Anna Crescenzi ha sperimentato e assemblato diversi materiali: legno, ferro, rame, cartapesta, terracotta, plexiglas, interessata soprattutto al loro contrasto cromatico e materico.
Il "cammino verso il linguaggio" delle opere di Anna Crescenzi, nel ritmo inquieto
della ricerca, ha affrontato diversi crocevia, suscitando, nelle forme
materiologiche delle politecnìe del suo fare, sofferte tensioni espressive.
L'arte come problema è l'orizzonte sul quale ella persiste, con l'esercizio della
"anamnesi profonda" che cerca di toccare l'opera originante del linguaggio. La sua
tenacia "sperimentale" porta l'ardua solitudine della modificazione necessaria che
in questo operare accade, ri-velata in uno spazio eterogeneo di costruita
instabilità delle forme. Ella sembra sospendere l'opera nell'oscillazione
dell'immagine tra memoria dell'origine e memoria del tramonto. In un tempo di
nessuno.
Racconto delle impermanenze, aperto nel compiersi dell'opera, alla risonanza di un
abisso infinito, che solca le cose figurali, sorgivamente incompiute, con
frastagliati confini, come frammenti attimali dell'essere. Lontana dall'esclusiva
immediatezza oggettuale - idolatra e arrogante umanesimo del fare - I 'opera cerca
di mostrarsi, nell'esperienza di Anna Crescenzi, come spazio ricordante una
originalità prima d'ogni origine.
Un'abolizione del tempo nel corpo della temporalizzazione stessa del linguaggio.
Il non-dove che co-esiste ad ogni fare, e solo in esso "vive". Non come fondo
dell'immagine bensì fondo nell'immagine.
Le "materie immaginali" che Crescenzi dà in opera sono fissate nel loro spazio
ma contemporaneamente sembrano in transito verso altre metamorfosi.
Tracce materiali che si condensano come "strati tettonici immemoriali che si
muovono sotto i nostri piedi, sotto la nostra storia" (Nancy). E' sull'insidiosa
e sommossa soglia tra perdita e rinascita, che l'opera di Anna Crescenzi attende
al suo formarsi un mundus imaginalis sempre nascente nella sua possibilità .
L'artista dis-pone polimorficamente la sua téchne a cogliere, tra gli interstizi
delle materie e dei segni, delle figure e dei vuoti, ciò che nel linguaggio delle
forme si deposita "in silenzio", portato nella luce radente dell'immemore memoria.
Grembo originario, "vuoto" che è prima di ogni soggettività del fare ma che nelle
forme del fare abita. Nella luce originaria del fondo abissale la materia è
trasfigurata in immagine, la quale nella materia appare, oltre la materia si forma.
Il senso del fare di Crescenzi non è dunque un'ennesima retorica immediatezza
espressiva della materia, né un semplice modellare con le materie. Piuttosto,
il suo lavoro "dice" le possibilità della materia nel momento in cui ne oltrepassa
la semplice presenza e la indizia di una immaginalità espansiva fino ad un'apertura
visionaria. Visioni nascenti nelle concrezioni materico-pitturali che dialogano con
stranianti frammenti plastici. Sono insule di senso che s'incrociano, si
richiamano, si contrastano: ramificazioni e grumi, figure umane, filamenti e
aggetti di archetipi magico-simbolici del corpo. Sono paesaggi "impossibili" di
impronte-rilievi del tempo - slittamenti di faglie tra storia e preistoria. Scorci
di storie sotterranee deposti in un'eteroclita formazione plastico-figurale.
S'intrecciano "interpretando" ambiguamente le proprietà significanti degli elementi,
traslati, con-fusi o con-giunti, in un tableau di dissomiglianze e rassomiglianze
che fanno lo spazio dell'opera una vertigine del senso.
Il corpo - in una deformata classicità , tangibile e fuggevole ad un tempo - sorge
nella fangosa solidificazione di elementi di terra, acqua e fuoco. É figura infranta
che si stacca sul fondo interminabile dell'oscura materia elementare rivolta verso
la superficie e fuori di essa. L'opera di Anna Crescenzi vive in questo sperimentale
"gianico" spazio dell'immaginare.
Tra la luce oscura, inattingibile eppur reale, e il disegnarsi immaginate della
materia, la "storia" di Anna Crescenzi ha ora affrontato il rischio ("noi siamo
infinitamente arrischiati" scrisse Rilke) di un linguaggio che manifesta anche
l'altro da sé che è in sé, il fondo irraggiungibile. E' la catastrofe necessaria
per l'opera, dove agisce la potenza dell'energia spazializzante e scava le pieghe
abissali del linguaggio. Viaggio interminabile nello spazio lacerato della memoria
controversa, in cui è eco l'oblio, la ferita dimenticata che attraversa e
costituisce l'opera come materia del dolore.
Francesco Cipriano
ANNA CRESCENZI è nata a Sarno (Sa) dove vive e lavora in via Nunziante, 19.
Diplomata all'Accademia dl Belle Arti di Napoli, sezione scultura, è docente di
Discipline Plastiche ed Educazione Visiva presso l'Istituto Statale d'Arte di Torre
Annunziata (Na).
"Materia immaginale. Annotazioni per le opere di Anna Crescenzi". Ha sperimentato e
assemblato diversi materiali: legno, ferro, rame, cartapesta, terracotta, plexiglas,
interessata soprattutto al loro contrasto cromatico e materico.
Dal 1974 partecipa a mostre e rassegne. Dal 1979 collabora ad attività di
teatro- scuola e, in varie manifestazioni, alla costruzione di macchine teatrali
per spettacoli di piazza.
Inaugurazione sabato 21 aprile ore 18,30
Orario di apertura: dal martedì al sabato h 16-19.30
La roggia associazione culturale
v.le Trieste, 19 P.B. 167 - 33170 Pordenone
tel. e fax 0434 552174