Pratiche espositive nel Novecento e nell'attualita'
UNIVERSITA' DI BOLOGNA / CORSO DI LAUREA DAMS - CURRICULUM ARTE /
DIPARTIMENTO DELLE ARTI VISIVE
PRATICHE ESPOSITIVE NEL NOVECENTO E NELL'ATTUALITA' / architettura dei
musei, arte del display e comunicazione visuale
seminario a cura di MARIO LUPANO
venerdì 27 aprile, ore 16:00
ex Convento di Santa Cristina – AULA MAGNA
"ESPERIENZE ERRATICHE ED EFFIMERE"
Presso il Dipartimento Arti Visive dell'Università di Bologna,
all'interno del seminario a cura di Mario Lupano dedicato alle
"Pratiche espositive nel Novecento e nell'attualità" si svolge il
terzo appuntamento dal titolo "Esperienze erratiche ed effimere" con
gli interventi di Elvira Vannini, Simona Stortone e Silvia Lupini che,
con attitudini diverse, affrontano gli scenari prodotti dalle
trasformazioni urbane e le strategie spazio-temporali, in relazione
alla ricerca artistica e ad alcune significative esperienze
architettoniche europee contemporanee.
Il modello della deriva urbana negli art display / Elvira Vannini
La deriva come modello per il display e le fenomenologie urbane come
metonimie dello spazio pubblico interpretati attraverso alcune
esperienze espositive che assumono come riferimento la città e la sua
debordante complessità. Un'ipotesi critica che alla luce delle
dinamiche processuali di alcune ricerche attuali, intreccia arte,
architettura e spazio pubblico. Mostre che attivano processi urbani,
installazioni effimere che anticipano trasformazioni del paesaggio,
giocate sull'accumulo indifferenziato e connotate da un atteggiamento
basso, situazionale (le note esperienze londinesi: Parallel of life
and Art, 1953; This is tomorrow, 1956; e Living City, 1963). E poi gli
anni Ottanta con due casi paradigmatici: dall'esperienza dello spazio
urbano della Strada Novissima, I Mostra Internazionale di Architettura
a Venezia, alla rarefazione del display multidisciplinare, metafora di
una città dei flussi, di Les immateriaux, a cura di Jean-François
Lyotard al Centre Pompidou. Le assonanze tra strategie espositive e
condizione urbana, musei e città, implodono negli anni Novanta, dalla
formula della mostra-laboratorio, come "stato d'agitazione" di
Catherine David (Documenta X, Kassel 1997), al display in crescita di
Hou Hanru nell'estetizzazione della compulsione metropolitana, fino ad
alcuni possibili incroci, addensamenti di significato, deflagrazioni
nelle esperienze più recenti.
Elvira Vannini, laureata al DAMS di Bologna (2002), e diplomata alla
Scuola di Specializzazione in Storia dell'Arte Contemporanea (2007).
Attualmente svolge il Dottorato di ricerca in Storia dell'Arte presso
l'Università di Bologna . È autrice e co-conduttrice di uno spazio
radiofonico dedicato all'arte contemporanea, trasmesso dalle frequenze
di ''Radio Città del Capo'' - Popolare Network. Svolge attività
critica e curatoriale indipendente. Collabora con testate
specializzate, si occupa di recensioni, articoli e interviste, con
particolare attenzione alle ultime generazioni di artisti italiani e
internazionali. Ha curato mostre personali e collettive in gallerie,
spazi pubblici e situazioni no-profit, eventi performativi e
articolazioni audiovideo. Riflette sulle relazioni tra pratiche
artistiche, strategie di occupazione dello spazio pubblico,
architettura, trasformazioni sociali e urbane.
City wrinkles. Arte e strategie di riattivazione urbana / Silvia Lupini
Tra pianificazione e atti concreti di trasformazione, nella città
contemporanea prendono consistenza delle entità spaziotemporali
"altre" – wrinkles / rughe, pieghe – che sempre più sembrano svolgere
una ruolo cruciale nell'evoluzione delle identità urbane. Le
potenzialità di questi spazi sembrano essere meglio interpretata
proprio dall'arte. Sono numerose infatti le modalità attraverso le
quali l'arte ha ormai imparato ad appropriarsi e a determinare le
identità "resistenti" di questi spazi, anche in opposizione ai
programmi ufficiali delle amministrazioni cittadine. Specialmente le
aree portuali dell'europa contemporanea sembrano essere un laboratorio
di nuove identità e sono anche i luoghi dove l'arte riesce a
dispiegare una speciale attitudine alla pianificazione concreta dello
spazio pubblico (informal strategies). La tesi di un ruolo "urbano"
dell'arte è concretamente dimostrata attraverso la lettura di casi
esemplari. Non si tratta di processi confondibili con la public art,
dotata di paradigmi e protocolli ormai consolidati, ma di situazioni
in cui l'arte tende a "sostituire" architettura e urbanistica nella
trasformazione urbana e dei suoi edifici. E va detto che tali fenomeni
s'intrecciano con altri analoghi – gentrification, neo-bohemian,
distretti dell'arte – già riconosciuti analizzati in molte città.
Silvia Lupini si è laureata alla Facolta' di Architettura di Ascoli
Piceno. Durante e dopo gli studi ha partecipato a vari workshop, anche
internazionali, sulle pratiche architettoniche e la progettazione
architettonica contemporanea. Ha collaborato alla didattica di
progettazione architettonica presso la facolta' di Ascoli Piceno. Ha
da poco concluso il suo dottorato di ricerca internazionale in
architettura Villard d'Honnecourt con uno studio sull'arte e i suoi
canali non instituzionali come nuovo attore di trasformazioni urbana.
Attualmente vive in Olanda e lavora come assistant designer nello
studio West8 urban design and landscape architecture.
Re_EMPTY: temporaneo-interim-provvisorio, il caso di Berlino / Simona Stortone
I vuoti urbani come terreni di coltura di identità. Non i tradizionali
spazi aperti della città, bensì quelle aree apparentemente escluse dai
processi di trasformazione urbana, che diventano temporaneamente
teatro di fatti sociali auto-organizzati riuscendo a descrivere con
efficacia la complessità della condizione identitaria urbana e le
attese per un cambiamento futuro. Il caso di Berlino è emblematico
perché offre il tema clamoroso degli utilizzi dello spazio lasciato
libero dalla demolizione del Muro – "madre di tutti i vuoti". Per
descrivere il caso si alternano strumenti analitici tradizionali con
vere e proprie esplorazioni sul campo intese come approccio
sperimentale ai luoghi (sul modello dei walkscapes di Stalker).
Attraverso una documentazione eterogenea e un atteggiamento
transdisciplinare si introduce nella riflessione architettonica il
tema della rilevanza dei contesti sociali e delle forme dell'auto
organizzazione dello spazio fisico della città. E, ancora più
importante, si pone la questione dello scollamento tra tempi del
progetto e processi di sviluppo urbanistico non come limite, bensì
come opportunità per lo sviluppo estetico, sociale ed economico della
città.
Simona Stortone si è laureata in Architettura nel 2002 all'Università
di Pescara con una tesi sulla riconfigurazione dell'aeroporto di
Tempelhof a Berlino in seguito alla dismissione. Da allora segue un
percorso di ricerca essenzialmente concentrato sui vuoti urbani nella
città contemporanea partecipando a workshop progettuali e teorici tra
Italia e Germania. Nl 2005 ha partecipato al progetto "WALL(K)" con
Stalker-Roma e studio.eu-Berlino percorrendo in bicicletta l'intera
traccia della vecchia frontiera est-ovest di Berlino per cogliere e
studiare le trasformazioni urbane lungo il grande vuoto del muro. Ha
approfondito il tema nel dottorato internazionale di ricerca in
architettura Villard d'Honnecourt concluso nel 2007. Attualmente
lavora e vive a Berlino.
Il seminario assume le forme di un laboratorio temporaneo dedicato
alla fenomenologia dei musei, le pratiche espositive e la
comunicazione visuale, con un attraversamento critico del Novecento e
dell'attualità. Le discussioni si svilupperanno intorno ad alcuni casi
esemplari tratti dalla scena internazionale che intendono incrociare
diversi punti di vista interdisciplinari: dalla riflessione di
conservatori e curatori di collezioni, mostre, eventi culturali (sia
duraturi che transitori), all'architettura museale e l'occupazione
temporanea di luoghi abbandonati e dismessi dalle attività produttive,
all'arte dell'allestimento e la costruzione di strategie comunicative.
All'interno del format si alterneranno ospiti, lezioni, incontri e
conferenze per aprire uno spazio di discussione, sulla definizione
della pratica critica e curatoriale indipendente, la nascita dei Musei
dell'Iperconsumo, la destrutturazione dell'idea stessa di Museo, a
partire dall'Institutional Critique, lo sviluppo di piattaforme
interdisciplinari, l'invenzione di mostre/dispositivi, l'interazione
tra l'architettura, lo spazio pubblico e le dinamiche urbane, per
definire modalità di intervento e di azione culturale.
Gli incontri nascono all'interno delle attività F per il triennio, del
curriculum DAMS- Arte, ma si aprono al pubblico coinvolgendo anche
spazi esterni per attivare un dibattito, un confronto,
sull'architettura, la museografia e l'arte del display.
Responsabile: MARIO LUPANO
Collaboratori alla didattica e alle esercitazioni del seminario:
RICCARDO DIRINDIN, ANTONELLA HUBER, ELENA PIRAZZOLI
Con la partecipazione di: KATIA ANGUELOVA, MATTIA DARÒ, ALSO AVAILABLE
ARCHITECTURE (LUCA DIFFUSE + MARIELLA TESSE) & DANIEL EGNÉUS, FLAVIO
FAVELLI, LUANA LABRIOLA, SILVIA LUPINI, SILVIA MELATTI, GABRIELE
MONTI, MARCO NAVARRA, PAOLA NICOLIN, ELISA POLI, STEFANO ROMANO, ITALO
ROTA, SIMONA STORTONE, LUCA TREVISANI, ALESSANDRA VACCARI, ELVIRA
VANNINI, ANDREA VILIANI.
Bologna, Dipartimento delle Arti Visive, ex Convento di Santa Cristina
Piazzetta Giorgio Morandi, 2
AULA MAGNA