A una prima occhiata la mostra comprende 'solo' una serie di specchi formato cartolina inclinati in modo da non riflettere il volto di chi li osserva e completati da una didascalia...
Cartoline di viaggio
Se c’è un oggetto misterioso e intrigante, questo è da sempre lo specchio: attrae come nei miti, parla come nelle favole ma soprattutto duplica la realtà in modo tale da rendere indistinguibile l’originale dalla copia. Se poi parliamo di fotografia le cose si complicano: come non pensare allo specchio ribaltabile delle fotocamere reflex attraverso cui l’immagine, raddrizzata da un prisma, giunge al nostro occhio, come non evocare gli antichi dagherrotipi realizzati su una superficie di rame argentato lucidata a specchio?
Ma lo specchio è un elemento passivo o è un soggetto esso stesso capace di memoria dato che per costruirlo fin dall’antichità si usavano quei sali d’argento che sono anche l’elemento fotosensibile delle pellicole in bianconero? Alla domanda risponde Michele Mazzanti con un lavoro davvero singolare perché a una prima occhiata “Cartoline di viaggio” comprende solo una serie di piccoli specchi formato cartolina inclinati in modo da non riflettere il volto di chi li osserva e completati da una didascalia che indica un luogo geografico e un data.
Dopo un primo comprensibile spiazzamento, si comprende che la mostra è un luogo di confronto e che Mazzanti chiede al visitatore un atto di fiducia che gli permetterà di entrare in un piccolo universo magico: è disposto a credere che la superficie di quello specchio ha riflesso le facciate dei quartieri di Lisbona, le periferie di Vilnius, le strade deserte di altre città europee? Se quei luoghi li ha conosciuti li potrà ritrovare nella “memoria” degli specchi, se non c’è mai stato li potrà invece solo immaginare. L’importante è che stabilisca un rapporto di complicità con il fotografo e ne condivida il progetto che si rivela essere quello della costruzione di una gigantesca isola circondata da riflessi perché alcune immagini dalla Norvegia rimandano verso Capo Nord, altre dal Portogallo verso l’America, dalla Spagna verso l’Africa, dalla Siberia verso l’Asia.
Anche comprare una di queste opere implica una condivisione perché davvero bisogna accettare che quella superficie abbia riflesso il luogo indicato nella didascalia proprio quel giorno: lo testimonia l’autentica che viene consegnata a ogni collezionista dove, in una parte della fotografia del luogo, compare sempre la macchina fotografica che l’ha ripreso indirettamente fotografando lo specchio e che da questo è stata anch’essa catturata. Ma le autentiche, tanto per rendere più dinamico questo percorso, sono tutte conservate in una teca lontana dagli specchi obbligando i visitatori a un intrigante gioco di rimandi visivi.
La realtà e il suo doppio si intrecciano, la galleria si trasforma nel luogo dotato di una sospensione temporale, attraversato da mille sentieri dove ci si può imbattere in altre teche dove sono conservati altri specchi, questa volta antichi, coperti della polvere del tempo. Ed è allora che viene voglia di osservarli da vicino per tentare di scorgere le tante immagini che sicuramente hanno riflesso e di cui, forse, conservano la traccia.
Roberto Mutti
Inaugurazione ore 18.30
Nowhere Gallery
via della Moscova, 15 - Milano
Orario: da martedì a sabato 10.30-13.30 e 15.30-19.30
Ingresso libero