L'Orizzonte Liquido. L'artista compone una nutrita serie di opere di medio e grande formato (smalto lucido su cartone). Bozzetti di ambienti, schizzi di interni, architetture, paesaggi e oggetti di design. Contornati da un lieve tratto di marker, sembrano subire l'azione di una forza centrifuga che ne solleva e liquefa i pigmenti rendendoli piu' simili a composizioni astratte.
L'Orizzonte Liquido
The flat presenta la prima personale milanese di Guido Bagini.
L'artista Torinese compone una nutrita serie di opere di medio e grande formato
(smalto lucido su cartone).
Bozzetti di ambienti, schizzi di interni, architetture, paesaggi e oggetti di
design, contornati da un lieve tratto di marker, sembrano subire l'azione di una
forza centrifuga che ne solleva e liquefa i pigmenti rendendoli piu' simili a
composizioni astratte.
Una sorta di " fata morgana atomica" in cui le forme perdono gradualmente la loro
definizione per effetto di un insorgente processo di autocombustione emotiva.
Introduzione di Edoardo Di Mauro
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Testo critico di Santa Nastro
Guido Bagini, ovvero la solitudine degli edifici
Il cuore nella solitudine e nella pace va a poco a poco obbliando i suoi affanni; perche' la pace e la liberta' si compiacciono della semplice e solitaria natura.
(U. Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis)
Nelle arti, nella musica, nella filosofia e in quasi tutta la letteratura seria, la solitudine e la singolarita' sono essenziali [...] Testimoniano della ricchezza estatica della solitudine. Affermano che soltanto nella solitudine austera si puo' percepire la pulsazione della vita nella sua vibrazione piu' intensa.
(G. Steiner, Grammatiche della creazione)
Nell'arte si narrano molteplici storie di solitudine. Quelle raccontate da Guido Bagini riguardano l'architettura ed il paesaggio. Ma non solo, raccontano di noi. Del nostro sguardo pellegrino tra le sue nature disabitate, gli edifici senza vita e tempo. Sono storie in soggettiva. Protagonisti noi, che percorriamo lo spazio con passo lesto e determinato. Che mettiamo a fuoco, inquadriamo, zoomiamo, ci perdiamo, approfittando del silenzio per una riflessione puramente estetica. Che si posa su forme e volumi attraenti, a meta' tra figurazione ed astrazione. Che tappezzano il supporto di solide scacchiere di colore scintillante. Con una tavolozza - smalti stesi a campiture omogenee - serrata, fatta di poche, ma ben coordinate tinte, studiate con attenzione per dare spessore e profondita' di campo all'immagine. L'artista, infatti, non lascia nulla al caso. Mutua la lezione di Vincent Van Gogh e lavora sulle distanze attraverso un'analisi vigile dei rapporti cromatici. Rendendo gli scarti con passaggi talvolta cosi' lievi da sfuggire ad un occhio poco addestrato.
In questo calcolatissimo calembour di colori, i verdi, i blu, gli azzurri, freddi come il ghiaccio, vengono disattesi da pimpanti sortite di tiepidi arancioni e bollenti rossi. Da sgocciolature - trasgressive e fraudolente - di vernice, lasciate cadere sulla superficie, senza nessuna concessione alla distrazione, bensi' sotto il ferreo controllo della mano dell'artista. Si tratta di esplosioni improvvise, che vanno ad animare il silenzio inquietante dei territori indagati. In cui le i caseggiati, statici ed immutabili, scevri da ogni presenza umana, sono turbati unicamente dall'attacco terroristico di un dripping inaspettato.
Ma non e' solo l'aspetto compositivo l'unico piano di lettura dell'opera del torinese Bagini. Se volessimo attenerci ad esso, dovremmo parlare di Mario Schifano. Tornerebbe inevitabilmente alla memoria, per l'uso in pittura dello smalto. Ma l'opera di Schifano traeva la sua componente drammatica dall'uso ingeneroso e trasandato dei pigmenti, dall'isolamento di oggetti-icone in spazi -limbo inanimati. E se pensassimo a Jackson Pollock cadremmo nuovamente in errore, poiche' Bagini, malgrado la tecnica, rimane saldamente legato al referente reale. E' su un piano prettamente contenutistico che dobbiamo spostarci. Raccogliere gli indizi lasciati dall'autore e leggere tra le righe. Come detto, non c'e' vita umana nei paesaggi di Guido Bagini. Eppure c'e' una traccia indelebile, nelle sue istantanee, delle persone che abitano o che hanno vissuto in quegli spazi. Che li hanno ideati e resi possibili. Dietro quei volumi, che non aspirano ai piani alti, c'e' una mano tutta europea. Dietro la solidita' di quelle strutture, prive delle trasparenze longilinee degli skyscrapers di Norman Foster o degli interstizi tortuosi di Peter Eisenmann, c'e' una ricerca specifica attorno al tema dell'abitazione. Intesa come luogo semplice, ma confortevole. Elegante, ma essenziale.
E, soprattutto, c'e' una classe sociale nuova. Una generazione emergente dotata di forte senso pratico, eppure amante del bello. E una certa democrazia dell'arte, nella sua forma non piu' elitaria, bensi' consumabile, accessibile a tutti. Ci sono luoghi assolati, popolati da case dai tetti bassi e pareti di un bianco smagliante, mediterraneo, che ricordano il Portogallo di Alvaro Siza. O il nostro Sud Italia. Con quegli orizzonti implacabili e la natura propulsiva. Ci sono i vuoti. Gli spazi che l'artista lascia intonsi, permettendo alla superficie castana del cartone di emergere in tutta la sua si' grossolana, ma anche sincera limpidezza. A dettar legge sugli equilibri delicati che sorreggono l'intera macchina compositiva. Il carosello policromo orchestrato da Guido Bagini. I rapporti instabili tra uomo e natura. Cosi', la pittura si ritrae. Il colore, invece di spadroneggiare sulla superficie ed esibirsi in tutto il suo spessore materico, tende ad assottigliarsi, lasciando che gli spazi vacui raccontino quella leggerezza che non si puo' richiedere al segno. Ne' tanto meno alla vernice. E', inoltre, la tensione all'essenziale, l'attitudine al togliere, che caratterizza la maturita' di un artista. Gli esordi coincidono quasi sempre con la sovrabbondanza. La consapevolezza si acquista con la rimozione. E quindi col silenzio.
L'assenza, il vuoto, e la riconquista dello spazio diventano percio' temi altrettanto importanti nella poetica dell'artista. In un mondo sempre piu' piccolo, fatto di metropoli soffocanti, di monolocali e mobilia “salva - spazio", l'arte di Bagini si permette il lusso di “arieggiare" gli ambienti, conferendogli ampiezza ed un certo grado di eterna immutabilita'. Dinanzi ai suoi quadri, finestre ritagliate su un mondo fantastico, seppur probabile, porte mirabolanti “Ai confini della realta'", lo spettatore e' chiamato ad una sensazione al contempo straordinaria ed eterna. Il richiamo struggente dell'uomo stagliato contro l'infinito. La visione romantica ed esasperante delle muse della contemporaneita'.
Inaugurazione Martedi' 19 settembre 2006 dalle ore 18.30
The Flat - Massimo Carasi Arte Contemporanea
Via Vaina 2 , (MM Porta Romana) - Milano
Orari galleria: Dal martedi' al venerdi' ore 15.30-19.30, sabato e festivi su
appuntamento