Mostra antologica
Mostra antologica
Una mostra antologica dedicata ad Angelo Modotto (1900-1968), con un percorso esaustivo che evidenzia l'importanza e l’influenza di questo artista nel rinnovamento della pittura friulana ed italiana tra la fine degli anni Venti e Trenta del Novecento e i suoi contatti con i principali movimenti artistici sino agli anni Sessanta. Influenzato dagli studi fatti a Venezia, all'Accademia di Brera e dagli esordi alla Bevilacqua La Masa, nel 1928 fondò, assieme a Dino, Mirko, Afro Basaldella e Alessandro Filipponi la Scuola Friulana d'Avanguardia, pervaso dallo spirito che animava le manifestazioni anti-Biennali di Ca' Pesaro, per opera principalmente di Arturo Martini e Gino Rossi. In un clima artistico locale dominato dalle Biennali d'Arte Friulane, iniziate nel 1926, che riproponevano una pittura passatista legata alla “ macchia”, i pittori della Scuola Friulana d'Avanguardia rifiutavano, come rilevò Arturo Manzano, “la filologia del colore locale, l'apologia del folclore, del vocabolario e della sintassi dialettale, l'abbandono di soggetti regionali, per affrontare temi filosofici e universali, come avveniva nel resto d'Italia”.
Le vicende della Scuola Friulana si svolsero tra il 1928-29; già nel 1930 Modotto si recava a Parigi e veniva in contatto con Prampolini, Severini, Tozzi, De Pisis, Leone Rosenberg, Paul Guillame. Nel 1931 Gino Severini, in occasione di una personale dell'artista alla Galleria Bonaparte, parla di “cubismo”, di “figure squadrate ridotte a forme geometriche”, senza tuttavia la policromia del cubismo sintetico. Attraverso Severini, che influenzò Modotto anche nella tecnica pittorica divisionista e nel recupero di un Medioevo surreale, l'artista friulano venne a contatto con la filosofia di Jacques Maritain.
Nel cammino formativo di Modotto grande importanza ricoprirono le personalità artistiche di De Chirico e Savinio, con le loro atmosfere incantate, gli eroi olimpici e i manichini. Nella prima metà del 1933 Modotto, recatosi a Roma nel periodo di avvio della seconda fase della Scuola Romana, ritrovò Afro e Mirko, i compagni della Scuola Friulana d’Avanguardia, e iniziò un’intensa attività espositiva. Nel 1935 Giò Ponti, direttore artistico dell'Esposizione mondiale della Stampa cattolica, lo incaricò di dipingere un Cristo alto circa una decina di metri, per fare da sfondo alla galleria principale dei padiglioni.
Nel 1936 partecipò alla Biennale di Venezia, nel 1935-1939-1943 alle Quadriennali Romane e nel 1947 partì per l'Argentina, dove le sue opere risentirono inevitabilmente dei richiami all'arte degli Indios e degli influssi dei Murales messicani, con una “ lingua popolare” che rimanda a Diego Rivera. Nel 1950 ritornò a Roma, poi a Udine e ancora a Roma, dove ebbe il sostegno del mecenate Riccardo Gualino che apprezzava molto i suoi dipinti. Tra il 1955 e 1956 l’artista recuperò la poetica dei ruderi dipinti, mentre tra il 1959 e il 1960 impresse l'ultima sterzata alla sua pittura, ispirandosi alle radici metafisiche e riproponendo i manichini, eroi scaturiti dalla sua creatività giovanile. Muore il 25 aprile del 1968 a Udine.
Museo Civico del Santo
piazza del Santo 12 - Padova
Orario: da martedì a domenica: 10:00 -12:0/15:30 -19:00 - chiuso lunedì
Ingresso libero