agli uomini e dunque evoca l’idea di convivenza, si apposta come un’ombra scura
sotto di loro e attende che gli sia dato del cibo. Per concludere con il concetto di Heimkunft, coniato da
Friedrich Holderlin, che fonde “patria" (Heim) e “futuro" (Zukunft), trovare una patria puo' essere solo una
visione che si perpetua incessantemente nel futuro, dunque la patria non sara' mai presente.
Inaugurazione: martedi' 9 maggio 2006 ore 19
Gio Marconi
via Tadino, 15 - Milano
Orari: Da martedi' a sabato 10:30-12:30, 15:30-19