Visma - Casa Brondolo Gastaldi
Vesime (AT)
via Alfieri, 2
0144 89079

Ferdinando Gallo
dal 11/6/2010 al 19/6/2010
sabato 10-12; domenica 10-12 e 17.30-18.30

Segnalato da

Riccardo Brondolo



approfondimenti

Ferdinando Gallo



 
calendario eventi  :: 




11/6/2010

Ferdinando Gallo

Visma - Casa Brondolo Gastaldi, Vesime (AT)

Volti di pietra. Le sculture di Gallo nascono dall'incontro di pietre e legni antichi scoperti sulle porte, alle sorgenti, nei vigneti, tra gli stipiti sconnessi di un muro in rovina.


comunicato stampa

Le pietre di queste colline, da sempre una sfida e un cimento: scaffe sgorbiate dalla Bormida e dai suoi torrentelli, lungo i vallotti tortuosi, da farne fasce e terrazzamenti sorretti da quegli stessi massi che l’improbo terreno offriva irridente man mano che la zappa o il piccone lo violavano. Rocce stratificate a fornire, pur con rischio e fatica, materiale edilizio anche migliore a chi non possedeva l’argilla per i mattoni né il copioso legname di altre terre: ma che incombevano paurose dalle rocce sui sentieri precipiti. I tufi azzurri, disperazione dei puzaté che ne scoprivano lo strato maligno quando il traguardo, l’acqua sognata e promessa, pareva prossima. Stele di arenaria che s’offrivano dalla vena, atte a sostituire con profitto di durata, se estratte con cura, i pali di testa in legno dei filari. Pensare a trarne, ancora, uno strumento di bellezza era davvero troppo per gente ruvida e irsuta come l’antico ligure che abitò queste regioni.

Poi, via via, sulle case saccheggiate dai saraceni nello splendido e buio medioevo, alcune di quelle pietre presero fattezze apotropaiche, si incisero di graffiti alati (ce ne sono ancora in valle Uzzone, dove non ve lo dico), si plasmarono in volti e in seni di donna, contro i pericoli immaginari del malocchio e contro quelli rovinosi dei barbari, dei senzadio e degli infedeli. Sbocciarono dunque anche qui, nei deserta langarum, sul limitare, sopra l’uscio, alla cantonata o sugli spigoli più esposti, quei volti di pietra...

Volti di pietra è un bel libro che Pietro Bargellini scrisse per ripercorre la storia dell’architettura: non ebbe gran fortuna, ma lui disse di volergli particolarmente bene. In realtà, come quasi sempre succede con Bargellini, chi ancor lo legga, è una prosa che affascina: “Quando, tra la folla delle casupole che nascono e muoiono con l’uomo, mi sono imbattuto in uno di questi volti di superstite secolare, mi è parso che dalla pietra uscisse come una voce a narrarmi, non la vicenda esteriore dell’opera, ma la storia dell’edificio... ripetendo sul volto di pietra i tratti della società di cui l’edificio fu espressione. Un secolo lascia la sua voce in una poesia, i suoi colori in un quadro, il suo sospiro in una nota musicale, ma soprattutto imprime il proprio volto in una maschera di pietra”.

Così fu da noi: alla funzione meramente pratica, tesa a soddisfare e controbattere con la pietra i bisogni e le paure primari, si andò associando una variante, diciamo così, lirica: rozza fin che si vuole, ma lirica: e su quelle stele da vigna che sorreggevano le viti, lo scalpello e la sgorbia indugiarono a scolpire i simboli della fertilità e dell’amore. Trent’anni fa Gian Paolo Cavallero e Gigi Marsico ripercorsero (c’ero anch’io) la storia di questi volti tra le vigne e sulle mura delle nostre cascine. Ne uscì un libro fotografico molto bello che, oltre ad altri, ebbe il merito di salvare sulla carta il più labile degli elementi, le testimonianze inscritte in uno dei mezzi più duri: non tanto però da resistere alla sconsideratezza di certi microcefali.

Quel messaggio di fede nella consapevolezza dell’uomo, a continuare la sua storia, lo ha raccolto qui a Vesime, da qualche anno, uno spirito appassionato, un professionista che fino a ieri aveva trovato la sua traccia elettiva nella tecnologia industriale e nelle manifatture vetrarie. La silice brucia, e, per amore, s’ingentilisce nel vetro: libero dal pressing del lavoro, Ferdinando Gallo ha cominciato a girare per forre e riali, lungo il greto del fiume e dei torrenti, alla cerca di quelle tenere arenarie, di quegli ostici tufi che gli suggerissero l’immagine che contenevano: da far emergere, da dirozzare della morchia e del sedimento che per millenni l’ aveva imbracata. Il miracolo delle pievi, col loro bestiario antropomorfo, con le sibille e i volti urlanti; il rigore degli archetti in pietra a secco; le poppe e il pancione ferace, antidoto allo sgomento e al maleficio: le care memorie dei parenti, degli sposi, le cui postille incise sul sasso erano un giuramento di fedeltà e d’amore, “Ubi tu Gaius, ibi ego Gaia”; tutto questo tesoro di storia quotidiana è cominciato a rifluire nella pietra col testamento di poesia che portava con sé. Lo scalpello, il martello, la sgorbia, la lima, la pomice, lo scantinato caldo nell’uggia invernale, un portico di assi e di pali in mezzo al campo, mentre il sole picchia e il vento accarezza l’erba, e sentirsi di nuovo, o per la prima volta, libero e vero: libero di accettare un lascito e di arricchirlo.

Le sculture di Gallo possono certo apparire ancora incerte di un proprio stile, vaghe di mille impulsi, fin troppo rispettose, all’incontro, della lezione di pietre e legni antichi, scoperti sulle porte, alle sorgenti, nei vigneti, tra gli stipiti sconnessi di un muro in rovina. Ma la dedizione e la passione con cui Nando s’adopra in questa sua furiosa scoperta, in questo impellente bisogno di far parlare la pietra in un’eternità di istante che a noi mortali non è consentita, fanno di questa rassegna, con cui VISMA rinnova il suo impegno terragno, uno stupefacente documento del nostro tempo. Il volto della madre, pieno di mestizia serena; quello della sposa e del figlio, giovani di una stessa procace grazia; le fauci terrifiche del leone, il sole, la luna; e tutta la mitologia, rifatta, adattata e riscritta dal nostro dolore e dalla nostra gioia prende forma di divinità, di filosofi, di animali domestici e di profili di colline. Una grottesca, mascherone sottratto al portone cinquecentesco della pieve, sembra sorridere col suo ghigno ambiguo alla fatica e alla pervicacia dell’uomo: un segno dell’understatement tipico di questo personaggio, schivo e quasi timoroso di sé: che in solitudine ha ripreso la sfida, disperato bene che ci resta, contro il tempo che corrompe e la morte.
riccardo brondolo

Ferdinando Gallo nasce a Cortemilia (CN) nel 1946 da famiglia di contadini. Nel 1950 si trasferisce con la famiglia a Vesime (AT); frequenta la Scuola Agraria di Cravanzana. Diplomatosi poi perito elettronico industriale, lega dal 1969 le sue prime progettazioni all’ attività della nascente Autoequip di Vesime. Nel 1974 entra nella Direzione Tecnica di un grande gruppo vetrario e vi resta fino alla pensione nel 2000. Continua tuttora l’attività come consulente presso primarie aziende del settore. Negli ultimi tre anni si è dedicato a scolpire la pietra. Le sue realizzazioni ad oggi sono una cinquantina, di cui la metà presenti in mostra.

Inaugurazione 12 giugno

VISMA- Cultura e memorie vesimesi- Casa Brondolo-Gastaldi.
Via Alfieri 2, 14059 Vesime
Orario: il sabato 10-12; la domenica 10-12 e 17,30-18,30

IN ARCHIVIO [4]
Ferdinando Gallo
dal 11/6/2010 al 19/6/2010

Attiva la tua LINEA DIRETTA con questa sede