Opere al vero. Nei suoi lavori, dietro la rappresentazione di interni anodini e paesaggi e visi a lei sola familiari, si celano concezioni raffinate e un notevole apparato di conoscenze ed esperienze.
Opere al vero
Vita delle forme: l’opera al vero di Sarah Setchfield
La pittura figurativa e' un genere insidioso: delude se la mano non e' sicura, e dove lo sia troppo, puo' contrarsi in sterile virtuosismo. Il realismo di Sarah Setchfield partecipa invece del giusto mezzo aristotelico - esito del felice connubio tra magistero stilistico e intensita' emotiva che dispone l’elevata qualita' formale del disegno e della pittura alla suggestione evocativa dei contenuti.
Formatasi a Edimburgo, presso la Facolta' di Arte dell’Universita' e il College of Art, e poi a Londra, presso il Warburg Institute, Sarah Setchfield vive e opera in Italia dal 1991 con sempre piu' largo consenso, imprimis a motivo della tecnica magistrale, e poi per la capacita' - propria di certa tradizione figurativa d’oltremanica - di conferire profondita' e intelligenza a oggetti e vedute d’interni, a volti e paesaggi, sotto il velo d’una consapevole e programmatica discrezione. In Sarah Setchfield il retaggio accademico traluce - nei suoi aspetti piu' apprezzabili e con declinazioni originali - nella concezione dell’arte come te'chne e capacita' quasi prometeica d’infondere vita alle forme, nel vigile controllo dell’invenzione ardita sotto l’egida della perizia esecutiva, nella naturale inclinazione al genere del ritratto, in linea di continuita' con una tradizione pittorica che in Inghilterra vanta da sempre protagonisti illustri, da Reynolds a Sargent, da Vanessa Bell a Lucien Freud.
Di fronte al lavoro della Setchfield, e senza bisogno d’ulteriori supporti critici, l’osservatore spontaneamente ammira il trattamento sapiente della luce, la resa perfetta dei materiali, la vivida impressione plastica, requisito ineludibile della “vera" pittura per i formalisti di primo Novecento. Con la bravura, pero', altri elementi concorrono alla seduzione estetica esercitata dalla sua opera: primo fra tutti, l’onesta' intellettuale. Niente espedienti materico-stilistici ne' manifesti ideologici per colpire (e confondere) la critica e il pubblico. Qui il talento figurativo si espone al giudizio senza artifici. Alla Setchfield sono estranei gli abusi di sperimentazioni e provocazioni che nella maggior parte dei casi nascondono carenze tecniche. I poeti, diceva Nietzsche, spesso intorbidano le acque per farle sembrare piu' profonde. Avviene lo stesso coi pittori. Sicche', questa sorta di ritorno all’ordine, al rigore figurativo, al cesello paziente proposto dalla Setchfield appare altrettanto ammirevole che appassionante.
Dal punto di vista critico, l’arte di Sarah Setchfield e' una sorta di paradosso: dietro la rappresentazione di interni anodini e paesaggi e visi a lei sola familiari si celano concezioni raffinate e un notevole apparato di conoscenze ed esperienze; e pur collocandosi nel solco della tradizione piu' canonica, inibiscono l’uso dei consueti strumenti esegetici nei commentatori, imbarazzati di fronte alle sue opere a discettarne in comodi termini di metafore allusive, proiezioni inconsce o riverberi introspettivi. Se poi uno degli assunti cardinali dell’estetica novecentesca, da Bergson a Heidegger, e' che l’arte figurativa rivela - o rammenta - aspetti essenziali delle cose spesso obliterati dall’uso pratico, i dipinti qui esposti dimostrano invece che gli oggetti possono essere pittoricamente efficaci semplicemente illustrando l’arte che li rappresenta.
La Setchfield istituisce con l’osservatore un gioco sottile: apparentemente concentrata sulla riproduzione fedele e calligrafica di lineamenti, luci, paesaggi, ella sembra prestare l’occhio sicuro e la mano esperta alla rappresentazione di qualcosa su cui fissa la sua e nostra attenzione, e tacitare la propria soggettivita' a favore di una rappresentazione quanto piu' obbiettiva e neutra della realta'. Tuttavia, non e' di questa che si rivela il senso; diventiamo invece estremamente consapevoli delle possibilita' dell’arte e dei modi che la definiscono, anche in assenza di dialettiche ricomposte o metafisiche decifrate.
Cosi', e' la pittura di Sarah Setchfield che siamo invitati a considerare davanti all’immagine di un bicchiere di cristallo su un fondo di tessuto cangiante, assai piu' che l’intima ed essenziale natura dell’uno e dell’altra. Giusto orgoglio d’artista, certo; ma il “gioco" dei rimandi ha un esito meno narcisistico, perche' quel che la Setchfield illustra sono le possibilita' di cui l’Arte dispone e di cui ella si fa testimone esemplare e discreta, esibendo, oltre che se stessa, l’eterno prodigio della creativita' umana, capace di conferire valore e bellezza alle forme del mondo e al nostro contemplarle.
Andrea Gatti'
Universita' di Ferrara
Inaugurazione: Sabato 09 settembre 2006 ore 17,30
Galleria Primo Stato
Via dei Due Gobbi 5 - Reggio Emilia