Roses. L'esposizione presenta, in alcune serie di fotogrammi, immagini realizzate senza la fotocamera e create attraverso la luce solare che si iscrive sui fogli di carta sensibile su cui vengono posati gli oggetti. A cura di Domenico Lucchini e Piero Pala.
Roses
a cura di Domenico Lucchini e Piero Pala
L'Istituto Svizzero di Roma organizza dal 30 maggio al 10 luglio 2007, presso i
propri spazi espositivi, la mostra Roses, la prima personale in Italia dei coniugi
Françoise e Daniel Cartier.
L'esposizione presenta, in alcune serie di fotogrammi, immagini realizzate senza la
fotocamera e create attraverso la luce solare che si iscrive sui fogli di carta
sensibile su cui vengono posati gli oggetti. Realizzati sin dal 1998, questi lavori
sono da ricondurre alla sfera intima dei due artisti che selezionano i materiali e
gli oggetti registrati a partire dalla loro quotidianità. Il fotogramma è il tipo di
fotografia più semplice e diretto, una rappresentazione quasi oggettiva della realtà
in un mondo dove le immagini sono sempre più evanescenti e si smaterializzano
virtualmente sotto i nostri occhi in migliaia di pixel e bytes. La scelta del colore
rosa non è casuale ma frutto di un procedimento voluto che include un carattere di
aleatorietà.
Françoise Cartier ha iniziato la sua carriera d'artista come scultrice e pittrice,
mentre Daniel Cartier come fotografo. Quest'ultimo esce dalla Kunstgewerbeschule di
Zurigo nel 1975, con un diploma di fotografia. Non considera però la fotografia di
reportage un modo di espressione soddisfacente. È la sfera dell'arte quella che più
lo attrae: non l'istante decisivo, ma il lavoro concettuale. L'intervento del
fotografo è minimo, quasi rimane nascosto nell'opera stessa. Scatti presi ad
intervalli regolari, giornalieri o settimanali, in cui lo sguardo dell'autore è
radicato nel cogliere il deflusso del tempo, specie attraverso la deperibilità della
materia.
Mentre rigore e calma assoluta sono i caratteri distintivi di Daniel, Françoise
Cartier è sedotta dall'aspetto sensuale, da un'inclinazione verso il colore e
l'eterogeneità dei materiali. Il senso delle forme è la sua guida, passa con
disinvoltura dai volumi alle superfici bidimensionali, procede più con l'istinto che
per concetto. Pittura, scultura, assemblaggio di oggetti rimandano al corpo umano e
animale, dotandoli di un nuovo significato. L'attrazione è verso un'opera-ibrido,
intima costante del suo lavoro.
Verso la metà degli Anni Novanta, i due artisti sentono l'esigenza di creare uno
sguardo congiunto. Oggetti e fotografie, come cloni l'uno dell'altra. In sodalizio
come " f&d cartier" dal 1997, vivono e lavorano a Berna.
Inizia una forte riflessione sull'epoca attuale che la società sta attraversando, in
cui il media fotografico si è destrutturato, dai pixel alla manipolazione, e le
frontiere tra mondo reale e virtuale si sono abbattute. Reagire a queste inquietanti
evoluzioni è l'intento di Françoise e Daniel Cartier. Quasi un fondamentalismo
fotografico, un ritorno alle tecniche di base. Dopo l'esposizione ed il fissaggio, i
colori odierni, frutto di un'industrializzazione, si presentano come sottili
sfumature del colore rosa. L'oggetto viene appoggiato sulla carta fotosensibile e si
lascia agire la luce del giorno. Niente intercessione della macchina, niente filtro
che focalizza la luce. Un ritorno dunque alla luce, alla carta, al fotogramma. Gli
oggetti sui quali la luce firma la propria impronta sono un elemento allusivo al
significato che c'è oltre ogni cosa.
Un'aura rosa, talvolta tenue, a volte quasi trasparente, emula la percezione che
abbiamo di noi stessi e del rapporto con i modelli imposti dal consumo e dalla moda.
Un'allusione al quotidiano, in cui temi come il corpo e l'erotismo si mostrano come
presenza, assenza, vita e morte, attraverso lo sguardo ironico di un fotogramma
rosa.
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Inaugurazione 30 maggio 2007
Istituto Svizzero di Roma - ISR
Via Liguria, 20 - Roma
Orari apertura : lunedì - sabato 11-13 / 15-19
Ingresso libero