Ex Convento di Santa Cristina
Bologna
piazzetta Giorgio Morandi, 2
051 2754076
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Esperienze erratiche ed effimere
dal 26/4/2007 al 26/4/2007

Segnalato da

Elvira Vannini



approfondimenti

Mario Lupano
Elvira Vannini



 
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26/4/2007

Esperienze erratiche ed effimere

Ex Convento di Santa Cristina, Bologna

Pratiche espositive nel Novecento e nell'attualita'


comunicato stampa

UNIVERSITA' DI BOLOGNA / CORSO DI LAUREA DAMS - CURRICULUM ARTE / DIPARTIMENTO DELLE ARTI VISIVE

PRATICHE ESPOSITIVE NEL NOVECENTO E NELL'ATTUALITA' / architettura dei musei, arte del display e comunicazione visuale
seminario a cura di MARIO LUPANO

venerdì 27 aprile, ore 16:00
ex Convento di Santa Cristina – AULA MAGNA

"ESPERIENZE ERRATICHE ED EFFIMERE"

Presso il Dipartimento Arti Visive dell'Università di Bologna, all'interno del seminario a cura di Mario Lupano dedicato alle "Pratiche espositive nel Novecento e nell'attualità" si svolge il terzo appuntamento dal titolo "Esperienze erratiche ed effimere" con gli interventi di Elvira Vannini, Simona Stortone e Silvia Lupini che, con attitudini diverse, affrontano gli scenari prodotti dalle trasformazioni urbane e le strategie spazio-temporali, in relazione alla ricerca artistica e ad alcune significative esperienze architettoniche europee contemporanee.

Il modello della deriva urbana negli art display / Elvira Vannini La deriva come modello per il display e le fenomenologie urbane come metonimie dello spazio pubblico interpretati attraverso alcune esperienze espositive che assumono come riferimento la città e la sua debordante complessità. Un'ipotesi critica che alla luce delle dinamiche processuali di alcune ricerche attuali, intreccia arte, architettura e spazio pubblico. Mostre che attivano processi urbani, installazioni effimere che anticipano trasformazioni del paesaggio, giocate sull'accumulo indifferenziato e connotate da un atteggiamento basso, situazionale (le note esperienze londinesi: Parallel of life and Art, 1953; This is tomorrow, 1956; e Living City, 1963). E poi gli anni Ottanta con due casi paradigmatici: dall'esperienza dello spazio urbano della Strada Novissima, I Mostra Internazionale di Architettura a Venezia, alla rarefazione del display multidisciplinare, metafora di una città dei flussi, di Les immateriaux, a cura di Jean-François Lyotard al Centre Pompidou. Le assonanze tra strategie espositive e condizione urbana, musei e città, implodono negli anni Novanta, dalla formula della mostra-laboratorio, come "stato d'agitazione" di Catherine David (Documenta X, Kassel 1997), al display in crescita di Hou Hanru nell'estetizzazione della compulsione metropolitana, fino ad alcuni possibili incroci, addensamenti di significato, deflagrazioni nelle esperienze più recenti.

Elvira Vannini, laureata al DAMS di Bologna (2002), e diplomata alla Scuola di Specializzazione in Storia dell'Arte Contemporanea (2007). Attualmente svolge il Dottorato di ricerca in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna . È autrice e co-conduttrice di uno spazio radiofonico dedicato all'arte contemporanea, trasmesso dalle frequenze di ''Radio Città del Capo'' - Popolare Network. Svolge attività critica e curatoriale indipendente. Collabora con testate specializzate, si occupa di recensioni, articoli e interviste, con particolare attenzione alle ultime generazioni di artisti italiani e internazionali. Ha curato mostre personali e collettive in gallerie, spazi pubblici e situazioni no-profit, eventi performativi e articolazioni audiovideo. Riflette sulle relazioni tra pratiche artistiche, strategie di occupazione dello spazio pubblico, architettura, trasformazioni sociali e urbane.


City wrinkles. Arte e strategie di riattivazione urbana / Silvia Lupini

Tra pianificazione e atti concreti di trasformazione, nella città contemporanea prendono consistenza delle entità spaziotemporali "altre" – wrinkles / rughe, pieghe – che sempre più sembrano svolgere una ruolo cruciale nell'evoluzione delle identità urbane. Le potenzialità di questi spazi sembrano essere meglio interpretata proprio dall'arte. Sono numerose infatti le modalità attraverso le quali l'arte ha ormai imparato ad appropriarsi e a determinare le identità "resistenti" di questi spazi, anche in opposizione ai programmi ufficiali delle amministrazioni cittadine. Specialmente le aree portuali dell'europa contemporanea sembrano essere un laboratorio di nuove identità e sono anche i luoghi dove l'arte riesce a dispiegare una speciale attitudine alla pianificazione concreta dello spazio pubblico (informal strategies). La tesi di un ruolo "urbano" dell'arte è concretamente dimostrata attraverso la lettura di casi esemplari. Non si tratta di processi confondibili con la public art, dotata di paradigmi e protocolli ormai consolidati, ma di situazioni in cui l'arte tende a "sostituire" architettura e urbanistica nella trasformazione urbana e dei suoi edifici. E va detto che tali fenomeni s'intrecciano con altri analoghi – gentrification, neo-bohemian, distretti dell'arte – già riconosciuti analizzati in molte città.

Silvia Lupini si è laureata alla Facolta' di Architettura di Ascoli Piceno. Durante e dopo gli studi ha partecipato a vari workshop, anche internazionali, sulle pratiche architettoniche e la progettazione architettonica contemporanea. Ha collaborato alla didattica di progettazione architettonica presso la facolta' di Ascoli Piceno. Ha da poco concluso il suo dottorato di ricerca internazionale in architettura Villard d'Honnecourt con uno studio sull'arte e i suoi canali non instituzionali come nuovo attore di trasformazioni urbana. Attualmente vive in Olanda e lavora come assistant designer nello studio West8 urban design and landscape architecture.


Re_EMPTY: temporaneo-interim-provvisorio, il caso di Berlino / Simona Stortone I vuoti urbani come terreni di coltura di identità. Non i tradizionali spazi aperti della città, bensì quelle aree apparentemente escluse dai processi di trasformazione urbana, che diventano temporaneamente teatro di fatti sociali auto-organizzati riuscendo a descrivere con efficacia la complessità della condizione identitaria urbana e le attese per un cambiamento futuro. Il caso di Berlino è emblematico perché offre il tema clamoroso degli utilizzi dello spazio lasciato libero dalla demolizione del Muro – "madre di tutti i vuoti". Per descrivere il caso si alternano strumenti analitici tradizionali con vere e proprie esplorazioni sul campo intese come approccio sperimentale ai luoghi (sul modello dei walkscapes di Stalker). Attraverso una documentazione eterogenea e un atteggiamento transdisciplinare si introduce nella riflessione architettonica il tema della rilevanza dei contesti sociali e delle forme dell'auto organizzazione dello spazio fisico della città. E, ancora più importante, si pone la questione dello scollamento tra tempi del progetto e processi di sviluppo urbanistico non come limite, bensì come opportunità per lo sviluppo estetico, sociale ed economico della città.

Simona Stortone si è laureata in Architettura nel 2002 all'Università di Pescara con una tesi sulla riconfigurazione dell'aeroporto di Tempelhof a Berlino in seguito alla dismissione. Da allora segue un percorso di ricerca essenzialmente concentrato sui vuoti urbani nella città contemporanea partecipando a workshop progettuali e teorici tra Italia e Germania. Nl 2005 ha partecipato al progetto "WALL(K)" con Stalker-Roma e studio.eu-Berlino percorrendo in bicicletta l'intera traccia della vecchia frontiera est-ovest di Berlino per cogliere e studiare le trasformazioni urbane lungo il grande vuoto del muro. Ha approfondito il tema nel dottorato internazionale di ricerca in architettura Villard d'Honnecourt concluso nel 2007. Attualmente lavora e vive a Berlino.

Il seminario assume le forme di un laboratorio temporaneo dedicato alla fenomenologia dei musei, le pratiche espositive e la comunicazione visuale, con un attraversamento critico del Novecento e dell'attualità. Le discussioni si svilupperanno intorno ad alcuni casi esemplari tratti dalla scena internazionale che intendono incrociare diversi punti di vista interdisciplinari: dalla riflessione di conservatori e curatori di collezioni, mostre, eventi culturali (sia duraturi che transitori), all'architettura museale e l'occupazione temporanea di luoghi abbandonati e dismessi dalle attività produttive, all'arte dell'allestimento e la costruzione di strategie comunicative. All'interno del format si alterneranno ospiti, lezioni, incontri e conferenze per aprire uno spazio di discussione, sulla definizione della pratica critica e curatoriale indipendente, la nascita dei Musei dell'Iperconsumo, la destrutturazione dell'idea stessa di Museo, a partire dall'Institutional Critique, lo sviluppo di piattaforme interdisciplinari, l'invenzione di mostre/dispositivi, l'interazione tra l'architettura, lo spazio pubblico e le dinamiche urbane, per definire modalità di intervento e di azione culturale.

Gli incontri nascono all'interno delle attività F per il triennio, del curriculum DAMS- Arte, ma si aprono al pubblico coinvolgendo anche spazi esterni per attivare un dibattito, un confronto, sull'architettura, la museografia e l'arte del display.

Responsabile: MARIO LUPANO
Collaboratori alla didattica e alle esercitazioni del seminario:
RICCARDO DIRINDIN, ANTONELLA HUBER, ELENA PIRAZZOLI
Con la partecipazione di: KATIA ANGUELOVA, MATTIA DARÒ, ALSO AVAILABLE ARCHITECTURE (LUCA DIFFUSE + MARIELLA TESSE) & DANIEL EGNÉUS, FLAVIO FAVELLI, LUANA LABRIOLA, SILVIA LUPINI, SILVIA MELATTI, GABRIELE MONTI, MARCO NAVARRA, PAOLA NICOLIN, ELISA POLI, STEFANO ROMANO, ITALO ROTA, SIMONA STORTONE, LUCA TREVISANI, ALESSANDRA VACCARI, ELVIRA VANNINI, ANDREA VILIANI.

Bologna, Dipartimento delle Arti Visive, ex Convento di Santa Cristina
Piazzetta Giorgio Morandi, 2
AULA MAGNA

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