Eteri Chkadua
Tamara Kvesitadze
Paata Sanaia
Zura Gugulashvili
Sophia Tabatadze
Nino Tchogoshvili
Tamar Lortkifanidze
Paese al confine tra Europa e Asia, espone un'arte che si e' sempre contraddistinta, profondamente radicata nelle tradizioni locali e intrisa, in distinti momenti, di stili e movimenti stranieri in particolare quelli europeo occidentale, bizantino, orientale.
Eteri Chkadua, Tamara Kvesitadze con Paata Sanaia e Zura Gugulashvili, Sophia Tabatadze
a cura di Paolo De Grandis, Manana Muskhelishvili, Zviad Mchedlishvili
Il padiglione della Georgia alla 52. Esposizione Internazionale d'Arte La Biennale di Venezia presenta progetti e opere estremamente diversi non soltanto per il gusto artistico e la visione del mondo che caratterizzano i vari artisti esposti, ma anche per la serie di mezzi e supporti moderni e tradizionali utilizzati nelle loro esecuzioni. L’arte della Georgia, paese al confine tra Europa e Asia, all’incrocio tra le culture occidentali e orientali, si è sempre contraddistinta per la sua diversità e originalità, profondamente radicata nelle tradizioni locali e intrisa, in distinti momenti, di stili e movimenti stranieri in particolare quelli europeo occidentale, bizantino, orientale, avanguardistico e social-realistico.
E' a partire dal XX secolo che l'arte georgiana si lega ai processi politici e sociali in atto nel paese e, se nel primo quarto di secolo, si sviluppa assorbendo tendenze e stili dell'avanguardia grazie a collaborazioni tra i suoi artisti e celebri esponenti dell'arte mondiale dell’epoca, è dopo la prima guerra mondiale, che famosi artisti russi eleggono la città di Tbilisi sede della loro attività, trasformandola in un centro pulsante del modernismo. Nonostante questo, l’isolamento dal mondo occidentale, così come la censura e la repressione praticate dal regime sovietico, hanno inciso profondamente sulla natura specifica della tendenza che la cultura georgiana doveva seguire nel suo sviluppo. E' solo alla fine del XX secolo, grazie alle trasformazioni politiche e all’apertura delle frontiere, che si sono schiuse nuove opportunità di rinnovato scambio e rilancio della collaborazione culturale, processo ancora in corso e tutt’altro che scevro da difficoltà.
Oggi in Georgia l'arte contemporanea tenta di affermarsi nella mappa internazionale dell’arte, e la comunità artistica del paese è sicuramente più “aperta” di quanto non lo sia stata negli scorsi decenni. Globalizzazione e mobilità hanno consentito contatti più intensi con il mondo occidentale, e l’attuale politica culturale nazionale presta un’attenzione crescente alla promozione dell’arte contemporanea, come dimostrano la ricerca e l’introduzione di nuove forme e mezzi, i frequenti casi di cieca imitazione, ma anche il desiderio di preservare valori e tradizioni locali costruendo su tali premesse nuove forme d'arte, in una regione in cui per secoli hanno coabitato differenti culture. La situazione sociale e politica dell'area caucasica è complessa e tesa, e ovviamente gli artisti contemporanei rispondono in maniera assai diversa ai processi sociali, politici e culturali in atto nel paese, ciascuno rappresentando quello che a proprio giudizio è l’aspetto più vulnerabile. Le opere in mostra rispecchiano dunque solo in parte i processi creativi caratterizzanti l’odierna arte georgiana.
Eteri Chkadua vive negli Stati Uniti dal 1980, anno in cui ha lasciato il suo paese. L’artista rimane fedele ai mezzi artistici tradizionali dipingendo con pennello e colori il suo supporto e grandi figure realistiche su tela utilizzando uno stile che attinge a piene mani dall’esperienza di artisti precedenti, modalità appresa nel percorso di studi presso l’Accademia di belle arti. Appassionata di viaggi, l’artista crea un ibrido di impressioni ispirate a New York, Giamaica, Miami, Georgia, per ritrarre il mondo femminile visto da una donna: una forma multistrato dalla superficie levigata oltre la quale si legge l’impulsività, che quasi sconfina nello stato primitivo, riecheggiando nella percezione allucinatoria le sue emozioni e i suoi slanci.
“La mia immagine della donna è caratterizzata contemporaneamente da elementi etnici e legati alla pop art, al turismo, all’emigrazione. Annullando geografia e tempo, l’immagine diventa universale”.
Il progetto RE-TURN di Tamara Kvesitadze, nella cui realizzazione è stata coadiuvata da Paata Sanaia e Zura Gugulashvili, è composto da un’installazione con varie figure meccaniche realizzate in vetroresina, metallo e meccanismi. Le figure meccaniche rappresentano il moto di trasformazione che si rispecchia nel contesto in cui sono inserite. Il concetto dell’opera si basa sulla correlazione tra meccanico e organico.
“Meccanico e organico
Natura organica del meccanico à ordine dell’organico à natura meccanica dell’ordine”.
Sophia Tabatadze raffigura lo stato dell’essere umano attraverso forme architettoniche; la sua interpretazione dell'architettura va oltre la principale accezione del termine e rappresenta progettazione, struttura, comportamento di un corpo, paesaggio e città come organismo vivente con i suoi ordini e disordini. Nel suo progetto intitolato "Humancon", Sophia Tabatadze tenta di mostrare il tocco umano nell’aspro paesaggio realizzato dall’uomo, accentuando alcuni dettagli per sottolineare questo squilibrio, e lasciandone invece altri incompleti nell’intento di dimostrare la nostra incapacità di percepire le cose nella loro integrità, sia spaziale che temporale, il che può condurre anche ad uno stato di amnesia permanente. “Nella mia opera affastello contesti e avvenimenti (personali, politici, sociali) per avvicinarli a me ed elaborarli attraverso il mio corpo nel tentativo di accettare ciò che mi circonda nel momento in cui la sua estetica e le sue tendenze non coincidono con le mie”.
CONFERENZA STAMPA: SABATO 9 GIUGNO DALLE 10.00 ALLE 10.30, TEATRO PICCOLO - ARSENALE, Calle della Tana 2168/B
ANTEPRIMA PER LA STAMPA: 6-7-8-9 giugno 2007 Orario: 10.00 – 20.00
INAUGURAZIONE: SABATO 9 GIUGNO ALLE ORE 12.00
Arsenale - Campo della Tana
Castello 2126-30122 -Venezia
Orario: 10.00 – 18.00 (chiuso il martedì)