Tre videoinstallazioni le quali propongono un discorso sul “cinema" e sulle sue trasformazioni tecnologiche ed espressive all’alba del XXI secolo. Opere di: Nam June Paik, Robert Cahen e Adriana Amodei.
Una riflessione sul cinema in tre videoinstallazioni
Nam June Paik, Two Channel Music Tape: Spring/Fall (USA 1986-2006),
Robert Cahen, Tombe (avec les mots) (Francia 2000-2006),
Adriana Amodei, Intersezioni (Italia 1997-2006)
Immagine, luce, parola: andata e ritorno
a cura di Marco Maria Gazzano
Tre esemplari videoinstallazioni - opere in se' autonome di altrettanti protagonisti dell’arte contemporanea - le quali propongono, tra l’altro, in un percorso di fruizione necessariamente circolare, un discorso sul “cinema" e sulle sue trasformazioni tecnologiche ed espressive all’alba del XXI secolo.
Un discorso - intuitivo, suggestivo, passionale - sulla materia del cinema anzitutto: la luce, il suono, l’immagine visiva, la parola - rivisitata originalmente e diversamente dai tre autori fino a trasfigurarla nel suo grado zero, riproponendola cosi' con radicalita' nei suoi fondamenti archetipici. Per nuovi inizi e nuove, suggestive trasfigurazioni della “cinematografia" nell’epoca della convergenza cibernetica fra i media, dell’intreccio fra le arti e della nuova instabile, fragile, seducente ed emotiva materia elettronica.
Nam June Paik con il suo montaggio acceleratissimo di immagini-baleno strutturate in una performance meditativa “Zen per Tv" specifica del maestro coreano recentemente scomparso, Adriana Amodei con il suo intreccio forte fra scultura e luce elettronica e tra materia solida e materia fluida, Robert Cahen con la sua cosi' concettualmente efficace “caduta di parole" apparentemente fragili disposte su una materia immateriale, propongono indubbiamente ulteriori stati di consapevolezza.
(schede delle opere)
Nam June Paik (ROK/USA/D), Two Channel Music Tape: Spring/Fall (USA 1986) videoinstallazione, in collaborazione con Paul Garrin; struttura video: due serie contemporanee asimmetriche di 30’ ciascuna; struttura sonora originale: il respiro dell’Oceano; riallestimento 2006 in collaborazione con Kinema A.C., Roma ed Electronic Arts Intermix, New York NY.
Due serie di immagini dalla forte densita' cromatica videoproiettate fuori scala e fuori cornice, incastonate una nell’altra, ricostruiscono, in un montaggio visivo acceleratissimo e asincrono, il mondo onirico e la specifica forma cinematografica e ritmica dell’opera di Nam June Paik, il padre fondatore delle arti elettroniche scomparso il 29 gennaio 2006: al quale anche con questo allestimento si intende rendere omaggio.
La danza delle immagini-baleno dei video di Paik costruisce una struttura “musicale" interiore dell’opera dal fortissimo impatto psico-percettivo: impatto paradossalmente rallentato fino al ritmo naturale del battito cardiaco dall’unica struttura sonora presente in una delle due colonne visive: il respiro delle onde dell’Oceano. Tra le immagini, poi, si incastonano e susseguono i ritratti paikiani dei protagonisti dell’avanguardia artistica dagli anni Sessanta a oggi (Allen Ginzberg, Charlotte Moorman, John Cage, Joseph Beuys, Julian Beck, Laurie Anderson, Peter Gabriel, tra gli altri).
Opera esemplare della poetica “Zen per Tv" dell’artista coreano Two Channel Music Tape: Spring/Fall si integra perfettamente - con grande flessibilita' e fluidita' - nei luoghi piu' diversi (interno/esterno, piccolo/grande, museo/citta') senza disturbare gli spettatori o i passanti: anzi accompagnandoli a forme ulteriori di consapevolezza.
Adriana Amodei (I/CH), Intersezioni (Italia 1997) videoscultura, collezione permanente MACRO, Museo d’Arte contemporanea, Roma; struttura video: 4’ a loop; struttura sonora originale di Nicola Sani e Luca Spagnoletti; restauro e riallestimento 2006 a cura dell’artista in collaborazione con Kinema A.C., Roma.
La scultura in ferro dalle forme ellittiche intrecciate (lo scheletro di un mappamondo o i confini dell’uomo vitruviano di Leonardo: o semplicemente l’immagine di una sfera decostruita, di un punto elettronico) si articola in una serie di videoproiezioni fuori scala e senza cornice nelle quali il progetto al computer dell’opera plastica fuoriesce verso il suo doppio fisico.
Un confronto di trascendenze tra materia materiale e materia immateriale, oltre che tra immagine e suono, mossa da una struttura di luce elettronica e di colori fortemente archetipici - la creazione della Luce e della Forma - ulteriormente rafforzata dalla intensa partitura musicale originale firmata da Nicola Sani e Luca Spagnoletti.
Opera di forte impatto emotivo e accentuata, laica, spiritualita'.
Primo premio della mostra “Arte a Roma 1997", acquisita nella collezione permanente della Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea (MACRO) della Citta' di Roma.
Robert Cahen (F), Tombe (avec les mots) (Francia 2000) videoinstallazione, collezione Galerie Evelyne Canus, Bale (CH); struttura video: 18’ a loop, struttura sonora originale: silenzio; riallestimento 2006 a cura dell’artista, in collaborazione con Kinema A.C., Roma.
Un grande schermo cinematografico, disposto in verticale e incorniciato come un quadro ultrapiatto, si confonde quasi su un’alta parete. Proiezione “classica" di una immagine verticale, quadro animato che sposta la percezione dei dispositivi cinematografici affermatisi nell’ultimo secolo (lo schermo e il monitor tv) a ritroso, verso l’eta' della pittura: pur rimanendo cinema e', al tempo stesso, arte plastica e performance comunicativa.
Su un fondo di un blu intenso, omogeneo e inquietante perche' privo di riflessi, nuova materia cromatica elettronica della quale si percepisce l’instabilita' e la fluidita' pur senza vederla, scorrono lentamente dall’alto verso il basso - spiazzando ancora una volta lo spettatore con una inversione della prospettiva percettiva - parole, espressioni, singole lettere dell’alfabeto.
“Parole" come “personaggi": che entrano nel campo visivo sorprendendo di volta in volta lo spettatore con la doppia suspence dell’attesa del nuovo e del suo significato (eventuale) in relazione a quello sotteso alla “parola" appena trascorsa.
Un’idea del “passaggio", dell’attraversamento instabile, incerto e variabile dell’esistenza e dei suoi molteplici, possibili significati definisce quest’opera in una sorta di emotivamente intensa e spiazzante narrazione interiore - forse autobiografica - sia dell’artista sia dello spettatore.
Tutte le parole che cadono, al rallentatore, sono in francese, ma potrebbero essere in qualunque altra lingua occidentale: si tratta, in ultima istanza, di un confronto tra i significati forti che segnano alcuni termini fondanti la nostra cultura e l’apparente instabilita' della loro “caduta".
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