Fotografie. Le grandi sequenze e l'opera con sculture, presentate in questa occasione, restituiscono, in un'atmosfera carica di simboli, la figura di un corpo supremo aperto alle relazioni ed interazioni con uno scenario segreto: un corpo, a volte maschile a volte femminile.
Io sono il paesaggio
Michele Zaza usa la fotografia, ma non è un fotografo, piuttosto preferisce definirsi un pensatore di immagini.
La figura del fotografo, -spiega Zaza- scelta da me in conformità delle mie esigenze, diverse nel corso degli anni, registra tecnicamente quello che vede, quella costruzione visiva dell’immagine o dell’azione che io stesso concepisco. Mi viene in mente Cézanne, quando diceva di voler cogliere una realtà senza però trovarla già fatta, ma creandola da sé. E’ un po’ questo il rapporto che ho con la fotografia, nel suo valore strumentale, non linguistico. Inoltre, la fotografia traduce il tempo lineare in tempo circolare, perpetua le immagini della vita, fermate ed isolate nel loro movimento, conducendo alla meditazione, nella quale l’uomo si concentra sul proprio essere, per diventare quello che vuole essere.
Le grandi sequenze e l’opera con sculture, presentate in occasione della mostra alla Galleria Six, restituiscono, in un'atmosfera carica di simboli, la figura di un corpo supremo aperto alle relazioni ed interazioni con uno scenario segreto: un corpo, a volte maschile a volte femminile, trasfigurato mediante il maquillage blu del volto, e custodito da forme misteriose, presenze scultoree archetipiche, o da elementi d'uso del quotidiano (le molliche, l’ovatta, il cuscino).
Michele Zaza dichiara in merito: Lungi da ogni sorta di condizionamento tecnologico dominante, nelle ultime installazioni sono fortemente inclinato a ricostruire una situazione primordiale nella quale è possibile incorporare una condizione umana oltrepassata e trasfigurata. Una ipotesi di centralità-unità-totalità che mi permette di concepire una configurazione cosmologica, di mettere insieme terra, cielo,uomo e coscienza.
La coscienza diviene il filo conduttore di una realizzazione ideale del mondo a partire dal suo naturale fondamento antropologico. Umanizzazione dalla natura e naturalizzazione dell’uomo si compenetrano fino al conseguimento di una cosmologia umanistica. Un paradiso adulto che si manifesta e si concretizza come prototipo portando l’essere oltre se stesso. In sintesi conclusiva definirei le mie installazioni come una trilogia simbolico-figurale: corpo biologico-corpo ideologico- corpo terrestre.
La vita corre e noi la seguiamo. Io cerco di rovesciare questo rapporto. Mi fermo, scelgo la lentezza. Sul sentiero dell’immagine realizzo la mia modificazione corporale e mentale.
Cerco di conquistare una verità che trascenda la morale e la sociologia. D’altra parte l’irrequietezza dell’artista, questo senso di quotidiano inappagamento, genera costantemente pensieri di opposizione alle figurazioni familiari del reale formulato, e da quei pensieri verso continui sviluppi espressivi arricchiti da nuovi elementi.
Michele Zaza nasce a Molfetta (Puglia) il 7 novembre 1948. Dopo aver frequentato l'istituto di Belle Arti di Bari, si trasferisce a Milano per seguire il corso di scultura di Marino Marini all'Accademia di Brera. Le sue prime mostre hanno luogo a Milano presso la galleria Diagramma (“cristologia” nel 1972 e “naufragio euforico” nel 1974) e a Bari presso la galleria Bonomo (“dissidenza ignota” 1973), a Brescia alla galleria Minini, a Napoli da Lucio Amelio. Nel 1976 con il ciclo intitolato “anamnesi”, invita lo spettatore ad un mondo magico dove le figure sembrano volare, e cibarsi di molliche di pane.
L'artista apre uno spazio celeste e onirico che evoca la misteriosità dell'universo, uno spazio di libertà ritrovata. Verso la fine degli anni '70 le sue opere invertono il rapporto tra l'alto e il basso, il cielo col pavimento, liberano le cose dalla gravità del mondo ''normale'', dalla loro funzione utilitaria:''il pane perde il suo valore di alimento per divenire un elemento ceativo''. Negli anni '80 e ‘90, le opere iniziano a sconfinare nello spazio reale: le sculture in legno si collocano al di fuori dello spazio fotografico. Fotografia e scultura si rafforzano reciprocamente. Le pareti espositive diventano un luogo riferito metaforicamente alla struttura dell'universo, alla terra, e insieme al cielo.
Zaza ha esposto spesso a Parigi (galleria Yvon Lambert), Zurigo (galleria Annemarie Verna), Monaco (galleria Tanit). Ha partecipato alle Documenta 6 e 7 di Kassel. Nel 1980 ha tenuto una mostra alla galleria Leo Castelli di New York, e ha partecipato alla Biennale di Venezia, sala personale. E’ stato invitato alla Biennale di Parigi (1975), alla Biennale di San Paolo (1978). Negli ultimi anni gli sono state dedicate importanti mostre personali: a Mosca (Museo Shchusev), Roma (Museo Laboratorio dell'Univarsità '' La Sapienza ''), Ginevra (Mamco-Museo d’Arte Contemporanea), Parigi (galleria Martine&Thibaultdelachatre), Anversa (MudimaDrie).
Inaugurazione ore 18.30
Galleria Six
Via Carducci, 10 - Lissone (MI)
Orario: martedì/sabato 10.00/19.00
Ingresso libero