La prato di Malaparte. Le 140 fotografie scattate nella Prato degli anni 80, raccogliendo testimonianze su Malaparte e rifacendosi alla sua prosa, provocatoria ed affettuosa, illustrano ripercorrendole le pagine di 'Maledetti toscani'.
La prato di Malaparte
L’ente culturale privato VISMA- Casa Brondolo Gastaldi, operante sul territorio del basso Piemonte dal 1996, propone quest’anno, per la tradizionale mostra estiva, un tema commemorativo del 50° della morte di Malaparte che si innesta su quello, suo programmatico, di una riscoperta e valorizzazione del territorio.
Le 140 fotografie che l’autore, Riccardo Brondolo, scattò nella Prato degli anni 80, raccogliendo testimonianze su Malaparte e rifacendosi alla sua prosa, provocatoria ed affettuosa, illustrano ripercorrendole le pagine di Maledetti toscani, quello che fu il più intimo testamento dello scrittore pratese. Raccolte in venti sezioni tematiche, che prendono spunto da brani del libro, le fotografie sono al tempo stesso uno spaccato di vita e di paese, e un interpretazione del clima, delle Stimmungen, del bizzarro, estroso umore malapartiano.
Ma il discorso sulla Prato strapaesana si fa esemplare di una stagione dell’anima, adattabile da ciascuno al proprio mondo, ai propri ricordi di borgata o quartiere, recuperando e proponendo climi, risentimenti, emozioni universali.
Scrive il curatore della mostra “Strapaese è un cortile, è un villaggio, è un palazzo, è una borgata, è una casa di ringhiera, è tutto quel piccolo mondo, quella piccola patria che han segnato cimase, tetti, filari d’alberi, muri scalcinati, canneti, altane o lampioni, chiostre di rupi o rigagnoli; e che ci siam portati dietro dall’infanzia, da quando i nostri occhi non si son più visti offrire ma hanno scoperto il mondo. Alla scoperta degli occhi collaboravano gli odori, le voci, i suoni: e via via stabilivamo così i confini entro i quali ci si poteva sentir sicuri, a nostro agio, capaci di apprezzare o di respingere, di abbandonarci o di fuggire, ma certi di conoscere, e capaci di amare o di odiare…
Strapaese è ciò che di più prezioso e più caro abbiamo salvato dell’innocenza beata o tragica dei nostri anni verdi, quella che non ti consentiva il Male perché conoscevi soltanto il dolore e la gioia, e tra un pupazzo di stoffa e un mendicante ravvolto di stracci non facevi differenza; e del treno che portava i soldati alla guerra vedevi solo quelle marionette gesticolanti ai finestrini, e quelle nuvolette rosa che soffiava nel blu fitto. Dirà Montale che vivevamo nell’età illusa…
Io quel mondo me lo ricordo. Ma quando è finito? A che età non ci siam più contentati del riposato e bello viver di Strapaese? Il bello, o il grave, è che per alcuni quella grazia e quell’incanto innocente è durato forse per tutta la vita: e solo i semplici e i poeti possono contare ancor oggi su quello stato di grazia… Ma, per un caso bizzarro della vita, c’è speranza anche per noi. C’è speranza, se un genio lucido e corrosivo come fu Kurt Suckert, vulgo Malaparte, aperto a tutte le sacrileghe dannazioni dell’io raziocinante, a tratti ha saputo ricomporre, abbandonandosi ad esso, quell’incanto, quello stato di grazia senza peccato; se ha saputo guardare alle cose con la stessa innocenza di un bimbo: e lo ha fatto -miracolo!- nutrito e nutrendo il suo scritto di tutta la sottile, raffinata, attenta, coltivata maestria del uomo di genio, di vita e di studi.
Strapaese è -anche- la Prato di Malaparte…
Quel libro [Maledetti toscani] l’avevo scoperto tanti anni fa, mi aveva assorbito, lo sentivo vero e mio (non solo per quei remoti cromosomi di toscanità che mi ritrovo nel sangue): fu così che, 1981, approfittando della maturità, chiesi, e mi fu assegnata, la commissione d’esame a Prato. Mi fiondai d’infilata alla locanda del Caciotti, La Stella d’Italia, quella dove, fin da bambino, Malaparte aveva sognato di passare almeno una notte, e che divenne poi luogo d’elezione nei suoi ritorni in città….La sera, la signora mi raccontava di lui, delle sue predilezioni e delle sue bizzarrie, ma soprattutto di uomini e cose suoi; di giorno, ripercorrevo luoghi e situazioni, ricercavo personaggi, artigiani, entravo in negozi, confrontavo immagini, fermavo passanti, raccoglievo scampoli di memorie, riferite da nonni e padri, o di prima mano. Mi si andava così affacciando una traccia -vera- per capire il fascino ribaldo e la grazia di Strapaese; confrontando nella realtà, fotografando (sulla pellicola e nella memoria), e rileggendo poi su quelle pagine ciò che avevo visto, mi si squadernava acceso, puntuto, palpitante un percorso umano: Maledetti toscani e i miei vagabondaggi pratesi mi offrivano una chiave per intendere meglio Malaparte e, con lui, una stagione magica della vita…
Queste 140 fotografie, che oggi vengon proposte, nella bizzarra, sconvolta estate del 2007, scelte tra il migliaio che scattai, sono una testimonianza, un tributo e un invito; da me, a Lui, e per quanti di quel tempo dell’anima e di quell’occasione perduta di gioco e di poesia abbiano nostalgia. Chissà che Malaparte e il suo mondo pratese non facciano nascere un rimescolìo, che so, l’emergere di un bisogno a lungo riposto o represso e pur vivo…
Visma
via Alfieri, 2 - Vesime (AT)
Orario: aperto domenica mattina e su appuntamento
Ingresso libero